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Feste mobili, immobili e … saltate

L’ultimo lungo fine settimana di aprile ha presentato qualche spunto di riflessione su tradizioni locali e valori della Patria.
Domenica 24 aprile, infatti, il Comitato Feste ha ben organizzato la tradizionale Festa di San Rocco. Il Comitato, che ha appena compiuto un anno, i suoi giovani dirigenti, i tanti che lo animano lodevolmente come in ogni anno di ogni Comitato, non si sono posti il problema della data nella quale andava celebrata questa nostra festa locale.

 

Partiamo dal fatto che il nostro San Rocco è, come dire, fuori stagione, visto che per noi la sua festa cade in aprile e altrove, non solo nel circondario, si festeggia il 16 agosto, dies natalis del “Beato Rocho Pestem fuganti”, così era scritto sull’architrave del portone della chiesa che si trovava nel centro dell’omonimo borgo. Anche via Roma si chiamava via San Rocco prima dell’unità d’Italia. Quella chiesa di metà diciassettesimo secolo, riedificata dal Genio civile dopo il secondo conflitto mondiale, fu abbattuta a metà degli anno ’70 per agevolare l’accesso al Colle.
La festa di San Rocco è nata probabilmente per ricordare la dedicazione dei quella chiesa, edificata per volontà di una nobildonna di casa Valignani, evidentemente come ringraziamento per lo scampato pericolo della peste. Da allora, tradizionalmente, cade, dovrebbe cadere, la terza domenica di aprile (lo sa anche Wikipedia). Si sposta all’ultima domenica quando la Santa Pasqua cade la seconda domenica di aprile. È stato sempre così, a memoria di Miglianichese. Da pochi anni, comunque dopo la morte dell’indimenticato don Vincenzo, si è dato per scontato che San Rocco cada direttamente l’ultima domenica di aprile. La tradizione da noi andava avanti da tre secoli e mezzo. Può modificarsi nel tempo, ma occorrerebbe un motivo più serio, conosciuto e condiviso rispetto alla pigrizia di non farci caso o di aver assecondato un “facciamo così, mettiamola direttamente all’ultima domenica” proclamato forse da qualcuno qualche anno fa.
Far diventare immobile una festa mobile non è cosa che può accadere senza motivo. Ci sono problemi molto più grandi e numerosi, è vero, ma nel suo piccolo questo problema tale è.
Una festa più recente e niente affatto mobile è invece quella del 25 aprile, la Festa della Liberazione, che quest’anno è caduta di lunedì. Che sia caduta nessuno se n’è accorto, se non a scoppio ritardato. Una polemichetta pare sia venuta fuori. Me ne hanno parlato ieri. È giusta nella sostanza, fuori luogo per la provenienza e forse anche per alcuni debordanti riferimenti.
La Festa della Liberazione non sarebbe potuta essere celebrata in piazza anche volendolo fare, perché la primavera aveva lasciato tutto lo spazio di quel lunedì mattina a ore di vero inverno, con pioggia fredda, ventosa e battente. Ma da noi non s’è visto niente, neanche il solito manifesto che - giova farlo sapere a chi non lo sa - negli anni passati è stato più uno stampato “promosso” dalle tipografìe, che lo portavano direttamente nei Municipi, che una creazione sentita delle singole realtà locali.
Il 25 aprile, andrebbe festeggiato e anche bene, con consapevolezza e senza quel volerne fare una festa di parte che è stata la tentazione di non pochi in non pochi anni.
Quest’anno è stata una festa saltata, semplicemente. Male. Come le tradizioni religiose e popolari vanno tutelate anche le ricorrenze civili e repubblicane vanno ricordate appropriatamente. Probabilmente stiamo perdendo più di qualcosa su tutti i fronti delle ricorrenze. Generazioni lontane da certi eventi, le istituzioni scolastiche poco appassionate nel contagiare il loro ambiente esterno, le nostre abitudini di vita, fatte di pigro egoismo, quasi infastidite da manifestazioni laiche o religiose, l’attenzione ad altre emozioni pubbliche o private, addirittura l’indifferenza ad ogni emozione: queste, singolarmente o tutte insieme o con altro ancora, evidentemente sono le cause alla base di queste distrazioni locali. Che non dovrebbero esserci. Non per evitare polemiche che, animate da certuni, fanno quasi pena, ma per mantenere, rinverdire, aggiornare e potenziare un comune sentimento su valori condivisi, cioè per avere l’anima e non solo i documenti di riconoscimento di un popolo.
L’Amministrazione comunale ha sbagliato a non festeggiare, a non ricordare pubblicamente in un qualunque modo il 25 aprile, la Festa della Liberazione dall’oppressione nazi-fascista, una tradizione che ha meno di un secolo, ma pur sempre una bella, bellissima tradizione. Il fatto che possa esser criticata da chi non ha piena dignità per farlo, come quelli di “Progetto Miglianico”, viste le sue dimenticanze del (fortunatamente) passato recente, quando amministrava Miglianico, non mette al riparo l’attuale Amministrazione comunale dal rimprovero che merita. Il rimprovero è monito a non dimenticare più questa e altre feste che la Repubblica deve celebrare, opportunamente, rinnovando casomai il cerimoniale, senza indulgere a nostalgie fuori luogo, soprattutto stimolando le nuove generazioni a trarre da ogni celebrazione elementi di consapevole impegno civico e politico. Il prossimo appuntamento è quello del 2 giugno, Festa della Repubblica, ancora più importante di quella del 25 aprile, se è consentito il paragone.
La polemica che è affiorata, tardi e con scontato malanimo, va comunque rimarcata. Da chi viene la predica?! Da quelli di “Progetto Miglianico”! Da chi, quando ha amministrato (male), ha saltato appuntamenti e addirittura forzato il calendario istituzionale (basta rileggere come esempio i nostri interventi del 4/11/2012 cliccando qui, oppure del 27/1/2013 cliccando qui, o anche del 2/6/2013 cliccando qui). Da chi fa riferimento al PD, partito al governo nazionale e regionale e nella sua bacheca non ha messo niente per il 25 aprile e tiene ancora gli auguri di Pasqua. Potevano, dovevano dare l’esempio e poi, ancor più giustamente, fare rimproveri e alzare polemiche. La demagogia dell’opposizione, purtroppo, può permettersela solo chi non ha mai governato. Chi lo ha fatto (male, per giunta) deve stare attento a far certe prediche populiste, perché lancia parole che sono boomerang mal governati.
Sarebbe stato bello, opportuno e giusto che ci fosse stata una gara a dare il buon esempio: le opposizioni che sanzionavano la maggioranza locale sulla scorta di azioni, messaggi e proprie iniziative diffuse tra la popolazione per ricordare, per celebrare il 25 aprile. Invece siamo ancora all’avversario che aspetta senza far nulla, sperando nell’errore altrui, per poi dire qualcosa, purché sia.
È triste constatare che quelli di “Progetto Miglianico” non hanno capito la lezione ricevuta due anni fa. Stanno seguendo esempi di demagogia da quattro soldi e non inseguendo il nuovo che li precede.
Sul piano della polemica amministrativa è un comportamento improduttivo, come lo è il non partecipare ai confronti pubblici promossi dall’Amministrazione comunale, sede ideale per fare una bella opposizione, per chi la sa fare.
Ma, come si dice dalle nostre parti? Chi non po’ vàtte sacche, vàtte sacchètte.

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