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Il politichese del mio Amico, Nicola Mincone

L’aver scelto di non frequentare gli spazi di Facebook m’ha garantito grande tranquillità ma, in qualche occasione, mi ha privato di qualche divertimento. In certi casi questa privazione, per la quale non ho certo sofferto, è stata solo temporanea. Infatti ci sono sempre Amiche e Amici che mi parlano di cose scritte su quel social network, spesso dimenticando che commentano cose che non ho letto.
Negli ultimi giorni, ripetutamente, mi è stato chiesto se avessi letto, anzi, se avessi capito quel che l’Amico Nicola Mincone ha scritto l’8 aprile scorso.

 

Non essendo neanche in sedicesimo un Robert Langdom non ho offerto consulenza per tradurre antiche e misteriose iscrizioni, insomma, ho glissato confessando che non potevo capire senza aver letto. Ovviamente, m’hanno subito inviato, via email, il post (si chiama così?) oggetto di tanto mistero. La prima risposta che ho dato è stata una domanda: ”Hai la traduzione?”. Era una provocazione alquanto scherzosa. Ma poi, incrociando più d’una persona, mi sono accorto che la traduzione davvero manca.
Non devo e non voglio farla. Quando gli autori sono vivi e parlano la stessa lingua tocca a loro spiegare, precisare, aggiungere o anche tradurre dal criptato al chiaro quel che hanno scritto. Nelle parole comprensibili c’è un annuncio in tal senso.
Ma le domande che mi sono state poste non sono quelle dirette alla traduzione letterale, bensì a quella che possa far capire meglio contenuti che chiari non sono, volutamente.
Si tratta di politichese in salsa paesana, parole che possono tornare utili comunque si svolgano le cose o buone da lasciar lì perché non costano nulla. Chi vuol dire o scrivere una cosa la dice o la scrive, chiaramente, precisamente, compiutamente, anche se può rischiare di smuovere la suscettibilità di qualcuno. Altrimenti non dice e non scrive, evitando un “mi riservo di dire” che non si sa se vuol essere sussiegoso (i magistrati si riservano di motivare in sentenza) o minaccioso, ma che si risolve nel niente del politichese, uno stile alquanto fuori moda.
C’è poco da dire se ci so vuol limitare allo stile in voga nei social. Credo che ci siano stati commenti del genere: ”Fuori il rospo” o “Ma che volevi dire?” o “A che ti riferisci, chi stai accusando?” qualcuno, nostalgico, avrebbe potuto usare la frase classica di Franco Evangelisti (braccio destro di Andreotti) “A fra’ che te serve?”.
Per chi non frequenta le strade veloci dei post/commenti/like, etc. c’è spazio per riannodare qualche filo e provare a spiegare quel che vuole essere un piccolo contributo positivo.
Non importa sapere quale sia la “scelta frettolosa” alla quale l’Amico Nicola Mincone fa riferimento, avendola voluta vestire di un velo di un’inappropriata sibillinità. Non c’è, la scelta frettolosa cha incomberebbe sui secoli futuri della nostra Comunità non c’è. C’è stata anni fa, ma oggi non c’è.
E se c’è, questa scelta fatta da pochi, la conosce solo lui. E il non averla detta è segno non positivo, antipatico.
L’attuale Amministrazione Comunale non ha bisogno d’esser difesa. Se ha un bisogno reale, è quello di attaccare, cioè di esporre con cruda chiarezza certe cose brutte che vanno emergendo. Ma non occorrono difensori né giocatori di altro ruolo per ricordare che, nel secolo corrente, questa Amministrazione Comunale è l’unica che ha annunciato, organizzato e poi realizzato davvero un confronto con tutta la Cittadinanza, in forma pubblica e girando il territorio: la trasparenza.
Non ricordo di aver visto il mio Amico, Nicola Mincone, in Sala Civica né mi risulta che sia stato presente nelle altre tre riunioni fatte a Piane San Pantaleone, a Cerreto e a Montupoli. C’era? Bene! Se c’era poteva chiedere di approfondire il confronto. Poteva e doveva farlo lì. Non importa perché non l’abbia fatto. Non lo ha fatto.
Soprattutto non ricordo nulla da parte del mio Amico Nicola Mincone nei lunghissimi sessanta mesi di amministrazione che son trascorsi dal giugno 2009 al maggio 2014, quando le scelte le ha fatte il dr. Dino De Marco di cui lui è stato madre e padre come sindaco. Nessuna di quelle scelte è stata fatta “confrontandosi e decidendo per il meglio”. Ma lui non ha detto né ha scritto nulla. Anzi non ha detto e non ha scritto nulla neppure quando chi faceva opposizione gli ha chiesto insistentemente di farlo.
Non occorre andare ulteriormente indietro.
Oggi basta questa considerazione. Le altre ci sono, ma non sono per oggi.
Il mio Amico, Nicola Mincone, è stato seduto su sedie e strapuntini di amministratore pubblico dal giugno 1975 al maggio 2014, senza un solo giorno di interruzione.
Sono stati tantissimi anni. Voleva prolungarli, ma nel maggio del 2014 ha detto lui stesso “è finita”. Gli abbiamo creduto.
Sono stati trentanove (39) anni sui sessantasette (67) che il Buon Dio gli ha donato come vita.
Gli anni, Nicola, il mio Amico Nicola Mincone, li compie oggi, 18 aprile.
Ho sempre ricordato di fargli gli auguri, senza aver bisogno di fb.
Buon Compleanno, Amico mio.

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