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La letterina del sabato 10 dicembre

Care Amiche e Cari Amici,

la tentazione di anticipare almeno uno dei contenuti di questo appuntamento settimanale l’ho avuta. Era quella di commentare il risultato locale del referendum costituzionale di domenica scorsa, 4 dicembre 2016. 

 

Referendum: il nostro appello al voto è stato raccolto.

La tentazione era legata non al risultato locale che gli elettori di Miglianico hanno scritto sulle schede, quanto al risultato principale, quello dell’affluenza degli elettori Miglianichesi alle urne. Viva Miglianico sostiene la democrazia e invita da sempre ad andare a votare, meglio se informati e ben consapevoli del voto che si va a esprimere. Possiamo legittimamente cantare vittoria. Abbiamo votato in 2613 su 3846 iscritti, cioè circa il 67%. Niente male, anzi molto bene se si considera che non c’erano in campo candidati, che si era a dicembre, che si è votato in un solo giorno e che la materia costituzionale non è certo facile da masticare.

 

Il risultato è stato in linea con quello di questa parte del territorio nazionale. Hanno vinto i NO, che son stati 1753 (67,7%), contro gli 834 SI (32,3%). Avendo vissuto la giornata elettorale nel seggio n 4, ho avuto conferma di una sensazione già chiara nei giorni precedenti: nessuno praticamente ha organizzato nulla per sostenere il SI: se lo hanno fatto, i sostenitori del SI si son mobilitati meno di quelli del NO. Questo non lo si vede dal risultato, che forse sarebbe stato diverso ma in termini probabilmente trascurabili, lo si è visto dalla speciale finestra che un seggio elettorale apre per chi è attento a guardare certe dinamiche. Il perché di un impegno mancato ora può esser indagato o meno. Non abbiamo il tempo di farlo. Alcune piccole notazioni sulla giornata elettorale, invece, val la pena riportarle e riguardano il costume. Anche da noi ci son stati dei creduloni (il termine dovrebbe esser molto più duro, ma… vabbè, lasciamo perdere, non facciamo loro una immeritata pubblicità), personaggi che hanno ritenuto vero l’allarme della possibilità di cancellare sulle schede il segno delle matite per votare. Era una bufala pazzesca per chi conosce un minimo di regole. Purtuttavia c’è chi ha pensato di essere furbo e ha votato con la penna, così il voto gli è stato annullato. C’è poi il più furbo di tutti che ha solleticato la curiosità degli altri circa i testi vergati da coloro che sulle schede non mettono la croce ma scrivono cose varie. Era meglio fermarsi al segno di croce, sia per avesse voluto annullare la scheda con frasi di nessun senso sia per chi, usando il segno di croce, avrebbe così potuto dissimulare la propria insulsaggine congenita con la scusa dell’ignoranza di base.  

 

Luci e ombre in piazza alla vigilia dell’Immacolata.

 

Al tramonto di mercoledì 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata Concezione, c’è stata l’annunciata manifestazione per l’accensione dell’albero di Natale. Va detto che quest’anno l’albero allestito sulla piazzetta antistante la scuola “G. G. Valignani” è bello, sontuoso, spettacolare quando è acceso. Mi hanno detto che proviene dal giardino di casa D’Adamio. Il pensiero, nel vedere questa mole silenziosa e luminosa troneggiare in piazza, è andato alla indimenticabile Professoressa Dina Di Giovanni D’Adamio, una Insegnante di elevatissime intelligenza e umanità, una Madre eccezionale, saggia e moderna, una Moglie discreta, paziente e laboriosa, una Donna degna di profondo rispetto, meritevole per tutto ciò di imperitura memoria. Tra i suoi tanti meriti, che non elenco, mi piace ricordarne, soprattutto ai miei Amici d’adolescenza, uno piccolissimo: la dolce disponibilità che ebbe, praticamente una domenica si e l’altra pure, - eravamo nella prima metà degli anni ’70 -  nell’ospitarci per piccole festicciole danzanti, realizzate con una radio-giradischi e un paio di 45 giri, uno per i lenti uno per qualche passo più vivace. Quelle festicciole duravano poco. Al suono della sirena delle 17 le nostre bellissime amiche sparivano come d’incanto, restavano un po’ di più le nostre sorelle, troppo poche per continuare a ballare. Ma senza la Signora Dina, la Mamma di Luciano, di Francesca e di Roberto, che garantiva per noi, quelle poche ore di svago, quelle prime emozioni, i rossori, i sorrisini complici, i primi approcci sentimentali fatti “senza stringere”, sarebbero stati impossibili. Allora far festa con maschi e femmine insieme, e poi per ballare, non era cosa così scontata, tutt’altro. L’unico che ogni tanto ce lo consentiva, quello che ce lo permise per la prima volta senza che ci fosse nessuno a controllare, era un altro grande indimenticabile: don Vincenzo.  

Torniamo in piazza. La inarrestabile Pro Loco, guidata dal Presidente-ovunque, l’Amico Tommaso Palmitesta, ha organizzato, dunque, il bell’evento con l’intervento delle classi della Scuola Primaria (le Elementari). Sulla piazzetta della Scuola Media c’erano lucine, maestre, alunni, genitori e tanta gente. In piazza, poco distante, serpeggiavano strani personaggi, poco interessati all’evento ma intenti a far notare altro. Improvvisamente, per la prima volta nella sua storia privata, il palazzo Masci (il castello) si è illuminato grazie a potenti fari posizionati sul suo terrapieno, solo sul lato della piazza (guarda il caso) e ha riverberato, per cinque-sei minuti, anche di un tentativo di focaracchio. O forse erano i fogli con le firme che venivano distrutti.

A beneficio di qualche finto tonto, ricordo che il palazzo fu illuminato per la prima volta nei primi anni di sindacatura del dott. Mario Amicone con fari posizionati sul tetto del Municipio e fui io quello che nel corso di un pre-consiglio propose questa soluzione di valorizzazione del castello. 

Quei potenti fari accesi improvvisamente la sera della vigilia dell’Immacolata hanno destato ovvia sorpresa. Perché, dopo anni e anni di buio? Devono aver così testimoniato ed evidenziato il forte impegno della proprietà di quel grande manufatto nel mostrarlo come se fosse pronta una inaugurazione o un evento nuovo e importantissimo. Qualcuno deve avere anche equivocato, perché avrà pensato che così si sia involontariamente mostrato cosa c’è sopra se non dietro i sedicenti “salvatori della piazza”. 

Sia chiaro: ciascuno è padrone in casa sua e fa bene a tutelare i suoi beni. Quindi, ben vengano le luci, ben vengano tutti gli interventi migliorativi che sono stati e che saranno messi in opera per risistemare un edificio in evidente stato di poca cura almeno esterna. Ben venga il nuovissimo impegno della proprietà di un edificio che non è trascurabile per nessuno, se non altro per la sua allocazione e per la sua enorme dimensione. Ben venga l’attesa notizia che quel palazzo, da troppo tempo triste e muto, stia per diventare qualcosa di vivo e di vitalizzante anche per tutta Miglianico. Se così fosse, come tutti ci auguriamo, sarebbe la realizzazione di un sogno atteso da decenni. Ben venga qualunque idea seria e realizzabile attuata dalla proprietà senza imporre pesi e vincoli alla Cittadinanza e ai suoi beni, soprattutto senza causare conseguenze che comportino il tassare e il tartassare i Miglianichesi. Ben vengano iniziative non meramente conservative o promozionali ma mirate ad una svolta che non resti solo nell’ambito dell’interesse legittimo e sacrosanto di singoli privati, i quali, in larghissima parte, non risiedono a Miglianico, ma che sia capace di permeare di positività tutto il territorio. 

Vien però da chiedere, ma non le chiedo perché non ho titolo, alcune cose. 

  • In occasione delle Giornate di primavera, il 21 marzo dello scorso anno, 2015, quindi non un secolo fa, il FAI - ancora un grazie all’Amico carissimo, ing. Matteo Nanni -  trovò la disponibilità della famiglia Masci e fece aprire parte del palazzo Masci alle visite guidate. Tutti gioimmo. Tutti abbiamo plaudito alla sensibilità della famiglia Masci. Tutti abbiamo sperato che qualcosa si stesse muovendo. Ma ricordo che la chiusura delle visite, rispetto agli orari nazionali, fu anticipata con la motivazione (riferitami dall’ottimo ing. Nanni) che non si potevano accendere le luci nel palazzo. Ecco la domanda: perché ora, improvvisamente, vien fuori questo sfarzo luminoso? Perché le luci solo fuori e solo dal lato della piazza? 
  • Tutti sanno che, nel passato quinquennio amministrativo, un giovane professionista avrebbe presentato un progetto finalizzato non a recuperare e valorizzare il palazzo Masci come fulcro del nostro centro storico ma semplicemente a trasformare le ex “Cantine Masci”, dove si producevano i mitici “Garbino” e “Maestrale”, in appartamenti. Sì, appartamenti. Evidentemente la soluzione cara a quella stagione amministrativa sarebbe stata la trasformazione di un sito che viene sbandierato come di interesse storico in semplice caseggiato residenziale, anche se riservato a danarosi V.I.P. Tutti sanno che quel giovane progettista è stato poi candidato nelle file di “Progetto Miglianico” alle comunali del 2014 (non c’è coincidenza tra le vicende). Quel progetto, che avrebbe stravolto non poco le celebri cantine, pare sia stato poi fermato in Commissione edilizia. Non se ne conoscono i motivi. Il sindaco dell’epoca non ne ha mai parlato come è nella logica naturale se si inquadra la vicenda in una stagione con nessun dialogo vero con la popolazione. Ma, a questo punto, si può anche chiedere: c’è un’idea di lancio/ri-lancio del Palazzo Masci diversa da quella residenziale tentata al tramonto della pessima stagione amministrativa del sindaco De Marco? O qualcuno pensa di andare ancora a proporre alla famiglia Masci di fare di quegli edifici un alveare di piccoli e grandi appartamenti?  Per questo dovremmo sacrificare il Municipio, la casa dei Miglianichesi?
  • Ci si può continuare a chiedere, sapendo di chiederlo a persona che non risponderà: perché tra quelli che oggi tanto si agitano nessuno si è mobilitato allora, in quelle fasi di quel triste quinquennio amministrativo? Forse non sapeva? O forse sapeva e la scelta gli andava bene? Era la sua scelta preferita? E’ quella la riflessione finale? A vantaggio di chi e a spese di chi andrebbe attuata? 
  • Ci si può chiedere: come mai luci, carte lucide, fuochi fatui e tutto il resto nasce solo dopo l’abbattimento del Municipio? Perché nessuno ha acceso nulla, neppure una pila o un lumino, nei tanti momenti durati tre anni, prima del momento fatidico dell’abbattimento del Municipio?
  • A questo punto concedetemi un passettino nella fantapolitica. Ci si può chiedere anche altro: non è che il progetto dell’amministrazione De Marco, quello col quale è stato richiesto e ottenuto il finanziamento per la messa in sicurezza sismica del Municipio, è stato malfatto non solo per faciloneria e necessaria fretta ma anche per altri fini? È pensabile che ci fosse chi già brigava sperando di utilizzare fondi regionali solo per abbattere quel che c’era e poi farsi fermare prima di ricostruire? È possibile pensare oggi che sia stato il progetto curato dall’attuale amministrazione che ha poi costretto ad un cambio di strategia? Sarebbe stata, dunque, la nuova capacità di progettare e appaltare l’opera che avrebbe improvvisamente agitato alcuni soggetti, ancora senza volto né nome, che attendiamo di poter vedere in un sereno confronto pubblico, chiaro e trasparente? Si tratta solo di affari privati per i quali possiamo star tranquilli? O si tratta di serie questioni pubbliche, visto che, per ora, sono pubblici i denari, i progetti, le procedure e le responsabilità erariali, per cui non pochi dovrebbero preoccuparsi anche personalmente?  

Nel farmi queste piccole domande, rimettevo in ordine alcuni fatti che vi ho già raccontato e che ora sono illuminati da quei potenti fari. 

Nella letterina del 1 ottobre 2016 (clicca qui per rileggerla) vi ho riferito senza dar dettagli impossibili senza ledere il rispetto della parola data, che in occasione della “Notte dei Ricercatori” (30 settembre) qualcuno venne a svelarmi anticipazioni su come sarebbe finita la questione Municipio. La sintesi era che non sarebbe stato riedificato lì perché era stato già deciso altrove. 

Nella Letterina del 5 novembre 2016 (clicca qui per rileggerla) vi ho poi raccontato quel che mi è stato detto (testimone l’ottimo prof. Antonello Antonelli) al tavolo della conviviale alla quale eravamo il 30 ottobre scorso. In quell’occasione un eminente uomo di cultura, un affermato architetto, parlandomi di sogni e di coraggio, mi svelò che per non far ricostruire il Municipio e salvare il castello, che avrebbe un enorme valore storico perché conserva la sua pianta medioevale, sarebbe bastato fare ricorso alla Sovrintendenza. "Io non lo farò – si schernì - Ma così si può facilmente fermare tutto il cantiere". Così avremmo potuto poi cominciare a sognare un vero recupero del centro storico di Miglianico. "Certo - replicò alle mie poche osservazioni e ai miei dubbi sui costi per i Miglianichesi e sui tempi per realizzare il sogno - Ci vorrà tempo, ci vorranno molti sacrifici perché i sogni costano, ma, se volete, potete farcela".

Il ricorso alla Sovrintendenza è stato presentato (non dal mio bravissimo commensale, ndr.). Che coincidenza! 

Come andrà a finire? "Ci vorrà tempo e ci vorranno sacrifici, perché i sogni costano". 

Il tempo lavora per i privilegiati. I sacrifici rischiamo di pagarli noi Cittadini di Miglianico, i non privilegiati. 

È vero: a Miglianico è stato conservato, anzi è stato recuperato qualcosa di medievale. 

Mentre pensavo a queste poche e banali considerazioni, la bella manifestazione della Pro Loco attorno al nostro maestoso albero di Natale proseguiva. Ho ascoltato il bellissimo saluto con efficaci accenni alla solidarietà del Presidente del Consiglio d’Istituto, dott. Andrea Malandra. Il Sindaco, Fabio Adezio, ha poi consegnato il premio alla persona simbolo della solidarietà di Miglianico per il 2016 (ottima idea). La premiata è stata la bravissima Lady Chef, Antonina Di Giacomo, che è stata tra i tanti protagonisti della indimenticabile serata dell’Amatriciana per Amatrice. Si è trattato di un premio strameritato, attribuito a una persona che è stata di esempio anche per i tanti volontari di tutte le associazioni locali che stavano, a loro volta, dando l’esempio a tutti noi di cosa è e di come si fa vera solidarietà. 

Prima dell’accensione dell’albero con la magnifica coreografia delle nostre bellissime Majorettes, ci son state poesie, canti e belle frasi da parte dei bambini delle varie classi della nostra Scuola Primaria. In quel frangente, in verità non breve e non facilmente gestibile per il freddo che si sentiva, devo essermi distratto. Ho sentito giovani voci squillanti trasmettere al microfono richiami e belle intenzioni presi da grandi personaggi come don Milani e addirittura Antonio Gramsci che non ricordo come personaggio natalizio. Alcuni erano tesi a sottolineare la democrazia partecipata, lo sciopero e a cose di grande importanza civica. Non ho capito il nesso col Natale. Ma certamente la mia distrazione non me l’ha fatto cogliere. La moderna didattica è lontana dalla nostra vecchia scuola. Forse son davvero troppo vecchio, essendo tra quelli, in verità non pochi, che aspettavano di sentir declamare “La Notte Santa” o altre poesie, e poi cantare “O Tannebaum”, una versione in lingua originale di White Christmas  e altri motivetti conosciuti. 

È stata una gran bella serata quella svoltasi sulla piazzetta attorno al nostro Albero di Natale e alle sue luci gioiose prime tra tutte quelle che son negli occhi dei nostri Cittadini più piccoli. 

Alcuni, vicini e lontani, per far notare le altre luci, quelle fredde e senza festa, hanno provveduto subito a srotolarsi in posizione zerbino coi loro profili social.   

Buona Domenica.  

                   

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