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La letterina del sabato 11 febbraio 2023

Care Amiche e cari Amici,

alcuni degli eventi di questa settimana sollecitano la piccola riflessione che voglio condividere con voi. I piccoli e grandi eventi che ho scelto e che hanno incredibilmente un filo comune vanno da Miglianico a Sanremo e tornano a Miglianico. Il filo comune è quello delle occasioni della vita, quelle perse più o meno colpevolmente e quelle invece colte opportunamente. 

Lunedì scorso infatti c’è stato chi ha colto l’occasione per capire qualcosa in più, qualcosa di serio e non di strumentale o sterilmente polemico sulle questioni dell’energia, cruccio del presente, problema ancora tutto da risolvere per il futuro, un futuro che potrebbe vedere la nostra Italia staccarsi dalla minoranza privilegiata, ricca ed avanzata del mondo per precipitare rapidamente in un mare di povertà ed arretratezza. La brillante conversazione tenuta dal professor Mario Luigi Rainone è stata un dono prezioso per chi c’era, una grande occasione perduta per chi non c’è stato perché ha fatto prevalere in sé uno spirito pigro se non avversativo.

 

Fuori Miglianico c’è chi ci ammira e ci invidia per i doni che gli “Incontri in Comune” stanno dispensando. E li stanno già imitando.  

L’occasione persa che molti pensano di aver invece colto è quella della prima serata di Sanremo con i suoi due picchi di civiltà decisamente di segno opposto. Ho ascoltato una delle più belle versioni del “Canto degli Italiani” (l’Inno di Mameli) grazie alla meravigliosa esecuzione di quell’eterno ragazzo che è Gianni Morandi, seguita dall’inno poetico e civico che il premio Oscar Roberto Benigni ha dedicato alla Costituzione della Repubblica Italiana per festeggiarne il 75 “compleanno”.

C’è chi ha perso l’occasione per tacere: è stato chi, per avversione preconcetta o personale verso gli artisti appena citati, ha contestato il fatto stesso che si sia parlato di Costituzione a Sanremo. Ignoranti ed arroganti, personaggi beceri e divisivi come quelli meno parlano e meglio è per l’Italia. Il picco negativo di civiltà è stato invece raggiunto quando un ragazzino, ricco senza veri meriti e quindi male viziato, ha pensato di dare spettacolo accadendosi contro i fiori. I fiori non sono solo tra i più belli e celebrati elementi del creato ma sono il simbolo della Città di Sanremo. È stata la prova, l’ennesima, di quanto in basso sia caduta l’educazione personale e quindi civica nel nostro Paese. Più grave è stato l’intervento di chi, piuttosto che sbatterlo fuori a calci nel sedere, ha sprecato tempo e denaro della tv pubblica a cercare di farsi dare una giustificazione. Ha ottenuto un miserando e sconsolante “mi sono divertito lo stesso”. La firma degna di cotanto autore. Ancor più grave è stata la giustificazione mediatica secondo la quale era tutto preparato, provato, organizzato “per fare audience”. Il che allarga ed estende fino ad alti livelli di responsabilità pubblica la schiera dei cattivi Cittadini, maleducati, incivili, giustificabili solo se si prova a classificarli come cretini. Per fortuna poi ci hanno restituito una immagine forse vintage, probabilmente anch’essa pensata e costruita ad hoc ma almeno positiva, quella di Gianni Morandi che, al posto degli incivili che andavano punti, ha preso la scopa e ha dato una mano a mettere in ordine il palco. Dite, ma Sanremo, anche Sanremo è tutta un a finzione. È uno spettacolo che non deve essere buono ma vincente, dominatore del gradimento sui canali social e televisivi. Se questo è il meglio che lo spettacolo italiano sa pensare, sarà prudente attenderci il ritorno ai giochi gladiatori profeticamente annunciati quasi cinquant’anni fa dal celebre film “Rollerball”. In ogni caso giustifica il disprezzo che per questo occidente hanno certi soggetti facili alla guerra. 

Siamo di nuovo a Miglianico per una di quelle occasioni colte, ma solo in parte. 

Ieri sono stati celebrati i funerali di un grande Miglianichese, di un Concittadino indimenticabile quale è l’avvocato Giuseppe Ciavolich, per tutti semplicemente don Peppe. L’occasione di questa tristissima dipartita è stata colta dal nostro Sindaco, Fabio Adezio, con grande senso delle istituzioni oltre che della riconoscenza civica. Infatti ha decretato il lutto cittadino nella giornata delle esequie. Avere dimostrato uno spiccato senso delle istituzioni è segno di saper cogliere le occasioni storiche oltre che saper dare una chiara indicazione al rispetto di valori che stanno sopra e vanno oltre le regole che pure ci sono. È sconsolatamente triste constatare che - a quanto mi riferiscono le mie sentinelle social (spero di esser smentito) - non ci sia stata una sola parola ufficiale da parte dei quel che resta dell’opposizione e e di quel che gli ruota ancora d’intorno. 

L’occasione che rischiamo di perdere ancora una volta è che anche questo evento passi e poi si perda la memoria. Non quella degli uomini, dei singoli Concittadini, ma la memoria civica, della Comunità locale, che ha bisogno, per esprimersi compiutamente e per rinnovarsi nel tempo, di atti ufficiali quali possono essere la intitolazione di una via, di una piazza, di un edificio pubblico (anche parte di esso come un aula) oppure la istituzione di un premio, di una borsa di studio, di una manifestazione che nel ripetersi degli anni rinnovi il ricordo di chi per quel che ha fatto in vita può esser degnamente legato ad essa. Questo a Miglianico accade alquanto raramente. In verità è accaduto – mai per chi è stato Sindaco - con intervalli di tempo a volte inconcepibili e con una evidente incapacità della nostra Comunità di avere un quadro chiaro ed organico di questo importante cerimoniale commemorativo che non è vuota esteriorità ma segno della civiltà di un popolo. 

Chi non sa avere memoria del proprio passato non merita un futuro.  

Le leggi correnti vieterebbero, tra quelli citati, determinati atti di memoria quale la intitolazione di vie e piazze, perché devono trascorrere alcuni anni dalla morte del personaggio alla intitolazione a suo nome, anche se, motivandolo opportunamente, qualcosa di può fare anche prima Ma se si iniziasse a farlo per chi invece è morto già da più di cinque o dieci anni, parlo di ex-Sindaci, Imprenditori, protagonisti della vita locale, sarà poi quasi automatico arrivare a intitolare una via o un edificio a don Peppe, che lo ha meritato, lo ha stra-meritato.

Il Sindaco, Fabio Adezio, ha molto opportunamente ricordato quanto di importante don Peppe Ciavolich ha fatto sia come imprenditore sia come Cittadino. Sono confortato dall’aver letto che qualche spunto è collimante con quanto ho avuto modo di scrivere qui, in questo spazio di libertà, il 20 maggio del 2019 per presentare ai più giovani che non lo avevano potuto conoscere e ad alcuni Concittadini che avrebbero dovuto invece ben conoscerlo chi era don Peppe. Resta tutto intatto, valido, intangibile quel che scrissi allora e che, sostanzialmente, oggi ha il conforto pieno da parte del nostro Sindaco. Voglio aggiungere ora, come omaggio sincero, il modesto ricordo che conservo da sempre.

Don Peppe, dopo il lavoro, dopo gli impegni, dopo la sua vita intesa era sempre immerso in rapporti genuini e gioiosi con i suoi Amici. Con loro frequentava il “Bar dello Sport”, quello inventato da mio Nonno Guglielmo e gestito dalla mia Famiglia fino al 1970, quando la conduzione passò nelle mani infaticabili dell’indimenticato Ovidio Anzellotti. Ricordo don Peppe con quella tratto di eleganza naturale, sobria eppure palese che era più nel volto e nei modi che nella esteriorità degli abiti. Cortese, gentile e delicato con noi bambini era una bella presenza mai invadente e che mai si metteva al centro dell’attenzione. “Un signore”, si diceva allora, quando il senso di questo apprezzamento era per segnalare la persona e non il censo di appartenenza. Fu Sindaco della nostra Cittadina nella seconda metà del secolo scorso. Lo fu per pochi anni, purtroppo. Le vicende di quel tempo andrebbero raccontate e conosciute nei dettagli. Ma nessuno ha mai riflettuto sulla novità che incarnò. La DC usciva da una consiliatura difficilissima, segnata dalla lacerazione delle comunali del 1964 ricomposta formalmente ma non sanata veramente. Quella consiliatura durò un anno in più perché ci fu il riallineamento delle scadenze elettorali con il primo turno delle regionali fissato per la primavera del 1970. La DC avrebbe perso comunque il suo leader storico, il barone Arnaldo Valignani. La sezione della Democrazia Cristiana decise di affidare la guida dell’amministrazione all’avvocato Giuseppe Ciavolich, che non era iscritto al partito. I dirigenti della Dc e, immagino, proprio i suoi Amici lo convinsero e don Peppe accettò. Vinse le elezioni e diede subito il segno di una impronta giovane e manageriale pur in un ambiente ancora ingessato e difficile da gestire anche per le divisioni interne della Dc dovute a problemi personali e alla spinta delle correnti gaspariane e nataliane attive anche qui. Nessuno ricorda forse che tra i primi provvedimenti del sindaco Ciavolich ci fu la coppa rotatoria in piazza che avrebbe dovuto essere l’avvio di una piano di riordino del traffico cittadino da realizzarsi con la consulenza di tecnici qualificati con studio fuori Miglianico. Quella coppa rotatoria fu forse un avvio solo simbolico. La conclusione dopo oltre mezzo secolo non l’abbiamo ancora avuta. Con don Peppe Sindaco Miglianico preparò ed avviò una nuova e lungimirante pianta organica del personale che allora molti Comuni vicini e meno vicini neppure riuscirono ad imitare. Fu vittima di problemi estranei alla sua conduzione e si dimise con quello stile che in Italia pochissimi hanno avuto ed hanno. Dopo le dimissioni non ha aspettato di essere richiamato, “riciclato”, non ha preteso di voler tirare le fila da dietro. Così come aveva accettato di servire la sua Comunità così uscì di scena, con classe e grande senso della dignità istituzionale oltre che personale. Della politica non aveva bisogno, non aveva chiesto nulla in cambio e nulla ottenne. Continuò ad esser meraviglioso protagonista dello sviluppo di Miglianico come imprenditore nel campo della vitivinicoltura (termine di cui oggi tutti si riempiono la bocca ma che allora era una sfida ancora pionieristica non solo in Abruzzo). Grazie a lui il “Made in Miglianico” ha varcato i confini regionali e nazionali. Un successo dopo l’altro senza mai strombazzare alcunché, senza mai perdere l’afflato con i suoi soci e collaboratori fino all’ultimo die dipendenti. 

Don Peppe non ha mai perso quel tratto elegante, sobrio e delicato che aveva da giovane avvocato, che ha avuto da imprenditore e da uomo di successo, che ha conservato fino all’ultimo. 

Era un signore, si diceva allora, quando ero bambino. 

Don Peppe è stato un vero signore, un grande Concittadino di cui i Miglianichesi potranno dire con orgoglio “era di Miglianico”.

Buona Domenica.    

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