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“C’era due volte”. Note di classe per i “noti” di una classe… straordinaria

Sabato 21 giugno, alle ore 19.00, presso la Chiesadi San Domenico a Chieti (lungo Corso Marrucino, all’altezza di Piazza Vico), ci sarà una manifestazione particolare, forse unica, veramente unica per quanto ne so. Si chiama “C’era due volte”. Sabato, infatti, ci sarà un bellissimo concerto e il 21 settembre, la seconda volta, ci sarà invece “un racconto”, fatto ancora di musica ma anche di testimonianze.

L’hanno organizzato i miei compagni di classe della 3^ A 1976/77 del “G.B. Vico” di Chieti e un po’ anch’io insieme a loro, anzi trascinato da loro. Un importante aiuto ci è stato offerto dall’associazione “Noi del G.B. Vico” e dal suo Presidente Mario D’Alessandro, che voglio cordialmente ringraziare. 

 

La particolarità della manifestazione non sta nel fatto che si tratta di un concerto di grande valore offerto gratuitamente da valenti artisti come si dice, fuori calendario, cioè svincolato da cartelloni o eventi speciali.

La particolarità sta nel fatto che abbiamo scelto la musica, prima delle parole, al posto delle parole per ricordare i nostri compagni di classe che risponderanno “presente” all’appello, ma lo faranno dal Paradiso: Franco Pelliccia, Nando (Ferdinando) Palazzone, Carlo Grumelli. Quelle note sono per chi a noi è noto, lo è stato, lo resterà.

Chi erano, chi sono non è facile descriverlo. Sono Amici, Amici veri, Amici come lo siamo noi della 3^A: incredibilmente per molti, semplicemente per noi, non solo semplici Compagni di classe ma, oggi come ieri, semplicemente e sinceramente Amici. Mi scapperà ancora l’uso del tempo presente al posto di un corretto tempo passato nel narrare, ma la mano sente la freschezza dell’Amicizia che non ha tempo, non teme il tempo, vince il tempo. 

È l’Amicizia che vogliamo celebrare con la musica. La musica è stata uno dei nostri legami più intensi: la passione culturale di Franco, lo studio di Carlo, l’accoglienza di Nando e della sua Famiglia che ci hanno reso spettatori privilegiati di indimenticabili concerti nella loro casa, che era un po’ la “nostra casa”. La musica dei nostri canti e degli inni della classe (“Ti basta solo un trentasei” lo cantammo anche quando avevamo già davanti il foglio del compito d’italiano all’esame di Stato) era quella che riempiva i pullman, le più belle piazze d’Italia, le stanze d’albergo durante le gite scolastiche, la musica è quella che ci parla sempre di loro, senza parole. Ecco perché prima delle parole, al posto delle parole, racconteremo la gioia dell’Amicizia con la musica.

A questo momento di gioia voglio invitare tutte le Amiche e tutti gli amici di “Viva Miglianico”, anche perché quell’Amicizia passa anche per la nostra Miglianico. L’affetto che i miei Compagni di scuola mi hanno sempre riservato, che lo meritassi oppure no, li ha legati alla mia cittadina che hanno conosciuto e frequentato in fondo “perché ci abita Adezio”. Sono venuti a piedi, letteralmente a piedi, o in bici prima di avere una macchina -la Mini90 di Carlo Pullini prima delle altre - per venire a salutarmi, a riaccompagnarmi da scuola o a prelevarmi per qualche allegra uscita insieme. Per loro Miglianico non è un posto come tanti altri, è un posto particolare, lo è per quel sottile ma solidissimo filo che lega le persona e che si chiama Amicizia.

Dovrei, vorrei spiegare, descrivere, raccontare Franco, Nando e Carlo ma penso di non esserne capace. Dovrei farlo anche perché a settembre, nella “seconda volta”, le parole, avranno un ruolo nel raccontare e nel descrivere quello che la musica invece farà con facilità sabato pomeriggio. Spero che non tocchi anche a me perché penso che non ne sarò capace. 

Si possono comprimere in poche parole sentimenti e ricordi? Si possono sublimare le cose di una vita vissuta senza fare diario ma rendendole appunto riflessi limpidi di sentimenti universali? Forse sì: ma lo fanno i poeti. E poeta non sono.

Potrei provare a sintetizzare quel che ora mi sovviene e che me li rappresenta senza poterli descrivere. Il silenzio luminoso di Franco, la gioiosa e incontenibile simpatia di Nando, l’energia volitiva di Carlo sono le immagini istantanee che li fanno diversi nel ricordo come diversi erano, come diversi sono tutti gli esseri umani tra loro. Uguali lo sono nell’affetto che mi lega a loro e agli altri Compagni di quella classe del “G.B. Vico” che nacque come IV A il primo ottobre del 1972 e chiuse il suo quinquennio con la stagione degli esami di stato del luglio 1977.

Potrei raccontare la storia di un ragazzino che il primo ottobre del 1972 arrivo solo, davvero solo, sotto l’austero portone del “G.B.Vico” per iniziare la sua prima avventura fuori dalle mura del paese natio, di un ragazzino che sentiva la Città di Chieti diversa e discriminante verso chi veniva “dal paese” e che non era neanche di famiglia di buon censo. Quel ragazzino, da quel primo ottobre 1972 non fu più solo, non fu mai solo sia nei momenti, non pochi, di difficoltà scolastica, sia nei momenti della vita sociale che fu normale, gioiosa, bellissima, ma che avrebbe potuto non essere tale. Il merito fu di veri fuoriclasse, i miei Compagni di classe, eccezionali, amalgamanti in una classe che, per qualità complessive e non senza i nostri Professori, non sarebbe facile trovare negli annali scolastici del mondo intero.

Dopo gli esami di Stato è cambiata la frequenza degli incontri. Se c’è stata una distanza che è cambiata rispetto a quella dei banchi, vicini e conosciuti, è stata quella fisica delle vite diversamente allocate, certo non quella generata dalle diverse fortune professionali o familiari. Quel primo ottobre del 1972 è diventato subito preistoria, un angosciato batticuore cancellato dalla gioia. La gioia che sabato la musica riuscirà a raccontare, la fantastica storia della 3^A.

Ora penso di poterlo raccontare perché sono passati non pochi giorni. Ho avuto tempo per contemplare questa straordinaria “storia di classe”. Ne ho avuto tanto di tempo, di un tempo speciale. È stato quando sono stato messo a letto attendendo che altri mi dicessero di alzarmi. Da quel letto dolcissimo ho pensato tanto a Franco e a Nando, ai loro letti meno fortunati, e, per altre vicende, a Carlo. Questi pensieri erano ancora colori e voci vivissime che risalivano incontenibili dal profondo dei ricordi quando accanto a me, spesso in un camice bianco, si materializzava qualcuno dei miei “fuoriclasse” della 3^ A. Una coincidenza? No. Ho sempre sentito che me li mandavano loro. Era un dei nostri modi per continuare a stare insieme.

A settembre dovrei mettere nel canovaccio di quella serata tutto questo e tutto il resto in una mia piccola testimonianza senza essere poeta senza avere null’altro che il niente di capacità per scrivere.

Rischierei la banalità della retorica celebrativa, la superficialità dell’aneddotica senza poter scolpire un solo profilo che possa essere accarezzato dal pensiero, il non saper raccontare a colori ma solo il parlare nella nebbia.

Invece dovrei saper descrivere quel che è stata, quel che è questa storia formidabile, quelle che sono le persone che ho avuto il privilegio d’avere come Compagni di classe, che ho come Amici, a partire da Franco, Nando e Carlo, a loro modo i migliori, perché la classifica l’ha fatta così il buon Dio che ti mette alla prova della sofferenza per darti la certezza del Paradiso. E l’ha fatto secondo il disegno della Sua provvidenza che è perfetto.   

Quando della mia classe ne parlo in famiglia o dove della “3^ A” forse non sanno niente, vedo nei volti di chi mi ascolta lo stupore di chi non crede che questa sia una storia vera. Spesso ho sentito commenti quasi di positiva invidia per chi, dopo quarantadue anni, tanti sono a volerli contare da quel primo ottobre 1972, parla come faccio ogni volta, con l’entusiasmo che mi viene spontaneo, dei suoi Compagni di classe del Liceo. Qualcuno forse capisce, qualcuno forse no, che cosa è la 3^ A.

Che classe!

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