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La letterina del sabato 9 luglio 2022

Care Amiche e cari Amici,

Miglianico torna a parlare il linguaggio universale della musica. Grazie all’eccellente sforzo organizzativo della nostra Accademia Musicale, in primis del suo eroico Presidente, l’Amico Orfeo Patrizio, torniamo a vivere e a godere di giornate musicali che vedono protagonisti i giovani di diverse provenienze che compongono l’Orchestra Giovanile Europea oltre ai vari gruppi che stanno provando e si stanno già esibendo in queste sere. Loro parlano quella lingua senza confini che è la musica, linguaggio che consente di comunicare cultura, emozioni, vita. Col supporto e con il concorso dell’Amministrazione comunale, della nostra impareggiabile Pro Loco, della Comunità parrocchiale, di aziende e realtà locali, oltre che con la generosa disponibilità di non pochi Concittadini, questa meravigliosa settimana torna a essere uno dei momenti più belli della nostra vita locale.

 

So delle difficoltà che ci sono nell’allestire questo miracolo. Sappiamo che per mantenere e far crescere ancora questa esperienza, segno concreto di come la cultura e l’incontro delle persone siano motori della più bella convivenza e della pace, occorre fare molto di più. Torno a riproporre, insistendo per quanto possibile, che i problemi organizzativi, che vanno dall’allestimento di una calendario di manifestazioni fino alla puntuale e eccellente organizzazione di ogni singolo evento ricercando casomai finanziamenti e sponsor, devono esser oggetto di riflessioni, incontri, confronti e attività operative da collocare nel periodo compreso tra la fine delle feste natalizie alla quaresima. È quello il periodo nel quale non si deve fare molto concretamente e quindi c’è tutto il tempo di pensare, prevedere, programmare, procurare, sistemare.

Intanto e comunque va detto coralmente e con gioia il nostro Grazie a chi ha ideato, organizzato, allestito e sta seguendo ogni aspetto di questa meravigliosa manifestazione che vede anche il nostro centro abitato animato da tanta bella gioventù.

Per rispetto a tanta bellezza, in questa Letterina non condividerò con i miei eroici ventitré Lettori le riflessioni sullo stato della politica locale. Non si può passare dalla meraviglia della musica e della gioventù alla tristezza dei cartelli di avviso (diseducativo) sull’autovelox e al quasi niente che si agita (si fa per dire) dalle nostre parti. 

Voglio invece ricordare, con un taglio leggermente diverso da quello che stiamo vivendo sui media nazionali, il Mundial del 1982, quello che l’Italia di Bearzot vinse a dispetto di tanti. Quello che italianamente tutti vivemmo come una vittoria nostra, quasi avessimo giocato noi, ciascuno di noi, quelle partite di calcio. Prima però non voglio dimenticare un piccolo aneddoto, ormai scomparso dalla memoria di tutti, e un piccolo racconto che i miei Amici invece ricorderanno. C’era la solita folla davanti al bar di Pisello, gestito dall’indimenticato Pantaleone Rosa, il nostro Arnold’s, prima della partita Italia-Brasile quel 5 luglio pomeriggio di quarant’anni fa. Tra tanti scettici e pessimisti sbucò un serafico Amico che preconizzò seccamente “Oggi Rossi fa tre gol”. Fu schernito e zittito. Ma, da lì a due ore dopo, ebbe perfettamente ragione. Nessuno andò a riconoscergli l’esattezza impressionante di quella previsione che nessuno, del resto, in tutto il mondo avrebbe potuto ritenere realizzabile dopo le prime quattro partite disputate del grande Pablito.

Noi, il gruppetto dei nostri Amici, riunitici a casa di Alberto Mangifesta (casa dotata di tv color e “occupabile” senza cerare problemi familiari), introducemmo quel pomeriggio un rito scaramantico che poi è di molti tifosi di calcio. Riprendemmo le esatte posizioni assunte in occasione della precedente partita con l’Argentina, campione in carica, vinta alquanto inaspettatamente in modo più netto del 2 a 1 finale. Così facemmo ancora in occasione della semifinale con la Polonia. Non potemmo farlo per la finale, giocata la domenica 11 luglio. Non solo fummo costretti a cambiare casa, trasferendoci nel salotto di casa D’Adamio, ma ci ritrovammo con uno o due Amici in più tra i possibili presenti. La scaramanzia ci fece esagerare.  Non volevamo far entrare quegli Amici perché avrebbero, con la loro presenza, potuto scombinare l’assetto ritenuto un decisivo portafortuna. Che stupidità la scaramanzia! L’intervallo tra il primo ed il secondo tempo sembrò un piccolo girone dantesco. Ciondolammo nel giardino angosciati dal rigore sbagliato da Cabrini ma ancor di più dalle lamentazioni di Luciano che continuava a disperarsi in quanto, secondo lui, con l’assenza dell’infortunato Antognoni, era saltato il centrocampo. I tedeschi evidentemente non seppero di questa lacuna individuata da Luciano e non ne approfittarono. L’Italia vinse. Nei nostri occhi resterà il grido di Tardelli dopo il suo gol, quello del 2 a 0. 

Non ci fu bisogno di alcun momento organizzativo. Partimmo come fece tutta Italia a fare cortei con le auto, tornate poi, nottetempo, a secco e con i clacson fuori uso. Quella notte sudata e senza voce la chiudemmo facendo il bagno al Lido delle Rose (non tutti avevano il costume da bagno, ma era notte…). 

Tutti potremmo raccontare episodi simili. Molti, moltissimi, anche tra gli autorevoli commentatori che in questi giorni stanno celebrando il 40° anniversario di quell’11 luglio 1982, hanno dimenticato, stanno dimenticando e dimenticheranno che quella fu una vittoria di galantuomini seri e poco avvezzi alla cura della propria immagine. Primo tra tutti Enzo Bearzot e con lui Dino Zoff. Ma in panchina c’era anche Cesare Maldini che di calcio ne capiva ma parlava poco. 

Tra i dimenticati c’era uno dei nostri, se così possiamo dire. C’era il professor Leonardo Vecchiet, medico della Nazionale di Calcio, al quale fu attribuito il merito della smagliante forma atletica degli azzurri grazie all’utilizzo della carnitina, quel Carnitene-12 che poi tutti noi assumemmo in tempi di farmaci gratuiti. Il professor Leonardo Vecchiet, che accolse e curò mia Nonna Assunta dopo un infarto nel 1978 e che ho avuto il privilegio di conoscere, era un galantuomo, un uomo mite, paziente, dolce e sorridente. È stato un vero luminare della medicina. Diede prestigio e grande impulso alla Facoltà di Medicina e all’intera Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti sia come docente sia, in particolare, come pioneristico fondatore della Scuola superiore di Medicina dello Sport. Nelle immagini del Mundial spagnolo è lui quello che corre a verificare le condizioni dei nostri giocatori rimasti a terra dopo i falli subiti dagli avversari. È lui soprattutto, se si guardano con attenzione le immagini delle partite che in questi giorni vengono riproposte, che freme e gioisce in panchina mantenendo però quello stile inconfondibile e quel sorriso sereno che ricordano tutti quelli che lo hanno conosciuto. Quell’11 luglio c’era anche lui, il professor Leonardo Vecchiet. 

Buona Domenica. 

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