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“La Casina non si tocca”. Anche il Muncipio ha il suo mistero

C’è un mistero anche sul municipio.

L’edificio, bello all’origine, non è antico. Era un po’ vecchio. Ma divenne piccolo, insufficiente per le sopraggiunte esigenze amministrative. Così, sul finire degli anni ’60 fino ai primi anni ’70 del secolo scorso, fu avviata la sua ristrutturazione finalizzata al necessario ampliamento. Non è diventato brutto. Chi ne progettò la sistemazione, se non erro, fu l’ing. Oreste Sarra, un tecnico di gran vaglia e uomo dal tratto gentile e mite, persona di eccellenti doti umane.

Se erro nel ricordo, me ne scuso, ma questo mi dà l’occasione di affermare e ricordare che l’ing. Oreste Sarra è stato, come si diceva una volta, un galantuomo, un onore per la nostra Comunità. Certo a molti di noi (forse anche a Lui come Miglianichese) continuava a piacere il municipio nella vecchia versione col suo grande orologio sul frontone della facciata. Insomma non è questione di gusti architettonici ma solo di bei ricordi e di affetti.

Sul municipio non c’era mistero.

Ma, poche settimane fa, un mistero lo ha ammantato rendendo non le sue linee, bensì quelle del suo destino, indefinite e imperscrutabili.

 

Fino ad allora, con costanza e quasi pervicacia, l’edificio è stato bistrattato, denigrato, descritto sempre come brutto e inutile.

Il pallino di importanti amministratori comunali scaduti e in scadenza ma anche di altri, a loro modo stagionati, benché anch’essi pronti al rientro in scena, è sempre stato quello di abbattere l’attuale municipio. Perché? Per fare una bella piazza? No. Per consentire l’accesso più comodo al castello.

Non ho mai potuto appurare veramente perché. Eppure l’ho chiesto molte volte.

Sembrava e sembrerebbe ancor oggi solo un’operazione illogica e costosa. Mi venne il sospetto che non vi fosse altro risultato concreto e immediato che quello di far lievitare, come sembrò accadere in un certo periodo, il prezzo di vendita del castello, che all’epoca, quando di questo periodicamente si riparlava, compariva a volte a 4 altre volte a 6 milioni di euro ( il prezzo era in sterline ma la variazione era di questa grandezza). Che le due cose fossero collegate non è vero. Nessuno poteva dimostrare una tale ipotesi perché le variazioni dell’offerta di vendita andavano per conto loro e non potevano esser legate ad atti amministrativi, semplicemente perché non ce ne son mai stati in quei termini, cioè di progetto preliminare o esecutivo di abbattimento del municipio.

Nel PRG vigente qualcosa c’è, ma si sa che i piani regolatori e volte regolano già poco e non sempre riescono a far realizzare il futuro che han disegnato e descritto nelle planimetrie. Pensare che i discorsi sul nuovo PRG (si, sempre quello) o su progetti di sistemazione degli edifici comunali possano aver influito sul mercato immobiliare internazionale (perché là era allocata l’offerta di vendita del Castello) è pura fantasia. Dirlo lo si può dire solo per il gusto di fantasticare, neanche di parlare.

Il sospetto mi venne, lo confesso. E forse non venne solo a me. Apparteneva alla passione dialettica delle nostre chiacchierate notturne. Ma, nei fatti, ora non importa.

Invece, l’idea fissa di tanti discorsi fatti nelle riunioni di maggioranza o nelle varie disamine politico-amministrative era di abbattere il municipio, con o senza riguardo al castello. Chi la proponeva e la propugnava la presentava come la svolta storica per Miglianico.

Certamente non si poteva e non si può parlare affatto di una svolta storica.

Perché? 

In pratica il Comune (cioè il Popolo Miglianichese contribuente) avrebbe dovuto pagare l’abbattimento del municipio e la necessaria riedificazione di quello nuovo, la cui allocazione era del tutto ignota se non temeraria, spendendo da un uno a tre milioni di euro. Simpatica, per non dire strampalata, era “l’indiscrezione” su dove si sarebbe sistemato il “nuovo” municipio. La proposta che sembrò prevalere in una certa fase non fu quella del palazzo della Duchessa, coi suoi tre ingressi e una cubatura apparentemente adeguata. No, il pallino di quegli amici era il vecchio asilo, sostanzialmente non raggiungibile dal normale traffico e comunque insufficiente come dimensione. "Compriamo il palazzo accanto", mi dissero. Aggiunsero anche quanto avevano pensato di spendere solo per comprarlo. Tutto pur di abbattere il municipio, così - aggiungeva qualcuno a turno - il castello avrebbe potuto essere fruito con maggior comodità, avendo il suo accesso monumentale sulla piazza “sgombrata” una volta per tutte dal “brutto” municipio.

Una cosa che mi lasciava “perplesso” davanti ai proclami di questi “storici svoltatori”, era che in tutti i loro bei discorsi, ricchi di sapienza architettonica, di scientifica razionalizzazione urbanistica e di sagacia amministrativa, non si parlava mai del Comune inteso come Cittadini di Miglianico. In verità un tentativo di dar un ruolo anche ai Cittadini e al Comune ci fu, nella fase nella quale l’allora (c’è sempre un allora per lui) sindaco Nicola Mincone provò a farsi dare in “comodato” il primo piano del Castello, quello dove organizzò in tutto un paio di eventi tipo la seconda “Festa dello Sport” nel 1998. Un piccolo tentativo, non dico un depistaggio, ma una parentesi.

La musica, il ritornello era sempre quello: abbattere il municipio.

Mi opposi, ogni volta mi opposi. Poco contavo. Ma usai tutto quel che un piccolo segretario di partito o un cittadino poteva mettere in campo. E mi opposi. Le motivazioni erano quelle dei costi, dei benefici, della strategia stessa di quella decisione. C’era una motivazione banale, anch’essa da tifosi del Bar dello Sport, una provocazione generica ma comprensibile per scuotere il consesso: “perché non abbattete altri edifici per dare spazio e comodità ad altre case private?”

C’erano - e ci sono ancora - valutazioni su quanto certe cubature inutilizzate pesino sui destini della nostra Comunità. E qui il discorso sarebbe lungo e complesso. Ma non inutile. Andrà sviluppato prossimamente.

C’erano e ci sono sempre due altre soluzioni che pur allora s’affacciavano ogni tanto: 1) rimetter mano al Municipio, che ha stanze altissime (ora controsoffittate), e ricavarne, con un modestissimo innalzamento della linea di gronda dell’edificio, un altro piano; 2) non toccare la struttura dell’edificio ma chiudere il portico sottostante. In ambedue le ipotesi si potrebbero così allocare nell’edificio tutti gli uffici comunali, il che farebbe risparmiare qualche soldino, e si potrebbe riportare nella sua sede naturale, l’unica naturale, la Sala Consiliare, cuore e simbolo della democrazia rappresentativa di ogni Comunità locale.

Invece, niente. La svolta storica per Miglianico sembrava esser solo quella di abbattere il “brutto” municipio. 

Era così. È stato così fino a qualche settimana fa.

Allora anche su questo edificio è sceso il velo di mistero.

È spuntata fuori una decisione dell’attuale amministrazione comunale, apparentemente in contraddizione con questa fissa dell’abbattimento del municipio: è la richiesta di finanziamento dell’adeguamento sismico del Municipio per circa 850.000 euro (a spanne tra 1,7 e 2 miliardi di vecchie lire), con tanto di incarico tecnico già affidato e svolto in tempi rapidissimi, fulminei, 3/4 giorni: una bella eccezione per la pubblica amministrazione italiana.

Potrebbe essere un tentativo del genere: “oh, mo’ ci proviamo, non si sa mai…” O è una involontaria falsa pista. Infatti il finanziamento è alquanto incerto. Così che  resta incerto il futuro di un municipio. Ma nella scelta della maggioranza c’è la condizione che il finanziamento viene chiesto ma, qualora non fosse concesso il Comune provvederà da solo a fare tali opere. Cioè la pagheremmo noi contribuenti con tasse comunali. Dicono che è una formula che di solito si scrive. Ci vogliamo credere? Crediamoci.

Ma questa vicenda fa sorgere una domanda quantomeno legittima: se su quel municipio, brutto e indesiderato, ora ci si mettono sopra 850.000 euro di sistemazione sismica, poi sarà un po’ più difficile buttarlo giù. Sarebbe quasi impossibile. Chi glielo spiega agli “svoltatori storici” dell’urbanistica miglianichese?

Quelli che certi conti li sanno fare anche a mente mi dicono che con 850.000 euro non si sistema un vecchio e “brutto” Municipio, se ne fa uno nuovo, da capo, nuovo, moderno e di gran qualità. La velocità delle decisioni nel correr dietro alla ghiotta occasione del finanziamento deve aver impedito questa riflessione, forse. Ma stiamo parlando di misteri.

Per ora un cosa è certa: che il nostro Municipio è tra i pochi, se non l’unico d’Italia, che non ha la Sala Consiliare.

Per inciso, c’è un altro dubbio, che potrebbe interessare i Cittadini di L’Aquila. Pare che il terremoto del 2009 abbia fatto più danni a Miglianico che nel cratere dilaniato da quel tremendo evento sismico. Da noi ci son stati danni alla caserma dei Carabinieri, al Comune, alla Sala Civica. E ci son stati soldi pronti, senza neanche un sorvolo aereo di Berlusconi. A L’Aquila, invece, proteste ogni giorno per i soldi che non arrivano. Il sindaco di L’Aquila, Massimo Cialente, si faccia prestare dal PD e metta in giunta i nostri assessori di sinistra, e, chissà, i soldi forse pioveranno anche a L’Aquila.

Ma torniamo alle vicende che hanno riguardato il municipio per i misteri che lo hanno contagiato forse non solo per la sua vicinanza al castello negli ultimi decenni.     

Tra le motivazioni di quel dibattito, tra fautori dell’abbattimento del municipio per dar più consono accesso al castello e contrari, ce n’erano alcune, apparentemente minori, di carattere storico. 

Il castello non aveva mai avuto accesso alla piazza, semplicemente perché non c’era la piazza come la conosciamo noi, quella perimetrata dal muraglione.

Quando essa fu realizzata, fu fatta proprio per allocarvi il municipio. Ed era una delle più belle piazze d’Abruzzo, tanto che una canzone locale della nostra “Maggiulate" (il cui testo credo sia stato scritto da un ex-segretario comunale) recitava “sta piazze pare da sale pe ballà..”. In un quadro di valorizzazione del centro storico, il suo stravolgimento rispetto al progetto della piazza col suo Municipio, non era certo da considerarsi un miglioramento. Era uno stravolgimento e basta.

Fu il compianto dott. Gaetano Petrosemolo, personaggio di cospicue doti umane, professionali e culturali, che ne sapeva molto anche per via diretta, ad illustrarmi questa paginetta storica relativa al municipio anche con specifici riferimenti a contrasti tra i maggiorenti dell’epoca. Lui lo chiamava sempre, “la Casina” come venne chiamato il nostro palazzo municipale dopo che fu edificato. E come la chiamava ancora il compianto maestro Cesidio D’Amato.

Si stava parlando proprio del Centro di Ricerche da allocare nel castello, secondo un progetto che prevedeva l’abbattimento del municipio e una grande scalea d’ingresso dalla piazza, sulla traccia di quella che ideò l’arch. Francesco Bonfanti alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. All’epoca gli fu affidato il progetto di restaurare/ricostruire il Castello dall’ing. Filippo Masci, che ne aveva acquistato il relitto lasciato dalle distruzioni della seconda guerra mondiale. Per chi volesse approfondire, il Comune dovrebbe ancora avere alcune copie del volume “Francesco Bonfanti architetto”, che riporta, ovviamente con la indiscutibile fedeltà data dall’autore, la vicenda relativa al nostro castello e la decisione di farne oggetto non di restauro né di recupero ma di riedificazione di una moderna dimora su antiche fondamenta.  

“La Casina non si tocca” disse con un sorriso indimenticabile don Gaetano all’allora sindaco Mario Amicone, che gli spiegava i dettagli progettuali del futuro Centro di Ricerche.

“La Casina non si tocca”, ripeté quando ci accompagnò, congedandoci sulle scale del suo splendido villino di Cerreto.

Lui, don Gaetano, sintetizzò così il valore consolidato di una appropriata sistemazione urbana e della conservazione di un assetto realizzato da un eccellente progetto che volle prevedere la nuova piazza col suo nuovo Municipio.

“La Casina non si tocca”.

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