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La letterina del sabato 23 aprile 2022

Care Amiche e cari Amici,

domani è festa. È un giorno di festa speciale per noi Miglianichesi. A Miglianico, solo a Miglianico, si festeggia San Rocco, “pestem fuganti”. La ricorrenza tutta miglianichese che colloca la venerazione del Santo di Montpellier nella terza/quarta domenica di aprile, a seconda di come cade la Santa Pasqua, è legata non al dies natalis di San Rocco ma alla consacrazione della chiesa a lui dedicata nel 1561. Era la chiesetta che si trovava lungo la via principale dello sviluppo urbano fuori dalle antiche porte di Miglianico. Quella strada prese il nome di “Via San Rocco” per poi essere sabaudamente rinominata Via Roma. Non sta solo qui l’importanza di questa festa nella quale, solo a Miglianico ovviamente, si fanno gli auguri di buon onomastico ai Rocco di Miglianico, mentre altrove, in tutto il mondo, lo si fa il 16 di agosto. Come vi segnalavo la settimana scorsa questa è la prima festa tradizionale dell’anno. Segnava il ritorno alla vita più attiva, essendo occasione della fiera di primavera. Segna ora il possibile ritorno alla normalità, non solo quella possibile in relazione alla pandemia che non arretra, ma a quella voluta da tutti noi: la normalità della vita civica e sociale, cioè, che decideremo di recuperare. 

 

Dopo la pandemia purtroppo ci si è messa la guerra in Ucraina, altra tessera della terza guerra mondiale già iniziata prima e non destinata a finire presto. 

Il bravissimo Presidente del Comitato Feste, Giuseppe Volpe, con i suoi eccellenti collaboratori, si è chiesto se era il caso di far festa, di far sfilare la banda, in particolare di fare fuochi d’artificio. La risposta del nostro eroico e brillante Comitato fortunatamente è stata positiva. È stata “sì”, la festa si deve fare. E festa deve essere. Festa di popolo più che di spettacolo, di gioia più che di addobbi. Festa di bambini che giocano, che fanno risuonare la piazza e le strade di gioiose risate più che festa di luminarie. Anche per questo al nostro Comitato Feste, alle sue meravigliose dirigenti, ai suoi collaboratori a tutti quelli che danno loro una mano, va detto a gran voce e con tutto il cuore un grande e sincero GRAZIE. E va aiutato, sostenuto, incoraggiato, lodato, consigliato con garbo casomai se occorre, applaudito sempre. Sarebbe bello, sarebbe il caso finalmente, che i nuovi giovani, quelli che hanno il tempo libero dal lavoro lasciato per una meritata pensione, si dessero da fare e corressero a dare una mano a questo Comitato, a questo gruppo di bravi Miglianichesi, che sta offrendo momenti importanti a tutti, che sta mantenendo vive tradizioni locali plurisecolari, che sta salvando la nostra storia locale.    

Per capire meglio la qualità e la grande importanza dell’opera svolta dal Comitato Feste invito i miei eroici ventitré Lettori a fermarsi un attimo per fare una piccola riflessione, forse sfuggita ai più. Lunedì scorso non si è fatta la Festa di Sant’Antonio Abate a Cerreto. Certo, quella chiesetta, pur carica di secoli, non è a norma Covid. Certo, ci saranno altri motivi tutti ineccepibili. Ma è certo che quella Festa, che pure ha una sua lunghissima tradizione ed una specifica peculiarità storica - perché ce l’ha - non si è fatta per il terzo anno consecutivo. La stiamo perdendo. Abbiamo già perso l’altra festa di Sant’Antonio, quella che si organizzava in località Bracciuccio - a “Tribbune” – della Contrada Cerreto inferiore. È un fatto che ci lascia indifferenti? È così perché tanto non c’è, chi la organizza? O semplicemente non ci siamo accorti che stiamo perdendo un altro pezzo della nostra tradizione locale? Mentre l’Italia intera si aggrappa ai Borghi, alla loro capacità di rivitalizzare i territori, di attirare turismo, di esser volano di economia, noi sembriamo indifferenti e svogliati davanti a queste piccole ma continue perdite.  

Lunedì prossimo sarà ancora festa, stavolta festa nazionale. Ricorre quel 25 aprile nel quale si celebra la Liberazione dalla dittatura nazi-fascista. Qui, da noi, forse ci sarebbe poco da celebrare. Non abbiamo avuto moti di resistenza significativi. L’epopea della Brigata Maiella forse ha solo sfiorato il nostro territorio comunale. Abbiamo avuto vittime, purtroppo, di rappresaglia e di cieca vendetta, non di battaglia o di guerriglia. La memoria viva appartiene a chi era vivo settantasette anni fa, ormai solo unità tra i nostri Concittadini spettatori, nessuno, per quel che mi risulta, attivo nella Resistenza. Eppure, Cari i miei Ventitré Lettori, c’è da festeggiare, eccome. Perché il momento storico da ricordare lo merita. C’è da tenere vivo un valore importante, quello della libertà conquistata - forse più ottenuta - ma comunque finalmente abbracciata e fatta vivificare nella nostra meravigliosa Costituzione. Questo valore rischia ogni anno di più di esser rovinato dalle chiacchiere e da prese di posizioni spesso meschinamente strumentali in occasione del 25 aprile. Non c’è spazio per affrontare compiutamente questo aspetto, complesso, delicato, non di facile approccio. Voglio però introdurre una piccola provocazione che serva solo a suscitare una rinnovata riflessione. Oggi siamo più che alleati con i Tedeschi allora i nemici-occupanti. Oggi Popolo Europeo come quello Italiano, della nostra comune patria Europa. Non pochissimi, ahimé, pensano che il fascismo in fondo sia stato tanto buono da doverlo rivivere nelle forme subdolamente accattivanti che ci vengono riproposte da certi gruppi e personaggi. I nemici, secondo non pochissimi ben pasciuti figli della democrazia italiana ed occidentale sarebbero gli Americani, i liberatori del 1945, alleati da oltre sessant’anni nella NATO. Mentre Putin andrebbe giustificato. Questo stupidario da tifosi incompetenti di ogni disciplina offende il vero significato del 25 aprile, il sangue dei martiri della Libertà, la Costituente, la nostra storia democratica. Ma, ripeto, la mia non è una lapide con su scritta una sentenza. È una provocazione lanciata ai miei ventitré Lettori per riflettere. Se non c’è riflessione e, quindi, consapevolezza di tali cose, anche questo 25 aprile 2022 rischia di passare pigramente e scioccamente tra chi canta “Bella Ciao”, chi pensa che chi la canta lo fa solo per un vezzo radical-chic (il che non è proprio una bestemmia) e chi, semplicemente se ne impippa del 25 aprile, della Liberazione e della Libertà avvinto dal suo egoismo, quello si terreno fertile di ogni fascismo.

Un’ultima provocazione, simpatica e non certo legata a momenti epocali della nostra vita nazionale, la voglio lanciare dopo aver assistito, in un qualche modo, ad un evento che, se non fosse tutto vero, sarebbe solo penosamente comico. Mercoledì scorso, tornato dal lavoro, ero appena uscito per una passeggiata quando ho visto arrivare in piazza un’autobotte e un camion con scala dei Vigili del Fuoco. Ho alzato gli occhi sopra i tetti per capire dove fosse l’incendio. Ma non potevo vederlo perché l’incendio non c’era. I due potenti mezzi di soccorso con relativi equipaggi erano stati chiamati perché un gatto, domestico, si era arrampicato su un albero. Il problema, s’è scoperto poco dopo, non era l’incolumità del gatto ma il fastidio che il felino avrebbe creato all’albero e, di riflesso, ai proprietari dell’albero, così caro ai suoi padroni da non consentire neppure ai Pompieri di poterlo toccare. Tant’è che gli eroici Vigili del Fuoco son ripartiti poco dopo senza poter salvare il gatto che, ovviamente, ha deciso di scendere quando ne ha avuto voglia. Al momento la piazza si è animata in modo davvero spassoso, tra lazzi fatti di proposte di incendio punitivo o salvataggi fai da te o, addirittura, comparire improvviso di motoseghe già accese pronte a eliminare l’albero in questione. Ma tutti ci siamo chiesti: “chi paga?”. Perché quella chiamata ha generato costi, non del tutto indifferenti. Una considerazione mi è sembrata condivisa da tutti i presenti (beh, quasi tutti… si capisce). In tempi di guerra, di crisi, di costi aumentati dei carburanti, abbiamo fatto fare una missione così massiccia, costosa ed inutile a chi, dovendola compiere perché chiamato, in quel momento non avrebbe potuto essere altrove, dove forse potevano esserci vite umane da salvare. Una follia. 

Gli animali domestici ci sono sempre cari. I loro padroni, non sempre. A volte sarebbero davvero da sanzionare in modo severo. Certi soggetti - parlo in generale, non quelli di questa vicenda, ci mancherebbe - prima di dover ringraziare gli effetti indesiderati (per tutti gli altri) della Legge Basaglia, dovrebbero leggere e rileggere anche senza avere fede, il Libro della Genesi. 

La Genesi, una lettura che farebbe bene a tutti.

 

Buona Domenica. 

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