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Acta Meridiana - 17

 

Tra i miei ventitré lettori, che sono tutti spiriti liberi ovviamente, ci sono alcuni che amano spesso pungolare, suggerire, sottolineare, ogni tanto, se vedono che dimentico qualcosa. Questa nota dovrebbe essere tutta dedicata ad un evento meraviglioso ma deve fare un po’ di spazio anche a quanto richiesto dai miei attenti lettori.

L’evento meraviglioso è stato l'inaugurazione del Parco Giochi di via Ettore Paolini. È stata una festa gioiosa, colorata dai bambini che, più puri dei loro genitori, non hanno avuto alcun dubbio che la festa fosse solo una festa e non il tentativo di convincerli a votare in un certo modo.

 

Dopo “Il Canto degli Italiani”, che non riesce a “unire” certi soggetti di cui dirò tra poco, c’è stato un semplice taglio del nastro con la festosa invasione di voci e applausi nell’area giochi. Il Sindaco, Fabio Adezio, seduto tra i piccoli Miglianichesi presenti, ha consegnato loro uno spazio pensato, progettato e realizzato, ben realizzato, esclusivamente per loro. Ha affidato ai nostri giovani Concittadini la cura di quel posto. "Ai voi genitori, nonni e zii chiedo un particolare impegno ad educare civicamente questi bambini, perché sono i bambini che salveranno il mondo". Il tempo della cerimonia e quello della prima presa di contatto dei piccoli con il loro parco è stato accompagnato da un bel sole, che ha illuminato e riscaldato tutti. C’erano ombre, qualcuna, era il crocchio di quattro cinque dell’insieme-che-divide. Coerenti, almeno in questo, con le proprie vocazione, anche ieri mattina, come sabato sera, hanno scelto di stare separati in un angolo. Hanno fatto eccezione Rossella Marchesani e Fabrizio Papponetti che hanno pensato a fare più i genitori che i candidati tristi. Non lo hanno fatto apposta ma così facendo hanno messo ancor più in evidenza la tristezza dei loro compagni - beh, forse proprio “compagni” non è il caso -, colleghi di lista.

Ho sintetizzato questa narrazione perché non posso lasciar indietro quel che devo ai miei ventitré lettori; già son solo ventitré, se non li ascolto subito rischio di perdere anche loro.

Mi hanno chiesto: "Perché non hai citato Chiara Coletta nel racconto della manifestazione di venerdì sera in sala civica?". L’ho fatto per non infierire. No, non su di lei, che in effetti non ha detto niente e anche qualcosa in meno. Non ho voluto infierire su Carlo Biasone e, soprattutto, su Rossano Roscioli. Chi ha una storia politica fatta di valori importanti, il primo quelli dei democratici cristiani, il secondo quello dei comunisti, quando parla il capo della “Lega-Salvini” dovrebbero provare imbarazzo. Uno dei due, parlo di Rossano Roscioli, ma anche di Carlo se avesse memoria della sua storia politica, dovrebbe alzarsi, uscire e poi casomai rientrare. 

Tutte le altre annotazioni ricevute dai miei lettori riguardano le cose che non ho raccontato sulla cerimonia di inaugurazione della Casa dei Miglianichesi, il nuovo Municipio. Non ho raccontato alcuni particolari, interessanti sicuramente, perché avrebbero richiesto non poco spazio. 

Faccio ammenda e provo a rimettere in fila almeno alcune delle cose tra quelle segnalatemi, le più importanti e anche le più simpatiche, per usare un pietoso eufemismo.

Prima che la cerimonia avesse inizio sono andato a salutare Renato Ricci, che è stato Sindaco di Miglianico dal 1976 al maggio del 1985, restando poi in Consiglio sui banchi dell’opposizione per altri anni. Gli ho chiesto perché non andava a prender posto tra le autorità. "Non è ancora arrivato nessuno".  "C’è già Mario Amicone che è passato proprio due minuti fa". "Allora vado". Non c’era bisogno di informarsi. Era naturale che gli ex-Sindaci fossero stati ufficialmente invitati. Ma un dubbio l’ho avuto. Durante il suo saluto, il Sindaco, Fabio Adezio, ha ringraziato i Sindaci, quelli ancora in vita, che lo hanno preceduto e che erano stati invitati alla cerimonia. Ha fatto una cosa molto bella, perché ha voluto chiedere un applauso speciale, che si è subito levato dalla piazza, per Giuseppe Ciavolich, “Don Peppe”, che aveva voluto essere presente nonostante l’età non più verde. 

A questo punto è accaduta una delle cose simpatiche. Catia Giovina Mattioli Stella, che è consigliera uscente ed è stata assessore plenipotenziario con Dino De Marco dal 2009 al 2014, ha chiesto a chi gli stava vicino "Ma chi è Giuseppe Ciavolich?". Oh, poi dicono "Miglianico ai Miglianichesi"!!! Mi hanno chiesto di spiegarglielo. Lo faccio volentieri non per la consigliera disinformata ma perché lo merita il personaggio in questione che va degnamente presentato alle giovani generazioni di Miglianico. Oltre e molto di più che l’essere stato Sindaco di Miglianico nei primi anni ’70 del secolo scorso, l’avvocato Giuseppe Ciavolch, da tutti chiamato “don Peppe”, è stato un imprenditore coraggioso ed illuminato, un pioniere dell’industria locale, probabilmente uno dei primi e sicuramente uno dei più importanti ad aver portato il nome della “Miglianico che produce” oltre i confini regionali e nazionali, quando la cosa era davvero difficile. Ha avuto anche la capacità di intuire, prima di altri e con altri, il valore dei prodotti agricoli di qualità, rivitalizzando, potenziando e valorizzando la storica produzione vinicola di famiglia, divenuta eccellenza grazie all’intelligente ed appassionata attività della figlia Chiara. È stato e resta un vero signore e non per motivi di censo. Ha stra-meritato l’applauso che gli abbiamo cordialmente tributato.

Vicino a lui, a Renato Ricci e a Mario Amicone, sono rimasti vuoti due posti “riservati”. Erano per gli altri due sindaci citati e applauditi, Nicola Mincone e Dino De Marco. Possono avere in corpo tutto l’odio di cui un uomo è capace e posso riversarlo tutto contro l’uomo Fabio Adezio, contro il Sindaco-istituzione, no, non possono, non devono farlo. Quando si è invitati ad una cerimonia ufficiale, quando alla cerimonia è presente il Prefetto che rappresenta il Governo sul territorio, quando è presente il Governo Regionale e, con loro, c’è il Questore, che è il vertice delle forze di polizia nella Provincia, un ex sindaco, che abbia un minimo di dignità istituzionale, deve andare a prender il posto che gli è stato assegnato, dopo esser stato ufficialmente invitato. Oppure deve inviare un messaggio per annunciare la propri assenza. E deve esser assente, non presente ma “fuori posto”. Dino De Marco ci ha abituato nella campagna elettorale del 2014 a fare il “sindaco fuori posto”. Ora ha contagiato anche Nicola Mincone che così ha fatto un significativo passo indietro, non il primo, speriamo sia l’ultimo. 

Hanno fatto una gran brutta figura. E, lo dico perché è giusto, hanno offeso chi come me li ha votati e li ha fatti diventare Sindaci della nostra Miglianico.

Alla brutta figura Nicola Mincone ha aggiunto il ridicolo, anzi il penoso. Ha approfittato della gioiosa confusione e del fatto che il Sindaco stesse congedando le autorità intervenute e, tomo-tomo-cacchio-cacchio, ha trafugato dal podio della cerimonia i fogli con il discorso del Sindaco. È stato prontamente inseguito e costretto a mollare l’osso. No-comment. 

Poco dopo, forse consapevole di queste brutte figure e di tanta meschinità, è cicciato fuori il ghost-writer uno-e-trino di “Progetto Miglianico-PD-insieme-che-divide”, il dott. Antonio Sandro Di Prinzio. Ha postato un messaggio con l'indicazione che l’art. 9 della L. 28/2000 tratta delle limitazioni alle attività di comunicazione da parte delle pubbliche amministrazioni in tempo di campagna elettorale. Il nostro ineffabile pensatore e scrivano ha commentato da par suo: "La legge è uguale per tutti. Forse". Ho letto il messaggio dell’Amico che mi ha inviato subito questa genialata. Gli ho risposto: "C’erano il Prefetto ed il Questore, che vuole dire che si sono schierati con “Miglianico Cambia”?". Aggiungo oggi che, a forza di odiare, calunniare, insinuare, accusare sparando alla cieca e dire fesserie di ogni sorta, evidentemente non si è accorto che ha accusato il Prefetto e il Questore di aver violato la legge o, quantomeno, di aver omesso il controllo su una presunta violazione di legge. Come gli altri “divisori” è accecato dalla vendetta, dall’odio e non si è accorto che la violazione di legge “forse” non c’è stata. Tutt’altro. Al posto di postare cose tanto sgangherate, il dottor Antonio Sandro Di Prinzio avrebbe fatto bene a cantare con noi l’Inno di Mameli, avrebbe fatto bene ad applaudire ai discorsi fatti, avrebbe fatto bene ad illuminarsi del tricolore nazionale, avrebbe fatto bene gioire e a far festa con la propria Comunità, perché di festa si è trattato. Poi, il giorno dopo, avrebbe potuto tranquillamente ricominciare a parteggiare, tifare, odiare, anelare vendetta. Ma sabato sera era solo festa, era il momento nel quale ci veniva restituita una Casa Comunale che è tra le più sicure, funzionali e belle d’Italia. Ecco perché doveva solo festeggiare, perché si trattava di una festa di tutti i Miglianichesi, noi Miglianichesi. Questo avrebbe dovuto fare. Se non voleva proprio farlo, avrebbe dovuto fare la cosa più seria: tacere.

Tacendo, non distraendosi nel pensare alla elaborazione della sua penosa genialata-social, avrebbe potuto ascoltare le parole del nostro Parroco, don Gilberto, soprattutto quelle che hanno voluto ricordare che la Casa Comunale deve essere casa che accoglie, che accoglie tutti, "da dovunque vengano, con qualunque mezzo arrivino". Ma forse è meglio che il cervellone-uno-e-trino non abbia ascoltato. Avrebbe postato poco dopo una critica al Sindaco perché ha invitato don Gilberto a benedire il nostro Municipio. E avrebbe sbagliato ancora. 

Le parole di don Gilberto hanno saputo collocare nella nostra Casa Comunale valori altissimi degni dei Miglianichesi, sì, di noi Miglianchesi.

Entrare per la prima volta nella nuova e bellissima sede Municipale dopo aver fatto il segno della croce, segno distintivo della fede, mi ha fatto ricordare un episodio molto significativo. Alcide De Gasperi, secondo il ricordo di un suo collega costituente, si inginocchiò e si segnò prima di entrare nell’aula di Montecitorio quando iniziò il lavoro dell’Assemblea Costituente. 

È stato bello tra cose belle quel segno di croce davanti alla nostra Casa Comunale.

17 - continua

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