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La letterina del sabato 6 luglio

Care Amiche e cari Amici, 

il caldo di questi ultimi giorni sembra sconsigliare riflessioni a freddo. Eppure esse occorrono per poter analizzare e quindi capire certe cose, anche semplicemente raccontandole.

La settimana che si sta concludendo ha visto ieri l’altro la novità della apertura-riapertura del bar “Wishing Well” in piazza, che ora è una estensione modulare del “Kadò Bar”. I fratelli Cecamore, i gemelli del successo, titolari di quello che era il bar di Ercolino e prima ancora di “Teresucce”, hanno deciso di rilevare parte delle quote del vicino esercizio rilanciandolo insieme ad uno dei suoi storici titolari, l’Amico Amerigo Timperio, che vanta ormai tre decenni esperienza sul campo. La loro serietà, la loro tenacia, la loro professionalità, la loro umiltà e simpatia, la passione e la capacità di intraprendere nuove sfide sono una garanzia assoluta. Sono una garanzia di successo commerciale a Miglianico e anche nella vicina Francavilla. Bravi. Bravissimi. 

 

C’è stato chi ha voluto dipingere il centro cittadino come un luogo spento. Questi fatti sono la risposta più netta che potessero avere quelle chiacchiere strumentali.    

Prima ancora abbiamo potuto vivere le tre sere delle “Note del Borgo”, organizzate dall’Amministrazione Comunale e dalla instancabile e mai troppo lodata Pro Loco, guidata ora dal nuovo Presidente, Nicola Santalucia. Oltre il saggio ci sono state due sere di elevata cifra artistica. Purtroppo, soprattutto la prima, non sono state pienamente supportate dalla presenza di pubblico che avrebbero meritato. C’è stata anche qui una venatura di boicottaggio, di quel boicottaggio del quale vi ho narrato la settimana scorsa? Forse sì forse no. Le conferme che sia in atto un deprecabile boicottaggio contro il Comitato Feste aumentano e aumenta così lo sgomento per un comportamento che, se fosse veramente di tal fatta, sarebbe da censurare a gran voce. Se fosse davvero così bisognerà far qualcosa prima possibile e con la massima decisione. Anche a costo di gesti eclatanti.   

Ma restiamo alla narrazione dei fatti di questa settimana e ai concerti del 2 e del 3 luglio.  Ho notato facilmente l’assenza di alcuni a quei concerti, di alcuni che solitamente partecipano sempre. O almeno lo hanno fatto prima che nascesse l’associazione dell’insieme-che-divide. Certuni sono stati assenti non solo ai due concerti ma anche nel passare di là per la consueta passeggiata serale. Hanno passeggiato, passando in via Sud, praticamente ogni sera degli ultimi anni. Non esser passati proprio in quelle due sere un po’ si fa notare, un po’ di più fa dubitare.

Le elezioni sono passate da un bel po’. Possibile che non sia ancora sceso il boccone andato di traverso? Se continua così alle Contrade del Piacere dovremo promuovere uno stand per la distribuzione gratuita di elisir digestivi.   

C’è stata in verità una piccola sovrapposizione organizzativa che va messa a parziale giustificazione di alcune assenze. La sera del 2 luglio tutti i volontari impegnati nelle attività parrocchiali si sono riuniti nell’auditorium della Chiesa di San Rocco per l’annuale festicciola che don Gilberto ha voluto ripetere, anche quest’anno, in occasione dell’anniversario della dedicazione della nostra Chiesa parrocchiale, avvenuta appunto il 2 luglio del 2004. Non avendo meriti di volontariato svolto non sono andato al banchetto serale. 

Sono stato alla Santa Messa, che c’è stata poco prima, alle 19,00. La Chiesa non era certo stracolma. Forse anche qualcuno tra i componenti dei vari gruppi parrocchiali ha dimenticato l’invito di don Gilberto o è arrivato in ritardo direttamente in cripta. Ma non è questo che conta.

Ho ascoltato con grande interesse le parole che don Gilberto ha voluto dire al termine della sacra funzione. Ha ripetuto più volte, in modo accorato, che non bisogna distruggere ma costruire, che a distruggere ci vuol poco, pochissimo, basta un attimo. Mentre a costruire ci vuole tanto tempo, ci vuole tanta pazienza e ci vuole tanta fatica. Lo ha ripetuto e ha fatto una appello a non distruggere ma a voler costruire. 

Come accade sempre quando le parole sono così impegnative, ciascuno di noi presenti in Chiesa ha pensato: “fa bene don Gilberto a cantargliele così a quello o a quell’altro”. E, così pensando, ciascuno ha ruotato il capo come un radar per vedere se fossero presenti quelli che aveva individuato come “i colpevoli”, quelli a cui don Gilberto stava facendo il rimprovero e l’appello. Non ho ruotato il capo né messo a fuoco lo sguardo verso altri banchi. Sono solito guardare chi sta parlando quando il discorso è così forte. Ho avuto poi modo di meditare e riflettere nei giorni successivi, come è giusto fare. Ma lì, in chiesa, in quel momento ero anche un po’ distratto da pensieri positivi, molto belli. Stavo ricordando tra me e me che quando ci fu la dedicazione della Chiesa di San Rocco, nel luglio del 2004, stava iniziando uno dei capitoli più belli della mia vita. Ripensavo con grata commozione che quando ci fu quella cerimonia c’era don Vincenzo, che forse nessuno ha ricordato quest’anno. Eppure quell’edificio ma anche quella Chiesa, cioè la comunità dei fedeli di Miglianico, erano opera sua. Insomma, non ero poi così distratto ma stavo pensando e pregando per chi meritava qual poco che potevo pensare e pregare per lui.  

Tornando a casa non ho dedicato tempo a individuare quali fossero i destinatari dell’appello così forte e accorato del nostro amato parroco, don Gilberto. Oggi potrei dire con facile provocazione che immaginavo chi fossero i parrocchiani ed in quale sodalizio siano raccolti coloro che avrebbero dovuto far tesoro di quelle parole. Ma la sera del 2 luglio non pensavo a questo. Pensavo che chi distrugge ha una grave colpa. È vero che in ceri casi occorre distruggere per poter fare cose nuove, più utili e più belle. È vero che se il seme non muore non darà frutto. Ma queste sarebbero scuse e non approfondimenti. Riflettevo sul fatto che ha colpa anche chi assiste quando altri stanno distruggendo e nulla fa, nulla dice - come don Gilberto invece ha detto - per fermare la distruzione, per ottenere un atto di resipiscenza da parte di chi sta minando fondamenta, erodendo strutture, demotivando le volontà costruttive. A volte l’assistere è anche peggio. Si osserva avendo scelto di stare dalla parte di chi direttamente fa il distruttore e, quindi, si sta a guardare casomai compiacendosi in cuor proprio dello spettacolo al quale si assiste. Il complice del sicario è anch’egli un assassino, pur se resta a miglia di distanza dal luogo del delitto. Il mandante ha colpe ancora maggiori di chi viene mandato a compiere l’assassinio. Chi ha responsabilità ha un peso terribile, qualunque sia la forma della sua responsabilità. L’ignavo non è mai senza colpe. Chi si adagia nell’indifferenza, chi gira la testa, chi non esce a vedere, chi non parla pensando di potersi riservare discorsi comodi, a cose fatte ha sempre gravissime colpe.

A Leonardo da Vinci, che è stato tanto in tante cose ma non filosofo né un maestro di morale, è attribuito un aforisma che merita di essere conosciuto e ricordato: ”Chi non condanna il male, comanda che lo si faccia”.

Buona Domenica.

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