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Il richiamo dell'etichetta (parte seconda)

Come promesso torno al racconto del celebre scrittore e giornalista oltre che grande personaggio del secolo scorso, Mario Soldati, sui vini e sui personaggi miglianichesi che ha descritto a metà anni Settanta, prima con articoli su Epoca poi nel libro “Vino al Vino”

Questa seconda puntata aggiunge un altro dono al tesoretto messo qui su Viva Miglianico in occasione della prima puntata. Il racconto è relativo alla visita fatta da Mario Soldati nella dimora dei Masci e all’avventura di un incontro mai realizzato con don Vincenzo, pur presente nella narrazione per un accidente singolare.

 

In queste paginette che seguono ci sono delle cose da segnalare. Tornano alla luce i nomi dei vini allora famosi che, se non ricordo male, ebbero vasta notorietà internazionale poiché entrarono nella carta dei vini della “Michelangelo” e della “Raffaello”, le due navi transatlantiche orgoglio del boom economico italiano. Ci sono i pareri estetici dell’autore sulle opere realizzate a Miglianico, sia quelle per far del rudere del vecchio Castello la moderna dimora dei Masci sia quelle fatte per acconciare la Chiesa di San Michele Arcangelo nella condizione nella quale egli poté vederla dall’esterno in quella visita del 1975. C’è un’avvertenza e riguarda il giudizio sulle Cantine sociali che appare molto forte, fortissimo. In realtà appare tale anche perché è monco di un ragionamento offerto in altro momento all’autore da Carmine Festa, al quale fa un esplicito richiamo, ma che in realtà sintetizza nel suo scrivere, confermando l’eminente valore sociale ed economico che ne ispirò e sostenne nascita e sviluppo. La considerazione che Mario Soldati aggiunge a tal proposito preconizza il futuro del settore vitivinicolo, come in parte è poi avvenuto.   

Nelle stesse pagine non c’è, invece, qualcosa, anzi qualcuno. Manca la citazione di un grande Amico che non c’è più ma resta nel ricordo di molti. Parlo di Antonio Palombaro, che gestiva anche allora le Cantine Masci. La sua indimenticabile figura, caratterizzata da simpatia e bontà rare, emerge spontaneamente da quelle pagine. Esse non lo citano ma non possono trattenere lo spuntare cordiale e cortese di un uomo che era volto, voce e vita di quegli spazi allora attivi e ricchi di umanità, soprattutto grazie a lui. E con lui, molti Concittadini rivedranno alcuni suoi collaboratori, fissi o occasionali, anch’essi indimenticati.

Queste pagine, ovviamente sono precedute e seguite da altre che trattano di vini e vignaioli d’Abruzzo. Quelle che seguono, ricche come le altre di sorprendenti spunti storici, sono, in parte, anche un inno delicatissimo ma prorompente alla straordinaria bellezza di una donna che aveva vigne e cantina nei vicini colli di Ripa Teatina. Ma non voglio certo togliere la curiosità dell’approfondimento a chi ha passione e interesse personali e vorrà quindi leggere quelle pagine. 

Cito però una frase che mi ha colpito e che fa capire quanto e con quanta passione si è raggiunta tutta la qualità che oggi abbiamo davanti nel settore enologico. Mario Soldati, scrive che Raffaele Mattioli, vastese di origine, grande banchiere e Presidente della Banca Commerciale Italiana, parlava solo di vino cotto e non di altri vini del suo Abruzzo. Ecco che il testo cita quanto detto a Mario Soldati da Domenico Tenaglia nella sua Orsogna, visitata dopo Miglianico. "…. il Montepulciano d’Abruzzo che oggi tiene banco è un’invenzione recente, di dopo la guerra". "E prima?" "Prima si pigiava quello che c’era nelle vigne, un misto di tutte le uve, fra cui, naturalmente, anche il Montepulciano d’Abruzzo. E prima si faceva solo il vino cotto, il solo che durava qualche anno". 

Questa confessione a cuore aperto di un nostro corregionale consente di riportare alle giuste dimensioni due aspetti della nostra storia recente. Da un lato va rivalutata la considerazione a volte, anzi, il più delle volte, esagerata sul “vino fatto in casa” che ciascuno dei suoi produttori casalinghi ha vantato come il migliore al mondo. Dall’altro lato va reso il merito a chi il vino ha iniziato a farlo o ha accettato di farlo, nelle Cantine sociali e in quelle private, seguendo la guida e il consiglio di veri enologi sul trattamento delle viti e sulla vinificazione. Si è così passati dalla quantità dozzinale alla qualità delle quantità. 

Se ora l’Abruzzo è qualcosa nel settore enologico lo si deve anche ai protagonisti delle vicende di questa avventura raccontata quarant’anni fa da un uomo conoscitore del mondo e delle persone, innamorato della sua terra, un grande italiano come Mario Soldati.

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