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Il Premio Paride Di Federico, attualità e ricordi

L’evento è di quelli importanti. Domani sera, 14 maggio, presso al Cripta di San Pantaleone, ci sarà l’ottava edizione del Premio di Poesia intitolato al poeta Paride Di Federico, una talento poliedrico incastonato in una ragazzo splendido, di cui non possiamo celebrare gli ulteriori successi di una brillante carriera ma solo la memoria dolce ma ancora velata di dolore.
Quando la Famiglia del giovane da poco scomparso propose l’idea di questo Premio di poesia ci fu una immediata e meravigliosa accoglienza sia da parte della civica Amministrazione, guidata dal Dr. Dino De Marco sia dell’Istituto Comprensivo di Miglianico. Ebbi l’onore, in quanto Presidente del Consiglio d’Istituto, di far parte della giuria (dal 2010 fui cancellato…) che operò con solerzia e rigore soprattutto grazie alla fattiva e scrupolosa presenza della maestra Maria Pia Fortunato e della professoressa Silvana Antonelli, oltre che degli altri giurati, di tutto lo staff scolastico e di quello comunale, politico e amministrativo. Gran parte del merito di quel primo successo organizzativo va ancora oggi riconosciuto alla maestra Laura Galasso, all’epoca assessore comunale con delega alla Cultura, che con stile, garbo e tenace pazienza riuscì a tenere le fila di quel passo che avviò un percorso fortunatamente mai interrotto.

Il fine dicitore, l’attore, la presentatrice (qualcuna non appropriata), i musicisti, i fiori, le scolare e gli scolari, le studentesse e gli studenti di Miglianico e di altri centri, maestre, professori, autorità, la sincera partecipazione di tanti, la commozione e la grande passione dei genitori di Paride di quella prima edizione e di quelle successive sono luci mai spente nella memoria.
Ma non ho smesso mai, anche nei gironi più lontani da questo istituzionale, di rinnovare in me il ricordo bellissimo di Paride Di Federico.
Dirigevo il periodico che avevo contribuito a fondare come responsabile dell’Ufficio stampa del Comune di Francavilla, “Le Piazze”, e avviammo una sorta di progetto per far partecipare le scuole locali proprio alla stesura del giornalino. Tra le altre occasioni capitò di andare a far visita al Liceo Volta. La piccola lezione con un gruppo di studenti, selezionati su base volontaria, si concluse ovviamente con un compito a casa: scrivere un articolo da pubblicare sul periodico. Quando, qualche giorno dopo, lessi gli elaborati che mi erano stati consegnati, rimasi non tanto colpito ma veramente esterrefatto da uno di essi. Il testo era agile, preciso, incisivo, senza una sola sbavatura, insomma era tanto bello e perfetto che pensai allo scherzo di uno studente che mi aveva propinato qualcosa di rubato a qualche grande firma per vedere se fossi in grado di accorgermene. Lessi solo dopo la firma, Paride Di Federico. Non lo conoscevo personalmente, ma, sapendo di chi era figlio, ero sicuro che non aveva fatto il burlone. Quando tornai in quel Liceo per l’ulteriore fase di lavoro preparatorio, chiesi chi fosse tra quelli del gruppo e lui sorridendo si alzò, con buona educazione non di circostanza e con l’espressione di chi, invece, sapeva chi fossi io. Mi complimentai con lui e lo feci davanti a tutti. Era giusto così. Penso anche di avergli detto che avrebbe potuto fare da subito il giornalista facendo vergognare molti di noi. Portai a casa e raccontai anche agli amici quella scoperta, la rivelazione di quel talento. Ma mi rimase dentro una sensazione bella eppure inespressa.
Mi si palesò quando la sera del 5 agosto 2005, facendo il giro del centro storico in occasione delle “Contrade del piacere”, lo trovai sul piazzale della Chiesa, davanti a Casa De Felice. Era dietro un piccolo tavolo su cui erano disposti i volumetti del suo primo lavoro “La Vite: la Vita”, edito dall’amico Peppino Tinari. Accanto c’era la Mamma. Erano ambedue eleganti e sorridenti. Mi fermai per salutarlo e, ovviamente, acquistai il libro, facendogli gli auguri per un successo che ero certo avrebbe avuto da lì in poi, in ogni sua performance. Lui ebbe la cortesia di farmi una dedica speciale: “A Maurizio Adezio che come me fa della parola un credo. Paride Di Federico”. Mentre mi consegnava il libro mi si rivelò tutta intera la bella sensazione rimasta inespressa in me per non pochi mesi. Paride era in un posto poco illuminato eppure vedevo una luce chiara, una luce ampia a profonda. Erano i suoi occhi. In quegli occhi ci si poteva tuffare entrando in un oceano meraviglioso.

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