La letterina del sabato 26 aprile 2025
- Dettagli
- Categoria: Notizie
- Pubblicato Sabato, 26 Aprile 2025 08:48
- Scritto da Maurizio
- Visite: 190
Care Amiche e cari Amici,
questa Letterina vi giunge in questo giorno che ricorderemo come quello dell’ultimo saluto a Papa Francesco. In questi giorni trascorsi dall’annuncio della sua morte, lunedì scorso, ad oggi, data del funerale, volutamente non c’è stata una Letterina speciale, che pure era nell’animo, nel comune sentire e, forse, nel dovere di questa nostra piccola corrispondenza. Non c’è stata per non aggiungere nulla al tanto che si è detto e scritto, tanto che in certi casi è troppo, perciò stesso da evitare. In tanti, infatti, in questi giorni, si ricordano del Papa. Tra i tanti, ci sono i non pochi che semplicemente non lo hanno mai considerato come Papa, che hanno ignorato il suo alto magistero, che lo hanno schernito con ridicola superbia quando Papa Francesco ha parlato degli ultimi, dello scarto, della Pace, della terza guerra mondiale già in atto, della incombente attenzione al creato, di quella ecologia che forse lo farà passare alla storia più di altre sue prese di posizione, quando ha aperto all’accoglienza non solo dei migranti ma dei diversi. Tra quei non pochi che si sono affrettati a postare ogni sora di ricordo e di vicinanza - perlopiù per apparire loro stessi anche in questa occasione - ci sono anche quelli che hanno considerato e considerano Papa Bergoglio l’anti Papa o un Papa abusivo o semi abusivo. Per non parlare di chi si arrampica sugli specchi per collocare il Papa, ogni Papa, ma più di altri proprio Papa Francesco, nelle categorie della nostra politica nazionale.
Cari Amici e Care Amiche, non ho voluto correre il rischio di essere letto tra quei non pochi, in particolare tra quelli che san fare più clamore solo per illudersi di aumentare una propria visibilità in un mondo che li ignora per la loro consistenza.
Meglio il silenzio, nel quale il dolore e la preghiera hanno trovato uno spazio senza confusione e un po’ di pulizia da autocelebrazioni.
Papa Francesco porta con sé la nostra gratitudine di figli, di fedeli, di uomini di questo tempo che ha assoluta necessità di uomini come lui, capaci di umiltà e saggezza, di coraggio e di una visione del mondo che abbia al centro l’uomo con le sue fragilità e la sua speranza in un domani migliore. Grazie a Papa Francesco per tutto quel che ci ha donato, insegnandocelo col sorriso, senza imporre nulla.
Care Amiche e cari Amici, come sapete la notizia della scomparsa di Papa Francesco è arrivata mentre stava iniziando la Festa di Sant’Antonio Abate a Cerreto. Con prontezza e grande sensibilità, il Comitato Feste, in accordo con il nostro Parroco, don Gilberto, ha immediatamente fermato i pur semplici festeggiamenti civili, lasciando al centro di tutto la sola celebrazione della Santa Messa. Questo triste cambio di programma non ha nascosto la scarsa partecipazione dei Miglianichesi, in particolare dei Concittadini di Cerreto, ad un evento che, lo ripeto, ha anche una sua cifra tradizionale che va conservata il più possibile.
Domani ci sarà un’altra Festa della nostra speciale tradizione locale, anch’essa con la sua particolare collocazione rispetto al calendario canonico, quella di San Rocco, al quale, dagli inizi di questo millennio, è dedicata la nostra chiesa parrocchiale. Il Comitato Feste, presieduto dal carissimo Gianfranco Mancinelli, ultimata la prima questua dell’anno con qualche problema non simpatico rilevato in alcune zone del territorio comunale, ha allestito un programma in linea con l’evoluzione che questa festa ha avuto negli ultimi decenni. È un appuntamento che si rivelerà adeguato solo se la mattinata del dì di festa sarà coronata da quello che era definito “il concorso di fedeli e devoti” oltre che di Cittadini che hanno voglia di incontrare altri Cittadini, che poi è uno degli elementi essenziali della partecipazione popolare ad ogni manifestazione. Il Comitato, per dirla in altre parole, può fare la questua, allestire il programma, chiamare la banda, organizzare i fuochi d’artificio e tutto il resto. Non può assumere figuranti e comparse per affollare la piazza e le vie del centro. Potrebbe farlo, in verità, perché il chiavistello che apre l’egoismo, quello che ci tiene a casa o nella nostra indifferenza in occasione di certi appuntamenti, c’è ed ha una sperimentata efficacia: offrire cibo e bevande. Però, mi chiedo e chiedo ai miei eroici ventitré Lettori (+24°), dobbiamo ridurre tutto ad una sagra, sempre e solo ad una sagra mangereccia? Dobbiamo comprimere e stravolgere la plurisecolare tradizione popolare, l’antica devozione verso i nostri Santi, la nostra semplice cadenza di calendario locale ad una piazza affumicata di braci e zeppa di tavolate? Non sarebbe difficile farlo, in verità, perché, a far di conto a spanne, se un Comitato piuttosto che spendere i 15/20/30.000€ per banda, fuochi d’artificio, luminarie e spettacolo serale, decidesse di offrire una gran cena all’aperto, riempirebbe la piazza senza problemi se non quello di dover contenere chi non riuscisse a trovare poi posto a tavola per mangiare gratis.
Con serenità e con la tenacia che deve accompagnarsi alla capacità di leggere i nuovi tempi, il Comitato Feste ha deciso di mantenere viva una tradizione che è quel misto di devozione e di incontro civico. Ed ha fatto benissimo. Oltre alla risposta concreta che diamo più o meno adeguatamente con il nostro contributo economico, occorre quella della presenza, dello scuotimento dall’indifferenza e dalla pigrizia, ritrovando la voglia di esserci anche solo per andare a vedere che succede.
Ieri, qui a Miglianico, è passata con eccessiva sobrietà la Festa della Liberazione celebrata solo nel colorato bombardamento di messaggi telefonici. Con le Scuole chiuse e la nessuna voglia di partecipare dei Cittadini che si riscontra in certi casi sin da prima che investisse le feste tradizionali, forse è stato meglio non organizzare alcunché o forse no. Ogni commento ora sarebbe fuori luogo perché oggi è già il giorno dopo, quando è troppo facile rimproverare chi non ha fatto, proporre quel che altri avrebbero dovuto fare, ideare novità e riscoperte che cadranno fin troppo facilmente nel dimenticatoio nei 364 giorni nei quali qualcuno, sempre un altro, dovrebbe custodirle e prepararle per il prossimo 25 aprile. Tra queste idee, buone il giorno dopo ma che dimenticheremo molto prima del 25 aprile 2026, c’è quella di un gesto simbolico: mettere una bella coccarda tricolore sui cartelli che indicano le nostre vie cittadine dedicate ai caduti per la libertà, quelle dove c’è scritto “martiri”. Una coccarda messa lì senza cerimonie e senza spiegazioni sarebbe, al tempo stesso, un omaggio, un ricordo. Non chiamerebbe a raccolta nessuno ma alla fine sarebbe forse un modo di solleticare la curiosità. Qualcuno si chiederebbe perché e qualcuno spiegherebbe perché. Poco, ma non così poco.
Immagino che accadranno cose simili, parlo di sobrie assenze di eventi celebrativi e contestuali bombardamenti telefonici, per il 1° maggio, che cadrà giovedì, prima della prossima Letterina. Ricordiamoci che è anche la Festa di San Giuseppe lavoratore. Una preghiera per chi lavora, per la sicurezza sui luoghi di lavoro, per sostenere chi, soprattutto immigrato, è sfruttato nel lavoro, per chi il lavoro non ce l’ha ancora o per chi il lavoro lo ha perso, per il lavoro che sia riscatto e segno della dignità dell’uomo è un bel modo di festeggiare il 1° maggio.
Lunedì sera, 28 aprile, alle 20,45, che, secondo un cattivo costume italico, significa iniziare alle 21:00, torna la bella iniziativa di letture condivise, questa volta su un tema per niente noioso: “Porta un racconto breve sul cibo in biblioteca”. Si tratta, come chiaramente è scritto nell’invito diffuso ad opera degli organizzatori di “scegliere un autore, portare con sé un suo racconto breve da condividere con noi a tema cibo; se vuoi raccontaci dell’autore (perché lo hai scelto e cosa ti ha colpito); oppure vieni ad ascoltare”. Ecco, questo vieni ad ascoltare, probabilmente è la cosa più interessante. E lo è per almeno due motivi. Il primo è che non si è “costretti” a fare la scelta dell’autore e men che mai a leggere e commentare un racconto per breve che sia, ipotesi che traumatizza tanti di noi solo a sentirla enunciare. Il secondo motivo è ancora più importante perché andare ad ascoltare è una sana, sanissima abitudine volta alla crescita personale, che va ripresa e coltivata. Siamo subito infastiditi quando dobbiamo ascoltare un altro che ci parla o, in questo caso, che ci legge un testo e poi ce ne parla, perché sappiamo sempre tutto, conosciamo sempre ogni dettaglio e anche tutte le dietrologie di ogni cosa, nessuno può dirci nulla di nuovo. E sbagliamo. Aggraviamo l’errore dedicando poi ascolto e stupidi scrolling a ciarlatani e imbonitori, ritenendoli guide illuminate e veri maestri ostracizzati dai “poteri forti”. Che babbei che siamo! Ascoltare significa metterci nella condizione di ricevere un dono, piccolo o grande che sia, ma un dono che un altro ha preparato e ha portato lì anche per noi, senza chiederci nulla in cambio. Rifiutare un dono non è solo un atto di scortesia, un pessimo comportamento personale e sociale, è soprattutto il rifiuto di poter migliorare sé stessi, un atto di pura, arrogante stupidità.
Buona Domenica