Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Acta Meridiana - 5

Un Amico, capace di cogliere con pungente arguzia aspetti importanti che a molti spesso sfuggono o perché vengono coperti da rumorosi starnazzi o perché vengono confusi alla vista da abbacinanti mascheramenti, non più tardi di ieri pomeriggio mi ha voluto ricordare che la Sala civica comunale “può contenere al massimo 99 persone”. Gli ho risposto "Lo so. Ma ognuno aggiunge. Tra un po’ arriviamo ai 90.000 del Maracanà".

Ovviamente lui ha ragione sul piano squisitamente tecnico e autorizzativo. Ma non era questo il suo intento. Ha argutamente voluto richiamare un fatto che è invece alquanto più serio. Se uno che è avvocato e vuol fare il sindaco e se uno che il Sindaco già lo fa, o meglio, i loro rispettivi tifosi dicono che hanno fatto entrare in quella stessa Sala Civica molte più persone di quelle consentite forse una piccola contraddizione c’è, forse anche una certa esagerazione fuori luogo.

 

Tra l’altro così attesterebbero operazioni un pochino fuori legge. Ma non è questo il nocciolo. Il vero richiamo di questo mio Amico, invece, è stato molto più serio: se vogliamo dedicare il tempo a chi le spara più grosse è inutile fare la campagna elettorale. Non tanto perché dovremmo accettare di essere bombardati per venti giorni di bugie artefatte, ma perché qualcuno, uno più dell’altro, evidentemente pensa che può disinvoltamente ritenerci stupidi, capaci di credere a qualunque fesseria. 

Non è così. Non può essere così.

Attendo tra oggi e domani un altro richiamo alla riflessione da parte di questo Amico, quello sull’uso, anzi sull’abuso rituale di certe parole. So che mi vuole sinceramente bene e non si dorrà se lo anticipo.

Da quando è stato ri-esumato, fino all’articolo apparso stamattina su un noto quotidiano locale, il mio Amico, Carlo Biasone - ha contagiato subito le lucine della sua corona - ci sta ammorbando con parole belle ma vuote. Ho già segnalato ai miei ventitré lettori gli slogan triti e consunti relativi ad argomenti che vengono tirati fuori dalla naftalina ogni cinque anni, ormai da settant’anni. Mi permetto di contestare oggi questo stucchevole annuncio che gli hanno messo in bocca e che so, conoscendolo, non essere da lui. "Vogliamo essere le orecchie e la voce dei Miglianichesi". Ma che significa? Si, ci si mette pronti all’ascolto e a dar voce alla propria Comunità. Ma perché, gli altri che fanno? Ascoltano i Cittadini di Cerignola e danno voce a quelli di Sondrio? Il callidissimo ghost writer uno-e-trino ora suggerirà al mio simpaticissimo e affettuoso commentatore (sì, lui) di postare un commento del genere "Caro Maurizio, sarà forse perché quelli che sostieni tu non lo hanno fatto che Carlo deve insistere su questo tema? È questo che ti dà fastidio?". Ma dai! Di' qualcosa di sinistra, se te le fanno dire, che ci fai pure bella figura.

Dire, scrivere e poi ripetere: "Prima i Miglianichesi", oltre ad essere un penoso e strumentale utilizzare la facile propaganda di un certo partito, è storicamente alquanto lugubre per i brividi che fa passare lungo la schiena dei “liberi e forti” e di quanti hanno fatto in modo che avessimo la più bella Costituzione del mondo. Ma Carlo Biasone, il mio Amico Carlo pensa davvero questo? Avrà il coraggio di dire in pubblico o anche in privato che a Miglianico abbiamo un problema che vede i Miglianichesi venire dopo altri, tra l’altro di non ben definita provenienza? Può argomentare che vi siano Comunità di non Miglianichesi che hanno impunità o privilegi e che questi sono stati garantiti dall’attuale Amministrazione comunale? Sa che casomai abbiamo avuto e abbiamo qualche unità, di nascita non locale, che ha avuto favori, occhi che non vedevano, silenzi timorosi, aiuti strumentali da chi casomai è stato ed è avverso al Sindaco, Fabio Adezio, e a “Miglianico Cambia”? Sa che il Sindaco, questo Sindaco, è riuscito con coraggio a sistemare almeno un paio di quelle vecchie sacche di tollerato privilegio e che ora pagherà elettoralmente qualcosa per questo suo coraggio? 

O forse il mio Amico, Carlo Biasone, si sta riservando di passare all’attacco del Sindaco con un elenchino di progettisti e di imprese non locali che hanno lavorato a Miglianico dal 2014 ad oggi? Lui non ha seguito nulla da non pochi anni a questa parte, quindi se lo farà è perché glielo faranno fare.  Chi gli ha stilato quell’elenchino non ha il coraggio di uscire allo scoperto, vero? Carlo chieda a lui e a qualcun altro di farlo in prima persona. Sarà meglio per tutti. Ma si ricordi anche che anche questa è una polemica “rituale” che, per quel che ricordo, si fa ogni cinque anni, almeno dal 1975. 

Siamo seri. O meglio siano seri i candidati. È dai fatti, dalle azioni amministrative, anche dai programmi, quelli seri non quelli copiati o ripescati né da quelli solo ben impacchettati, che si deve vedere la differenza tra i candidati e le liste, così che un elettore possa serenamente scegliere quel che ritiene il meglio secondo lui. Si deve poter confrontare la storia dei singoli nel loro percorso civico, per valutarli come candidati e amministratori, non fermarsi ai pre-giudizi di scherno, tipo "è presuntuoso", "non capisce niente" o addirittura "è uno antipatico". E che vuol dire?   

Noi elettori dobbiamo poter decidere a chi mettere in mano le chiavi del motore, lo sterzo per guidare, le energie per far andare avanti la nostra macchina amministrativa, perché di questo si tratta, prima di tutto e soprattutto. Gli slogan fatti di belle parole, anche di quelle ripescate dalla naftalina delle vecchie propagande, si sgonfieranno il 27 maggio. Con gli slogan non si va da nessuna parte, con quelli di regime si va a finire sempre male, come ha insegnato ovunque nel mondo tutto il secolo appena trascorso.  Certo, una cornice ci vuole per migliorare un’immagine, un bel colore aiuta a valorizzare un’opera, un bel vestito fa figurare meglio un bel corpo. Però, da soli, sono una cornice, una latta di vernice e una stoffa appesa e floscia.  

La campagna elettorale non dura tanto, sono venti giorni. 

Sarebbe il caso di abbandonare i vecchi sistemi e metter in campo un dibattito sereno, forte casomai nei toni, serrato nel ritmo, colorato anche di qualcosa in più che sia più allegro che drammatico. Al centro deve esserci sia la valutazione di quanto è stato fatto in questi cinque annoi da chi oggi chiede un nuovo mandato per completare le cose avviate e per concretizzare il cambiamento avviato sia i programmi veri, quelli che si possono realizzare perché si sa anche come farlo, cioè con quali denari pagarli, sia anche le differenze di visione progettuale e quelle metodologiche. Bisogna dare il giusto spazio alla riflessione sulle storie personali di chi deve poter esser giudicato per qual che ha fatto sul piano civico, per qual che non ha fatto, per quel che ha dimostrato nelle appartenenze, nei cambi, negli equilibrismi di convenienza perché la qualità personale di chi concorre direttamente alle decisioni ha il suo peso. La posizione di chi può esser o è stato influenzabile da interessi di parte, di bottega, professionali o di altro genere che non siano eminentemente quelli dell’intera comunità deve poter essere oggetto di valutazione. A questo esame il candidato si sottopone, non al trascinamento di un padrino o alla raccolta di voti per specifici interessi. Alla fine, ma non per ultimo, è importante conoscere bene il gruppo che si presenta, con i suoi elementi, la loro possibile capacità di integrazione, la presenza di chi li sostiene con o senza interessi personali. Sono anche questi gli elementi che vanno letti. Senza entrare nel pettegolezzo becero e improduttivo ma anche senza essere abbagliati da pistolotti ben costruiti ma amministrativamente solidi come castelli di sabbi in riva all’oceano. L’inganno è il pericolo da evitare in campagna elettorale. 

Tornerò sull’argomento.

Prima c’è una cosa che non si può far passare in cavalleria.       

Nella narrazione/commento della serata di presentazione dell’insieme-che-divide, ho volutamente omesso di far riferimento ad una cosa che se non fosse una sceneggiata sarebbe semplicemente un gesto di cattivo gusto dal punto di vista istituzionale, un brutto biglietto da visita per Carlo Biasone e i suoi.  Non l’ho dimenticato. Non voglio che altri eventi me lo facciano dimenticare. 

Il 3 maggio scorso, in Sala civica, a un certo punto della serata, dopo le chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere, il curatore di quella sceneggiatura ha voluto collocare un gesto assolutamente fuori luogo, anche offensivo per tutti noi altri non attori di quella “mossa”. Ha fatto fare a Carlo Biasone il dono delle “Chiavi della Città”. 

Ora, i miei ventitré lettori sanno che le Chiavi della Città vengono consegnate dal Sindaco ad una personalità illustre ritenuta meritevole di entrare simbolicamente in quella città. Si tratta di una onorificenza. Nulla ha a che fare con investiture politiche, proprio nulla con manifestazioni di parte, mai e poi mai con la propaganda elettorale.   

Conoscendo certi soggetti non mi meraviglia questo piccolo abuso istituzionale. 

Uno dei ri-esumatori di Carlo Biasone, il mio Amico, Dino De Marco, da Sindaco ha provato, riuscendoci, a superare sé stesso decidendo e facendo approvare dalla sua scolorita maggioranza di “Progetto Miglianico” la concessione della Cittadinanza Onoraria a Nicola Mincone, altro ri-esumatore di Carlo Biasone. Ai miei ventitré lettori questi nomi dicono già molto. E non solo a loro, mi auguro. Il fatto in sé fu semplicemente assurdo. In Prefettura a Chieti e in molti altri uffici d’Italia staranno ancora ridendo, perché ovunque in Italia sanno che chi è Cittadino non può essere Cittadino Onorario. Quella onorificenza viene infatti concessa a chi Cittadino di quel Comune non lo è e non lo sta nemmeno per diventare anagraficamente. L’opposizione di “Viva Miglianico Viva” sollevò il problema ufficialmente. Dino De Marco fece la vittima. Nicola Mincone, che essendo stato Sindaco non poteva non sapere, accettò e ritirò l’onorificenza. Qualcuno continuò a pensare che Nicola Mincone stesse ancora dalla parte di quei Consiglieri che lo avevano sostenuto con tutta la passione del mondo mentre continuava a flirtare solo con Dino De Marco. 

Carlo Biasone non c’era, neppure allora. Non è una giustificazione per lui. Perché avrebbe invece dovuto esserci a sostenere chi lo aveva sostenuto dentro quel gruppo del quale avrebbe dovuto far parte attiva piuttosto che svignarsela sdegnosamente. 

Ma Carlo Biasone l’altra sera c’era. Non ha giustificazioni, casomai ha le peggiori aggravanti. 

Avrebbe dovuto dire ai suoi scellerati sceneggiatori di far altre cose. Di fare cose diverse per lui: cingerlo di alloro, incensarlo, farlo precedere la sua quadriga dorata da littori, suonatori di trombe e prede di guerra. 

Ma le chiavi della Città no. No! NO! 

Miglianico è la nostra Città, non è di questo o di quel Cittadino. Questa divisione è inaccettabile.  

Le Chiavi della Città le può dare la Città, cioè noi. Per noi le può dare chi legittimamente ci rappresenta, il Sindaco pro-tempore o il Consiglio Comunale tutto intero, a chi ha meritato indiscutibilmente questo onore. 

Quella allestita dagli sceneggiatori dell’insieme-che-divide è stata una brutta farsa. Una cosa indegna. È stato il voler farsi beffe dei simboli civici. 

L’insieme-che-divide ha già provato a mettere il marchio alla ”Miglianico Tour”, ha azzardato a farlo anche con il Santo Patrono. Per loro Miglianico non è di tutti i Miglianichesi ma solo di quelli che stanno con l’insieme-che divide. Ma che scherziamo! 

Se non è dividere questo il dividere cos’è?  

I miei ventitré lettori si staranno ora chiedendo: questa è ignoranza in materia di istituzioni civiche o è becera malafede per dividere a scopi solo elettorali? 

L’una e l’altra cosa. 

 

5 - continua.

Joomla templates by a4joomla