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Un giorno triste per la democrazia: chiude “Il Tempo d'Abruzzo”

Tutta Miglianico oggi dovrebbe sentire un forte disappunto e  anche un brivido di tristezza. Anche chi non ha mai letto un giornale dovrebbe avere questi moti dell’animo nel sapere che, proprio oggi, "Il Tempo d'Abruzzo" viene chiuso. Le ragioni aziendali interessano poco, chi le ha fatte ne risponderà nel bene e nel male. Interessano molto le vicende certo per niente allegre di Colleghi che sono le vittime immediate di quelle decisioni aziendali. Interessano le conseguenze che questo vuoto nel campo dell’informazione quotidiana lascia con la chiusura di quella prestigiosa testata. 

Ma a chi interessa davvero tutto questo?

 

Dovrebbe interessare tutti. Dovrebbe interessare anche tutti i Miglianichesi, perché il “Tempo d’Abruzzo” è stato testimone e narratore di tante vicende che hanno riguardato la nostra Miglianico. “Il Tempo d’Abruzzo”, val la pena ricordarlo, perché questo è il passaggio tra l’attività e la storia, è l’edizione locale del quotidiano fondato da Renato Angiolillo e uscito per la prima volta il 4 giugno del 1944, mentre gli americani del generale Clark entravano a Roma liberandola dai nazisti.

Questo inserto ha dunque raccontato anche Miglianico. Lo ha fatto prima solo raramente, com’è capitato a tutti i piccoli centri della nostra Regione, più per lo sport e per eventi di grande rilievo che per una diffusa cronaca locale. Ma, negli ultimi trent’anni (ventotto per esser più precisi), “Il Tempo d’Abruzzo” è stato, tra i quotidiani locali, quello certamente più attento e più vicino a Miglianico. Questo è stato determinato in misura minore dall’attività di corrispondenza che ho avuto l’onore di svolgere dal luglio 1986 fino ai primi giorni del 2000 e, in misura maggiore, da allora - in verità con un buon periodo di eccellente convivenza – e con maggior capacità professionale dal carissimo prof. Antonello Antonelli, dal 1993 ad oggi. 

Non c’è autocelebrazione nel ricordare come Miglianico abbia avuto uno spazio tale e talmente illuminato da assurgere a un livello di attenzione unico rispetto a centri di pari o anche di maggiore dimensione. È così passata una immagine positiva, non creata ma sostenuta unicamente dalla frequenza e dagli spazi occupati nelle pagine de “Il Tempo d’Abruzzo”, arrivando a far diventare consuetudine il poter definire la nostra Miglianico non più paese o paesino ma “cittadina”, anche “capitale della Val di Foro” con la forzatura gerarchica derivante dall’affetto dell’articolista. 

Sarà bello e certamente anche utile dedicare tempo e le residue energie di questa vita per collazionare tutti gli articoli di questi ventotto anni, ripubblicandoli tutti insieme. 

Sarà per me struggente, a volte, ritrovarmi con gli occhi velati immerso col pensiero nei giorni della gavetta fatta in redazione a Chieti dove, allievo certo non bravo, ho avuto il privilegio di ricevere lezioni di grande professionalità, di rigore intellettuale, di schietta onestà e di vita da persone, innanzitutto il dott. Giampiero Perrotti, capo della Redazione di Chieti, per me “maestro padre ed amico”, cui mi legherà una gratitudine filiale lunga quanto lo sarà tutta la mia vita. 

Oggi saluto con affetto tutti i colleghi, i fotografi, i frequentatori, i lettori, le amiche e gli amici de “Il Tempo d’Abruzzo” che ho avuto la fortuna di conoscere e che sono stati per me un ulteriore segno di grazia. 

Ma devo anche richiamare chi leggerà distrattamente queste poche righe a considerare che non è una normale attività quella che oggi viene chiusa, cosa sempre triste e dolorosa. 

L’informazione, quella libera ovviamente, è elemento essenziale perché ci sia democrazia. 

Quando chiude un giornale, un giornale come "Il Tempo d'Abruzzo", è un giorno triste per la nostra democrazia.   

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