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Le Feste passano, tutte. Quelle importanti ritornano

Dopo la musica, dopo il ritmo caratteristico e sempre emozionante dei fuochi d’artificio, il triste rimbombo metallico di palchi e smontati e il rumore sgradevole di pulizie fatte all’alba (svuotare le campane del vetro è necessario, non è indispensabile farlo al sorgere del sole…) sono stati i suoni che hanno segnato la fine delle Feste Patronali di questo 2015.
È possibile fare anche qui, come ciascuno probabilmente ha fatto farà in diversi luoghi e situazioni, un primo consuntivo.
Le attese, quelle reali e non i sogni o i capricci, sono state tutte soddisfatte dal nuovo Comitato Feste presieduto dall’ottimo Osvaldo Santalucia. Per questa “deputazione” è stata la prima esperienza. Non è facile per nessuno avere successo al primo colpo, soprattutto quando l’impresa è iniziata in ritardo per programmare con la dovuta calma ogni cosa. Ma si può dire che il risultato complessivo è stato molto positivo.

Il primo elemento a favore del nuovo Comitato è nella sua stessa essenza costitutiva: un gruppo che si è offerto e non autoimposto, che è nato da una condivisa scelta pubblica, che ha saputo interpretare, pur nei limiti inevitabili dei singoli caratteri e della loro somma, tradizione e innovazione con attenzione alla sobrietà delle scelte e con la giusta considerazione per la spesa di denaro, che è pubblico nel vero senso della parola.
Un primo successo concreto, ma di valore più che concreto, è stato quello della presenza dei fedeli alla Novena, una tradizione che si era ridotta alla testimonianza di pochi Concittadini, grazie anche alla felicissima decisione del nostro Parroco, don Gilberto, di fissare la funzione alle ore 21,00. La Confraternita di San Pantalone ha avuto la sua parte in questa scelta.
Un altro successo è stato quello derivante dalla coraggiosa decisione di mettere nel cartellone dei festeggiamenti la festa di San Giacomo e di farla svolgere nell’omonimo quartiere cittadino. La serata è stata affollata, nonostante il dispetto e forse il silenziato ostruzionismo di qualcuno; è stata gradevole e festosa, con allegre tavolate, musica, balli e anche la sorpresa dei fuochi d’artificio. Potrebbe essere l’inizio di una bella tradizione.
La presenza di fedeli alla Santa Messa vespertina del 26, con la solenne intronizzazione della statua del San Pantaleone è stata notevole. La Chiesa e la Cripta, utilizzabile grazie ad un egregio servizio audio-video, erano gremite nonostante il gran caldo.
La solenne processione del 27 luglio è stata affollata e partecipata. Don Gilberto, al rientro del sacro corteo nel Santuario, non ha voluto nascondere la sua emozione e ha espresso apertamente la sua gioia. Tutti abbiamo esultato con lui segnando la nostra consonanza con un lungo e sentito applauso che ha squarciato l’afa che riempiva il tempio.
Le tre sere laiche delle Feste Patronali sono andate tutte molto bene, compreso il mercato del 27, benché non affollatissimo, com’è comprensibile quando si tratta di un lunedì. Il mercato in sé è uno degli elementi che forse richiedono un primo intervento organico. A margine di questo, la sistemazione, evidentemente non programmata, delle bancarelle il 28 sera e la stessa occupazione estemporanea degli spazi da parte di chi usa e abusa di sedie e tavoli dei bar e dei vari esercizi pubblici va controllata secondo buon senso ma anche nel rispetto di alcune regole.
L’esibizione della Banda di Ailano è stata all’altezza delle attese e della nostra grande tradizione locale. In parte è stata mortificata da accidenti non nuovissimi. Il matinée lungo via Cortile Tomei, più che giustificato dal clima e dal sole, essendo l’unico posto all’ombra del centro cittadino, è stato un momento non adeguato alla bravura del complesso bandistico perché ha dato l’impressione un po’ di rimedio in mancanza di un’apposita area attrezzata.
È stata un’assenza a determinare ciò. La decisione – che va rispettata ma che mi è stata stranamente motivata, al punto da ritenerla immotivata - di non allestire la Cassarmonica e la scelta di non illuminare a festa il palco sul quale la banda ha suonato hanno reso meno godibile la pregevole esecuzione dei pezzi in programma. Spesso ci si accanisce sul niente. Dopo l’esperienza del “Mellianum”, ancora una volta, fatte le debite proporzioni, erano più quelli impegnati a suonare che gli ascoltatori e gli spettatori: insomma discettiamo di bande e cantanti ma non siamo proprio un popolo di musicofili e non abbiamo neanche la prontezza di approfittare di un bel concerto e di tante sedie già sistemate per goderci una bella serata all’aperto.
I fuochi d’artificio a metà serata in piazza sono stati favolosi.
C’era attesa per il concerto di Amedeo Minghi la sera del 28 luglio. A qualche amico se non perplesso, quanto meno non sicurissimo della riuscita avevo anticipato che Amedeo Minghi, autore e cantante di sicura esperienza non avrebbe tradito le attese.
È stato un successo. La piazza era gremita di tanti che son venuti apposta da fuori Miglianico, segno che la scelta del cantante è tata azzeccata ottenendo il massimo con la sobrietà della gestione delle risorse disponibili, il che non guasta. Eccezionalmente - e non finiremo mai di rendergli merito - l’intero concerto, prove comprese, è stato fatto ad un volume decisamente civile e rispettoso non solo delle dimensioni della piazza ma soprattutto delle orecchie di chi può non essere un fan dell’artista che brama di stordirsi delle sue musiche e delle sue parole.
I fuochi finali son stati belli, emozionanti, misurati e appropriati.
Le riflessioni su queste e altre cose e soprattutto sul futuro delle nostre Feste Patronali fatte lo scorso anno (clicca qui per rileggerle) restano ineludibili. Ripeto quel che è la sintesi di quelle riflessioni. Non m’ha sorpreso che sia cominciato un lento avvicinarsi a queste posizioni che non sono puntigli personali o di parte ma sono spunti che sorgono inevitabilmente dalla constatazione delle cose per quel che sono e per quel che il tempo impone. A quanto già sommessamente segnalato un anno fa, va aggiunta una considerazione che sarà stata fatta dai più: prevale, in misura crescente, la scelta di molti di prediligere un tavolo da sagra e di abbinare all’evento festaiolo l’occasione del mangiare e del bere, rispetto al vecchio modo di vivere le serate di festa che era fatto di passeggiate e di stazionamento in piedi per assistere allo spettacolo di turno. La sintesi della riflessione, presentata lo scorso anno fu questa: “È forse venuto il tempo di fermarsi un attimo a riflettere, così da poter innovare, con intelligenza del mondo e sapienza culturale del luogo, quindi con persone adeguate allo scopo, la tradizione che nessuno vuole e che nessuno deve cancellare o abbandonare”.
È passato un anno. Le persone adeguate allo scopo aumentano di numero e di convinzione. La riflessione va fatta, senza animosità, senza arroccamenti su posizioni tradizionali ma anche senza fretta di percorrere strade nuove. Il tempo scorre, non corre.
Le Feste passano. Quelle importanti ritornano, sempre. Diventano tradizione, il racconto ininterrotto di un popolo che sa vivere consapevolmente il proprio tempo seguendone il ritmo e non illudendosi di cristallizzarlo senza senso.

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