Acta Cotidiana /21
- Dettagli
- Categoria: Notizie
- Pubblicato Sabato, 08 Giugno 2024 10:13
- Scritto da Maurizio
- Visite: 918
Sono finiti i fuochi d’artificio e ora si passa al breve silenzio elettorale. Da anni questo è solo un modo di dire perché i messaggi di propaganda ormai ci inseguono cavalcando i nostri smartphone fin dentro il seggio.
In queste ore, però, c’è ancora il tempo, se si vuole, per una rapida analisi dell’ultimo giorno di campagna ufficiale, che ha visto in piazza i due comizi finali, senza sorprese.
Sarebbe lunga raccontare i dettagli di tre ore di comizi, tanto son durati i due momenti di propaganda assommati tra loro.
Alcune considerazioni si possono comunque fare, dando per assodato che tutti quelli che volevano hanno assistito e sanno cosa è successo. Poi ognuno casomai la racconta come vuole.
La prima è la conferma che le elezioni comunali sono una sorta di festa di popolo. C’era più gente stasera che in tante altre occasioni civili, religiose e tradizionali.
Ha aperto la lista guidata da Federico Anzellotti che si è affidata alla presentazione di Antonio Anzideo. Lo show di ieri sera, stranamente spompato di volume amplificato nella prima parte, ha evidenziato in modo inequivocabile quel che tutti hanno saputo fin dall’inizio, cioè che quella lista è stata messa su con evidenti difficoltà superate solo all’ultimo momento. La prova ri-provata c‘è stata proprio ieri sera. I candidati di “male-in-comune” son saliti dicendo nome e cognome e, poi, praticamente, nulla più. Comparse, composte, immobili, politicamente impalpabili, inefficaci sul piano della comunicazione pubblica. Non hanno alcuna colpa. Se colpa c’è, è di chi ha gestito la regia della serata. Chi ha colpe politiche è il dottor Antonio Di Sipio, che, benché alla sua terza candidatura, pure se con casacche diverse ogni volta, non ha detto un’acca. Eppure avrebbe dovuto dire cosa ha fatto in cinque anni da consigliere comunale. Ancora nulla. Sarà nulla per sempre, perché il tempo di dirlo è scaduto. Forse non ha detto nulla perché non ha fatto nulla. Niente male come slogan sul santino per ricandidarsi. Gianleo ha confermato il suo, per me inatteso, imbarazzo nel gestire un suo discorso, benché scritto. In tono minore, ha provato a chiarire qualcosa prevalentemente dovendo chiedere scusa, tentando di giustificare cose successe senza ovviamente riuscirci, ritornando sull’errore di attaccare la Pro Loco e poi, nulla: spento. È stata la volta di Dino, campione planetario di vittimismo politico-amministrativo. Ha provato a spiegare la vicenda degli assegni, dicendo che furono coperti da un bonifico mentre dal pubblico c’era chi gli urlava una banale verità poi evidenziata da Fabio Adezio, carte alla mano. Se quegli assegni fossero stati coperti sarebbero stati restituiti, invece sono ancora lì. Le due cose non vanno d’accordo. Dino ci ha provato, gli è andata male. Lui è rimasto sullo specchio ad arrampicarsi, gli assegni stanno in Comune, i soldi no. Alla fine del suo nulla-dire, penso volutamente nulla-dire, Dino, ancora una volta, dopo dieci anni, non ha risposto alla domanda delle domande “Chi e perché ha incendiato la macchina del Comune sotto il Municipio e chi è perché ha incendiato la sua macchina nel recinto di casa sua?”.
Il finale è stato ovviamente tutto di Federico Anzellotti, che, così come fece come Dino nel 2014 e come fece Carlo Biasone nel 2019, ha chiuso il suo comizio prendendosela con me, che, non sono candidato ma un semplice Cittadino. Non ha espresso solidarietà a chi ha subito violenza in piazza, cosa ricordata più volte poi da Fabio Adezio Anzi, prima ha messo in dubbio che io sia un giornalista, poi, evidentemente perché lo sono, ha minacciato di denunciarmi all’Ordine. Questa è la sua cifra morale in questa campagna elettorale: la denuncia, l’esposto, cioè la minaccia personale a chi non lo vota. Complimenti! Prima e dopo questa ed altre minacce più o meno velate, rivolte però al Sindaco, ha utilizzato tutto quel che il tempo gli consentiva di sparare raccattandolo da un repertorio alla Cetto La Qualunque: ha promesso cose irrealizzabili, come l’albergo diffuso, camionate di parchi giochi, milioni di euro l’anno da immaginari frotte di turisti, aperture di una quarantina di negozi, centinaia di alberi, chilometri di strade, fabbriche, filiere politiche, cultura, turismo, lavoro, soldi e tutto quanto è riuscito a mettere in vetrina per attirare clienti. Mancavano solo posti prenotati per viaggi sulla luna e crociere per famiglie. Neanche negli anni 70 e 80 si sparavano tante false promesse. E parla di futuro?! Però, c’è stato anche chi ha applaudito. O è andato a rimorchio della claque o davvero ci ha creduto.
“Alla fine ci sarà una sorpresa”, ha annunciato mentre il tempo galantuomo gli ricordava che era ora di chiudere il suo urlare scomposto e sempre più incomprensibile. Oh, la sorpresa, ci siamo detti, che sarà? Neanche il tempo di fare due o tre ipotesi a suo favore e…“Chiudiamo come abbiamo aperto la campagna elettorale con l’Inno d’Italia” ha detto Federico, immaginando che ci fosse una standing ovation. Idea non male, se poi viene ben realizzata. Oh, ‘na figuraccia! L’Inno di Mameli, si chiama “Il Canto degli Italiani” e andrebbe cantato. L’ambascitaore-su-per-monti-e-giù-per-valli-carabiniere-in-congedo ha presente cosa accade quando la Nazionale è schierata e parte l’Inno? Si canta. Invece loro lì, sul palco, a bocca chiusa, compreso il destrume ipernazionalista. Come se loro fossero le autorità in onore delle quali veniva suonato l’inno nazionale.
Bella figura!
Adeguatamente distante e distinto da quel palco, l’Inno, mano sul cuore, me lo sono cantato, stonando perché non sono intonato, ma l’ho cantato a pieno cuore, come sempre.
Federico Anzellotti, finito lo show, non ha potuto dividere la piazza ma ha provato a svuotarla, invitando tutti nel locale dei suoi Genitori a bere e mangiare gratis. Tentativo fallito. A guardare le presenze di chi stava in piazza quando ha iniziato Fabio Adezio, la cosa non gli è riuscita molto bene, tutt’altro.
Passato il quarto d’ora tecnico è stata la volta di “Miglianico Cambia”. Il candidato Sindaco, Fabio Adezio, ha presentato i candidati, illustrando i loro meriti e ringraziandoli per quel che loro gli hanno insegnato. Uno ad uno i candidati hanno espresso pensieri non parole, con un crescendo, non so quanto studiato, che è partito da una misurata Ester Volpe, poi una delicata Arianna, il genuino Roberto, l’inconfondibile Tommaso, un pimpante Antonio Palombaro, passando per una brillante Giovina che ha ricordato il Papà, Peppe Di Giovanni, poi i tre giovani fuoriclasse, Nicola, Alessio e Valentina, per arrivare ad uno spigliatissimo Mimmo Cicchitti e a un inossidabile e sempre frizzante Nando Pulcinella. Nando un po’ le ha giustamente suonate a Federico per alcune fesserie dette da lui nel comizio precedente, ma poco-poco, una pettinatina. Bravo Nando! Nel tempo rimasto, Fabio Adezio, ha risposto nettamente alle domande più insistenti degli avversari. Li ha ripetutamente bacchettati per il clima di cattiveria introdotto da loro in questa campagna elettorale culminato in due atti di violenza in piazza. Ha ripresentato i punti cardine dei successi conseguiti dalla sua maggioranza. Ha precisato anche qualcosa che tutti attendevano fosse detta in modo ufficiale su Gianleo, Dino e Federico. Poi ha riaffermato quello stile che “Miglianico Cambia” non intende cambiare: spiegare senza urlare, motivare gli elettori senza false promesse, ringraziare i tanti che hanno fatto tanto e garantire nuovo impegno e nuovi successi per Miglianico. Prima dell’appello finale, ha mostrato un video ritmato da immagini che hanno raccontato fatti, realizzazioni, momenti di comunità attiva, insomma, la vita di una Miglianico che è stata sempre viva. Poi, l’appello finale, senza strepiti e sceneggiate, concluso con i due mantra “Votate con gioia” e quel “Viva Miglianico” che è il miglior augurio per il futuro della nostra Comunità.
Valutazione volante. Premesso che la piazza, da tempo, non esprime anticipazioni certe sui numeri che poi escono dalle urne, va detto che chi c’era ha potuto constatare nei due comizi di ieri sera: la quantità dei presenti, frequenza e intensità degli applausi, l’entusiasmo e quel generale mostrarsi vicino ai candidati.
Dai pochi pareri che ho potuto raccogliere mentre rientravo, sembra che, ai punti, è andata meglio, molto meglio a “Miglianico Cambia”.
A vederli, Fabio e i suoi, apparivano sereni, sembravano soddisfatti e contenti.
I miei amici “veterani” lo erano un po’ meno: “ja dev’a dice pure quelle!”, “l’ha deva ‘ncalicà nu ccune di ccchiù” e cosi via tifando.
La parola passa alle Elettrici ed agli Elettori, i sicuri vincitori di ogni elezione.
Buon voto a tutte le Miglianichesi e a tutti i Miglianichesi, in particolare a chi vota per la prima volta: il futuro che andremo a scegliere appartiene proprio a loro.
(21 - continua)