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Passata la festa...

Le Feste Patronali di quest’anno se ne sono andate, come tradizione vuole, con uno spettacolo pirotecnico, non fastoso ma bello, adeguato ai tempi e alle relative possibilità. Poco prima, la serata del 28 luglio è stata riservata all’esibizione di Marina Rei e del suo gruppo. Anche questo spettacolo non è stato fastoso, ma per esso vale quanto detto e si dirà per i fuochi d’artificio. Poi, in fatto di musica i gusti sono diversi, e diverso è il gradimento: a voler accontentare tutti bisognerebbe fare uno spettacolo di venti ore e spendere un milione di euro, cioè, non si può fare.

Di spari ce ne son stati pochi, sia il 26 sera, nel momento della intronizzazione della Statua di San Pantalone sia durante la solenne processione sia negli altri momenti “canonici” delle feste patronali, ma questo non conta. Qualcosa c’è stato e deve bastare. Sennò c’è anche chi s’adombra.

 

Al termine di questi tre giorni di festa cittadina si possono fare delle riflessioni, le prime, che potranno esser seguite da altre più meditate.

Attendendo quelle che verranno, queste possono anche esser messe qui, senza un rigoroso ordine e soprattutto senza star a dividere il buono dal cattivo.

La solenne “Novena di preghiera” si è confermata poco affollata. Si tratta di un aspetto eminentemente religioso, certo, ma è anche nel programma delle feste, quindi non è un fatto ignoto ai Concittadini né alle organizzazioni parrocchiali né agli organizzatori dei Solenni Festeggiamenti in onore di San Pantaleone.

La presenza dei fedeli, in particolare di chi è devoto al Santo Protettore, alla Santa Messa vespertina del 26, quella che viene seguita appunto dalla intronizzazione della statua, è stata numerosa ma non tale da poter dire che il Santuario fosse gremito di folla. Certo, una parte dei fedeli ha assistito alla funzione in Cripta, grazie all’eccellente servizio colà allestito e fare la somma non è facile. Certo, si trattava di un sabato sera e di cose in giro, tra ricevimenti, appuntamenti personali e vacanzieri, ce n’erano non pochi. Ma gremito il Santuario non era. Nulla di strano. Ogni anno ha la sua folla.

Lo spettacolo serale del 26 luglio è stato buono, purtroppo anche qui non per molti, come accade da non pochi anni a questa parte, da quando il moltiplicarsi di feste e sagre, anche vicine fisicamente a Miglianico, “distrae” inevitabilmente le persone che non hanno più, come un tempo, un'unica soluzione per ogni sera, quale era quella offerta dalle sole feste religiose.

Sin dalla prima serata s’è notata una cosa: l’assenza di palco e della cassa armonica ha riservato e riserva la visione non a tutti. L’aver scelto il palco della piazzetta, ormai non più prominente dato il noto fenomeno locale del “cemento lievitante” applicato sulla copertura della sala civica un paio d’anni fa, ha causato questo disagio appena lenito dalla presenza delle sedie. Infatti, se c’è - e c’è sempre - chi rimane in piedi dietro le sedie, gli altri, esclusi i watussi, casomai sentono, ma non vedono.

La mattina del 27 luglio, Festa di San Pantaleone, vuoi per il tempo non proprio clemente, vuoi per motivi che vanno valutati con calma e senza pregiudizi tradizionalistici, il mercato non è stato quello che molti di noi speravano in termini di presenza, non lo è stato sicuramente rispetto alle attese degli ambulanti che, prima dell’acquazzone, avevano già pagato dazio. Mentre c’è stata una bella sorpresa nel pomeriggio, quella di una processione affollata più del solito. E con una bella e rispettosa attenzione anche da parte degli “spettatori”, quelli cioè che, per diversi motivi, la processione la vedono solo passare. C’è stata una straordinaria partecipazione del clero “miglianichese”, insieme al nostro quasi ex-parroco don Amerigo, con padre Roberto Innamorati, don Leo Rosa e don Gennaro Marinucci, un segno importante che ognuno deve cogliere di quanto sia amata la nostra festa e di quanta venerazione abbia il nostro Santo Patrono, che è ben conosciuto anche da Papa Francesco (come ha rivelato Vatican Insider, clicca qui per leggere l'articolo).

C’è stata un’evidente novità, ovviamente, quella del nuovo Sindaco e della nuova Giunta Comunale, che hanno seguito la Statua come rappresentanti della intera nostra Comunità. C’è stata un’altra piccola novità, quella dei “portatori” della statua, non tutti, ma un gruppo riconoscibile, con un primo tentativo di divisa: una polo bianca con l’effige della statua che si venera a Miglianico. Colgo l’aspetto positivo di questa novità perché mi serve per affermare che sulle divise comincia a farsi strada qualcosa che inevitabilmente deve procedere ma che a Miglianico, in altra sede, ha destato qualche storcimento di nasini finto-snob incipriati di democrazia salottiera (si, parlo delle divise a scuola!). L’aspetto non positivo di questa novità, che, insieme ad altri, forse più di qualcuno ha intravisto non lo voglio commentare ora. Ci sarà tempo per farlo.

In serata, in piazza, c’è stato un bel concerto della “nostra” Banda dell’Accademia Musicale che è ormai di Miglianico, anche se si chiama ancora un po’ “tollese”. E poi c’è stata la scenografica conclusione, con l’esibizione della “Miglianico Marching Band”, uno spettacolo non tradizionale ma molto bello. Purtroppo, ancora una volta, è mancata un po’ di attenzione per il concerto bandistico, che pure è uno dei capisaldi di una festa patronale. Come già detto in precedenza, non è stata allestita la cassa armonica, una struttura quasi indispensabile per poter ascoltare degnamente una banda musicale, soprattutto quando suona bene. E, quasi a voler sottolineare la “distrazione”, rispetto al valore artistico del concerto, che è stato al di sopra delle attese, cioè delle critiche preventive di tanti finti intenditori, c’è stata la mancanza di luce capace di illuminare la banda schierata sul palchetto della piazzetta. Quel palco, infatti, ancora una volta era poco e male illuminato: i soli fari accesi erano quelli, già “moscetti”, della pubblica illuminazione che qualche macchia di buio crea ogni notte nel bel mezzo della piazza. Per di più erano funzionanti solo quelli posti dietro al palco della piazzetta, dove s’è esibita la Banda, quindi gli spettatori erano in controluce. La scelta di non far montare la cassa armonica è, per se stessa, discutibile. E ora la discuterò. Ma due fari, due, almeno due, non sono né un problema tecnico per una ditta valente e sempre disponibile come quella dei nostri “Fratelli Miccoli”, né un dramma economico anche per chi vuole, giustamente, evitare sprechi in tempo di crisi.

La cassa armonica, “la Casciarmoniche”, non è né uno spreco né un fastidio, anche se poi la si vuole smontare per lasciar libera la piazza la sera del 28. È un valore tradizionale assoluto; è un elemento qualificante anche dal punto di vista estetico; è uno strumento di notevole livello artistico, anche per il supporto sonoro che dà alle esecuzioni musicali eseguite necessariamente senza l’ausilio di amplificazione colme lo sono quelle dei complessi bandistici. È un’eccellenza.

A Miglianico abbiamo, probabilmente, (non ho i dati di alcuna ricerca ma credo di non esser lontano dalla effettiva realtà), un patrimonio che pochi altri Comuni d’Italia hanno. A Miglianico c’è almeno una “cassa armonica”, tra quelle della prestigiosa ditta “Micccoli”, ovviamente. È una rarità nel campo delle tradizioni. È una rarità assoluta anche per la sua età, che non è giovanile, poiché deve avere almeno mezzo secolo di vita. È una rarità soprattutto per la cura e la perizia artigianali con le quali è stata realizzata, a quel tempo, se non vado errato, dal maestro Nicola Miccoli, “Mastre Nicole” (che una citazione toponomastica la merita). È un patrimonio che va tutelato; è una potenzialità che deve essere sfruttata; è una risorsa che deve essere utilizzata anche turisticamente. È triste, è inaccettabile, è ingiusto, è inopportuno, è improduttivo che quel valore assoluto sia stato tenuto smontato in un magazzino il 27 luglio di quest’anno, com’è già accaduto in altre occasioni. Aggiungo, ma sempre andando a memoria, che quella cassa armonica dovrebbe essere la stessa che fu scenario e, a suo modo, co-protagonista, insieme al vero protagonista, l’indimenticato maestro Ettore Paolini, della partecipazione di Miglianico, per conto l’Abruzzo, in quella che era una Canzonissima (ma quell’anno forse si chiamava in modo diverso) dei primi anni ’60. Canzonissima, per chi è più giovane e non lo sa, è stata la più importante trasmissione televisiva del secolo scorso. Comune o Pro Loco dovrebbero avanzare adeguata offerta di acquisto per conservarla nel patrimonio locale e usarla come si deve, qualora la ditta “Miccoli”, in un tempo che mi auguro lontanissimo, volesse chiudere la sua attività.

Ci sono Comuni, borghi, quartieri e contrade che fanno sagre o feste attaccandosi a cose molto meno importanti, a volte semplicemente inventate. E noi, che abbiamo quello che altri non hanno, rinunciamo a farcene vanto, anzi lo abbandoniamo! Qualcosa va ripensato, forse.

Come qualcosa, più in generale, va ripensato in termini complessivi per quanto riguarda certi appuntamenti, poiché appare ogni anno sempre più evidente che la Festa non è più la stessa, a cominciare dall’idea di mercato per finire alle forme di spettacolo e di attrazione dei turisti, passando principalmente per l’aspetto celebrativo e religioso.

Ciascuno ha sicuramente diversi motivi di analisi, ciascuno ha da avanzare proposte diverse.

È forse venuto il tempo di fermarsi un attimo a riflettere, così da poter innovare, con intelligenza del mondo e con sapienza culturale del luogo, quindi con persone adeguate allo scopo, la tradizione che nessuno vuole e che nessuno deve cancellare o abbandonare.

 

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