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Appunti per una piccola storia locale Ottava puntata. Verso la lista per le comunali del 2004. Un pugno e una lattina: e Dino fu.

Mario Amicone era dunque, in quel periodo, precisamente nel 2003, assessore regionale ai Trasporti. Nel suo ufficio di viale Bovio a Pescara, una mattina rispose direttamente alla mia domanda su chi aveva individuato come possibile candidato sindaco, dicendomi con la solita franchezza: sarà Dino De Marco.

Corredando il mio dire con alcuni aneddoti che servivano a aiutarlo nel ricostruire vicende anche non recentissime che lo avrebbero dovuto sconsigliare dal fare quella scelta e dal farla in modo così deciso e definitivo, obiettai che non era il caso perché, personalmente, preferivo una più complessiva e coraggiosa novità capace di garantire il lancio e la crescita di una nuova classe dirigente locale, visto che il risultato elettorale si annunciava positivo anche per la condizione non rosea, se non disastrata, dei nostri avversari locali. Spiegai che la mia non era poi una posizione solo personale ma rappresentava quella di non pochi Amici (qualche nome lo feci) che erano da ritenersi affidabili non solo in quanto assessori o consiglieri e dirigenti sezionali ma per la loro consolidata lealtà. 

Come ripeterò, questo tentativo di presentare il disegno di un marcato e lungimirante rinnovamento lo avevo fatto anche nella primavera 1999, dopo che alcuni pavidi avevano temuto che una libera associazione culturale, “Il Miglio” (il cui nome fu furbescamente sottratto per altro fine, finito male), potesse frapporsi tra la loro ambizione e il potere locale fortemente inseguito.

Accadde un pomeriggio nella cucina di casa Biasone in Contrada Piane San Pantaleone. Erano presenti con me, Mario Amicone, Nicola Mincone e il nostro eccellente ospite, l’avv. Carlo Biasone. Nel corso di quel lungo e appassionato confronto, arricchito da più d’una moca di caffè, l’avv. Carlo Biasone e io cercammo di convincere Mario Amicone e Nicola Mincone a fare una scelta rivolta coraggiosamente al futuro senza rischiare nulla: allestire un gruppo il più rinnovato possibile per le elezioni comunali con un nuovo candidato sindaco e far correre Nicola Mincone come candidato al Consiglio Provinciale sapendo che avrebbe sicuramente fatto l’assessore, in quanto sostenuto da Mario Amicone che controllava il CCD. In Provincia non avevamo nessuno e si prospettava ancora una volta una candidatura di un Amico o di un’Amica non Miglianichese (nel 1994 era toccato a Annarita Salvatore di Ripa Teatina – non eletta)

"Nicola preferisce fare il sindaco", chiuse Mario tra il deciso e il rassegnato.

Non disse “tanto è solo per cinque anni, poi si vedrà”, perché Nicola aveva sostenuto la sua preferenza per la poltrona di sindaco presentandola come una scelta di umiltà e di rinuncia e sostenendola con una frase esiziale come quella che Amicone quella volta non disse. Nicola Mincone affermò quel che sintetizzo così : "Fatemi fare questi altri cinque anni, voglio finire il lavoro iniziato come sindaco. Poi mi fermo. Non ho ambizioni politiche, non devo fare più nulla".

Il centro destra vinse con Mauro Febbo presidente alle provinciali del 1999. Miglianico non ebbe il posto che avrebbe potuto facilmente avere nella giunta provinciale se si fosse seguita con coraggio e lungimiranza, oltre che con buona speculazione politica, quella indicazione tanto insistentemente data al duo Amicone-Mincone, che non riuscivo a incasellare come “il gatto e la volpe” così come lo aveva marchiato polemicamente l’ex-sindaco Renato Ricci in una precedente campagna elettorale comunale, quella del 1990.

Chiudiamo per ora questa parentesi, utile essenzialmente per far comprendere la coerenza delle proposte che provavo a mettere in campo e che mi dividevano da alcuni importati Amici.

Tornando quindi al filo del discorso, nell’approssimarsi delle Comunali 2004, provai a spiegare diffusamente e concretamente a Mario Amicone le perplessità che avevo rispetto alla sua indicazione fatta così seccamente. Gli ricordai, con maggior decisione, che le nostre “primarie” erano state costruite, recintate e “drogate” a puntino per far ottenere al dr. Dino De Marco una parvenza di investitura. Questo artificio democratico era stato fatto sia avendole spostate dalla più propizia e affollata domenica della Venuta di San Pantaleone fino a quel freddo gennaio sia perché era stata costruita la doppia votazione, che aveva consentito di radunare e coprire di propaganda mirata gli amici del sabato sera, sia, soprattutto, perché non era stato dato spazio ad alcuna alternativa che, anche se di facciata, occorreva. Nessuno può contestare che se si fanno elezioni primarie quando si deve scegliere non una lista, come fu nel 1984, ma un candidato sindaco o un candidato premier, devono esserci più aspiranti candidati. Nonostante tutta questa droga immessa nella prova democratica - ripetei a Amicone  - il futuro e troppo fortunato candidato sindaco non solo non aveva superato ma non aveva neanche raggiunto il 50% dei consensi complessivi, come spiegherò in altra puntata.

Il segnale, insistetti, richiedeva almeno un supplemento di valutazione, anzi si imponeva un vero e proprio ripensamento.

E gli aggiunsi questa riflessione, legata alla storia del rapporto personale tra lui, il dott. Mario Amicone e il dr. Dino De Marco: “Nella linea del tempo che ti attende, da oggi in poi, tu potrai spostare il cursore che attraversa i singoli giorni fino all’estrema data del prossimo quinquennio, cioè da oggi fino al 2009, ma, prima di arrivare al punto finale, litigherai con Dino De Marco. E questo lo sai già”.

Mario Amicone, facendo sobbalzare anche me e l’ottimo Piero Fiore, che era con noi e mi andava sinceramente sostenendo, assestò un pugno alla sua solida scrivania concludendo così: “Basta! (forse gli scappò anche qualcos’altro). L’ho dovuto promettere a Nicola (Mincone, ndr.)”.

Più sbrigativo, il dott. Amicone, lo fu quando ci ritrovammo tutti insieme, consiglieri uscenti e dirigenti sezionali, nell’agriturismo “Il Torchio” dell’Amico Giugliano Nanni, nell’agro di Vacri.

La riunione era stata convocata con la nostra puntigliosa attenzione per esser sicuri della presenza di tutti. E ognuno sapeva di cosa si sarebbe discusso e cosa si sarebbe deciso quella sera. A ciascuno degli Amici che mi prospettava le sue, avevo risposto che ogni perplessità, ogni proposta, ogni protesta dovevano esser portare in quella sede e sviscerate con attenzione e pazienza, a costo di passarci la notte, perché poi non si sarebbe più tornati indietro.

La serata s’annunciava alquanto interessante. Mi ero portato i fogli dattiloscritti con i risultati delle nostre primarie, ancora segreti per quasi tutti, per tutti erano comunque sconosciuti i nomi e i dettagli numerici che vi erano scritti. Misi quei fogli sotto il piatto, per evitare che chiunque potesse chiederli e li facesse poi girare, “distraendo” la riunione.

Era mio dovere informare tutti gli Amici del risultato di quelle elezioni. Pensavo fosse poi mio dovere esporre lealmente la mia analisi e offrire alla valutazione di tutti quello che era il mio convincimento. Dovevo e volevo farlo, premettendo l’indispensabile precisazione che avrei presentato i dati numerici di una prova “drogata”, come spiegherò in seguito quando racconterò di come nacquero e come si svolsero le primarie del 2004 di cui ancora nessuno, proprio nessuno, tranne gli “scrutatori” e chi da loro ebbe, forse, confidenze ma mai documenti conosce il risultato complessivo e quello dettagliato. 

Davanti a me, appena decentrato sulla sinistra, Mario Amicone e, vicino a lui, al più una o due sedie distante, il giovane e brillante vice-segretario della sezione, il dott. Antonello Antonelli, con il suo blocchetto fitto di ordinati appunti pronti per l’intervento che m’aveva annunciato, cioè una proposta argomentata e molto decisa per una ottenere una soluzione diversa da quella che molti sapevano essere già annunciata. Antonello non era il solo ad avere quella posizione, come m’avevano confermato i gli Amici contattati nell’atto della convocazione, ma era certamente lui quello che avrebbe messo in campo più e meglio argomenti. Più d’uno aspettava l’intervento di Antonello per sostenerlo con passione e con ferma convinzione.

Se nel suo ufficio Mario Amicone, qualche settimana prima, era stato brusco e alquanto ruvido dal punto di vista colloquiale ma pur sempre al termine di una non breve e non placida discussione a tre, quella notte non attese neppure che si iniziasse a parlare.

Mario Amicone sbatté con decisione sul tavolo la lattina di una nota bevanda: “Basta! - m’interruppe seccamente quando avevo appena pronunciato, oltre che l’aggettivo “drogate”, non più di dieci parole della premessa al mio intervento - Il candidato sindaco è Dino. Pensiamo a fare la lista”.

E Dino fu. (8 – continua)

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