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Il cartello mai nato. Piccoli aneddoti di sano campanilismo

Sin da bambino ho vissuto in un ambiente cittadino sul quale ha sempre aleggiato quel sentimento che chiamiamo campanilismo, che è quel misto di orgoglio e amore per la propria città a volte più che venato, sovrastato dall’avversione verso il paese vicino. La cosa penso sia comune a ogni Comune.

Da quel tempo, eventi, chiacchiere, tifo sportivo e anche le ripicche partitiche sono stati spesso illuminati o ombreggiati da questo strano sentimento che, forse, è la trasposizione dell’amore per la propria donna e con esso della gelosia di quella che è considerata passione con “diritto di esclusiva”.
So di contrasti antichi che ancora dividono comunità in termini non solo campanilistici e che oggi dovremmo giudicare come vecchi e decrepiti. Mentre il nostro campanilismo, parlo di quello Miglianichese, è molto annacquato e resiste solo in raffinati sfottò o in piccole battute. Abbiamo sempre vissuto in un sentimento di contrasto campanilistico con la vicina Tollo, che non è senza origini storiche e non è nato quindi per burla mentre sembra esser stato messo in second’orine quello con la pure vicina Ripa Teatina. Insomma se campanilismo abbiamo avvertito è stato quello che ci ha fatto paragonare la nostra Miglianico con Tollo, ovviamente sempre e solo con argomenti a favore di Miglianico e nessuno o pochi per Tollo, al più concedendo il riconoscimento di un maggio attaccamento al proprio paese in termini commerciali.

Su questo gustoso e, credo, infinito argomento ho trovato due tracce simpatiche che non inutile raccontare perché nascondono, ma neanche tanto, un sentimento di civiltà che fa onore alla nostra Miglianico.
La prima traccia, anche per importanza indiscutibile, è contenuta nel poemetto “Mijàneche de ‘na vote”, dell’indimenticato maestro Cesidio D’Amato


“A l’anne vintisette à ’bbijate
nu sirivizie pustàle ‘ccilliràte:
da Urtone a Cchite, mont’e bbàlle
passeve pe’ Mijàneche la Giàlle

e le bardisce tante sfizijùse
mettèvene le scope fòre d’use
arret’a l’autobbùsse, appìse,
pe’ fa ccuscì dispètt’a li Tullise;


Nei racconti dei Miglianichesi di quel tempo trovai l’altra arte dell’aneddoto. “Li Tullise” a loro volta appendevano dietro “la Gialla” i resti delle “reste” di agli e cipolle per far dispetto a i nostri avi.
La seconda traccia ha, invece, origine più recente, cioè nei primi anni ’90, ed è molto ma molto più semplice. Ha importanza praticamente affettiva per chi scrive perché è uno scherzo goliardico mai portato a termine, ma nato in un’occasione simpatica e indimenticabile per il concorso dei personaggi allora protagonisti e promotori dell’iniziativa. Li presento subito, così si può ben comprendere il sentimento che rende indelebili certi piccoli momenti della propria vita: Carlo Pier Maria De Cata, avvocato e Amico, Remo Coletta, “Padre Remo” o anche “Papino”, ex-vigile urbano e Amico, Amerigo Timperio, Amico fraterno, Giovannino Solimes, ristoratore, anfitrione di quella serata ed Amico. Eravamo a tavola, appunto da Giovannino, quando gestiva il Ristorante “Azzurra” a Torre Foro di Francavilla al Mare.

Si scherzava di varie cose, allegramente, gustando un gelato al pistacchio con un… goccio di wodka “Absolute”. E, da argomenti politici nazionali e locali, si passò ovviamente anche ad annotazioni di carattere campanilistico svagandoci lungo percorsi che ora sarebbe fuorviante ripercorrere. Suscitava curiosità ma non interesse diretto la Lega e più ancora il richiamo alle indimostrabili ipotesi legate a quel che sarebbe stato se fossimo stati ancora il nord del Regno dei Borboni, l’unica monarchia che Carlo De Cata riconosceva… Insomma si pensò di stabilire che la differenza che andava ormai modernamente marcata era quella allora in voga del nord e del sud: Miglianico era il Nord e Tollo, naturalmente il Sud. Per niente adusi a violenze verbali o a volgarità né tanto meno a scherno e offesa verso chi ovviamente non giudicavamo diverso e men che mai inferiore, pensammo a un gesto simpatico, esemplare come mossa campanilistica ma incapace di offendere, così com’erano le vicende degli sfottò narrati dal maestro D’Amato.
L’idea fu di mettere Tollo al Sud, affidando questa sorta di certificazione ad un vistoso cartello stradale che avremmo fatto realizzare e posizionare, con l’autorizzazione del caso, che l’allora vice-sindaco, Nicola Mincone, diede qualche giorno dopo verbalmente, alla biforcazione che si trova a metà di via Roma, davanti alla locale agenzia della Carichieti, visibile per chi saliva da San Giacomo.
Il cartello prevedeva, come si può ancora bene leggere, una indicazione principale “SUD” e delle sotto-indicazioni che facevano scherzosamente riferimento a località non vicine, che andavano poi riordinate in base alla effettiva distanza chilometrica, e infine sarebbe comparsa, ancor più scherzosamente, l’indicazione della “Frazione Venna di Tollo”, che è quella prossimale e fintima con il nostro territorio con l’aggiunta (per non far vedere che si metteva il vicino borgo in ultimo) della indicazione turistica del noto parco naturale.
Mentre “Padre Remo” traduceva il dettaglio delle nostre divertite indicazioni sull’improvvisato blocchetto delle comande di Giovannino, tutti ci divertimmo in modo esilarante nel trovare le località da indicare, nell’immaginare sia gli effetti che questa trovata avrebbe avuto sia anche le prevedibili reazioni e contro-reazioni che avrebbe suscitato. Chissà - ipotizzammo - avrebbe potuto assurgere anche agli onori delle cronache nazionali questo campanilismo in salsa comica. E, soprattutto sarebbe stato marcato da una cifra civile, senza protervia e senza animosità, dando così una allegra ma chiara lezione al leghismo “celodurista” allora nascente (che all’epoca non ci piaceva e che ora non mi piace anche se traveste il suo fascismo con la felpa); ma è una lezione che vale anche ora, soprattutto ora, per chi strumentalizza l’amore per la propria terra come pretesto per odiare chi vi transita o vi chiede laboriosa accoglienza.
Quel che è rimasto attaccato a questo vecchio foglietto è il senso della discussione divertita ma non stupida fatta in quella indimenticata sera ed è giusto ripeterlo per onorare la memoria di due di quegli Amici, Carlo e Remo, che non ci sono più: il nostro campanilismo deve essere solo amorevole predilezione per Miglianico, se non riesce a restare in questo recinto bellissimo, oltre il confine dell’allegria non deve mai andare.

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