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La letterina del sabato 28 ottobre 2023

Care Amiche e cari Amici,

il primo degli “Incontri in Comune” 2023/2024, organizzato dal Gruppo comunale per la promozione della cultura, svoltosi lunedì scorso, è andato decisamente bene. Bene per la presenza di pubblico, nonostante la ristrettezza dei tempi dedicati agli inviti e la cronicizzazione della patologia sociale più diffusa a che a Miglianico: la pigrizia civica. Benissimo è andata per la chiarezza espositiva, la capacità di illustrazione, la profondità dei temi affrontati dal professor Antonello Antonelli, che ha raccolto in poco più di un’ora ben quattromila anni di storia legata alla terra ed ai gruppi oggi protagonisti della grave crisi in Medio Oriente. Come ha ben sottolineato il nostro brillante relatore, i fatti della storia non autorizzano alcuno a prendere le difese di ciascuna delle parti in causa e la complessità del contesto geopolitico impone di non esser filo-questo o filo- quell’altro ma ricercatori di una pace possibile. 

 

Gli “Incontri in Comune” proseguiranno almeno fino agli inizi di febbraio 2024 o comunque fino all’avvio della campagna elettorale per le regionali, con una cadenza quindicinale e, ove possibile, calendarizzando qualche appuntamento anche in giorni diversi dal lunedì, così da togliere anche quest’alibi a chi va accampando scuse, concedendo per converso altro alibi ad altri a seconda del giorno prescelto: gli incontentabili tali sono. Tra gli “Incontri” in programma ce ne saranno almeno due, ma più probabilmente tre, per celebrare l’80° anniversario dello sfollamento che costrinse i Miglianichesi, come i Cittadini di altri Comuni interessati dal fronte, a lasciare le case ed ogni attività tra l’8 dicembre ed il Natale del 1943. È una pagina che merita un appropriato ricordo per almeno tre motivi: è stata la pagina più drammatica della nostra storia locale; è stata una vicenda per la quale Miglianico ha meritato il riconoscimento della Medaglia di bronzo al Valor Civile, concessa dal Presidente della Repubblica nel 2005; è stata una esperienza dolorosa e lacerante, che deve essere indimenticabile, deve cioè farci capire subito e con vera compassione umana quelli che in ogni parte del mondo attraversano una simile drammatica vicissitudine. Mia Nonna Assunta, a 20/30/40 anni di distanza dal suo sfollamento, quando vedeva scene di profughi nei telegiornali, piangeva ancora perché sentiva nella carne ancora vivo quello strazio e provava una spontanea ed immediata compassione per quella gente che pure lei non conosceva e della quale a volte ignorava anche i luoghi delle loro vicende.  

Aggiorno ancora una volta i miei eroici ventitré Lettori sulla lunga, complessa e sempre più appassionante attività che ci vede impegnati nella preparazione del libro sulla storia di Miglianico e delle sue feste tradizionali. Siamo alla fase finale della redazione, anche se manca ancora tanto sul piano documentale perché solo pochi hanno dimostrato amore per Miglianico e hanno fornito qualcosa, anche solo sul piano testimoniale. Bravi a loro, bravi. E grazie, sinceramente e cordialmente grazie. Gli altri forse ora non ci credono, cioè non credono al valore di questo lavoro o non credono a chi sta provando a compierlo o semplicemente non vogliono credere né all’opera né ai suoi tenaci autori. Oggi forse gongolano nel non dare una mano. Non so quale piacere vi sia in questo, ma va bene a loro, va bene così. Domani, cioè dopo che il volume sarà presentato e distribuito, si vedranno le lacune temporali nei documenti pubblicati. Allora il rischio, tutto positivo, sarà di dover rimetter mano al lavoro e fare una seconda edizione ampliata e rivista, casomai a cura di altri, più simpatici e coinvolgenti. Tra i pochi (oddio, non pochissimi) e bravi Concittadini che hanno raccolto il nostro appello c’è l’Amico Pierfilippo Di Tondo che, col corredo di alcune foto, ha annunciato l’invio di quel che riuscirà a rimettere in ordine tra le carte e i documenti che oggi possono raccontare la vicenda di “Young Promises”. Lui, con altri Concittadini giovani ma anche meno giovani, e, subito dopo, con il supporto, la consulenza e la presenza di autori, attori, sceneggiatori e operatori dello spettacolo a livello nazionale, ideò e riuscì a realizzare con inatteso e clamoroso successo quella meravigliosa iniziativa. Si trattò di una manifestazione culturale di straordinario livello che portò a Miglianico nomi di primo piano nel mondo cinematografico e, anche grazie a loro, portò Miglianico all’attenzione dei media non solo locali. Ricordo che, oltre a tutto questo e proprio sulla scorta di questa esperienza durata meno di un lustro agli inizi di questo millennio, si affacciò l’idea di costituire una “Film commission” regionale. A quel tempo probabilmente quasi nessuno ne sapeva niente. Quel che ora, faticosamente e a strattoni campanilistici, è diventata realtà, cioè sta prendendo avvio, fu evidenziata come necessità, come grande opportunità e come ambizioso ma importante traguardo proprio qui, nell’ambito dei discorsi e delle riunioni che contornarono l’impegno organizzativo e realizzativo di “Young Promises”, un evento che avrà certamente il suo fascicolo documentale nel libro.  

Restando al tema delle nostre feste locali, il pensiero va subito a domani, alla Festa della “Venuta di San Pantaleone” che, come quasi tutte le altre feste tradizionali di Miglianico, ha superato ogni sorta di difficoltà, compresa la pandemia, che non è stata poca cosa, ed è rimasta nella sua storica collocazione, nel suo caso quella dell’ultima domenica di ottobre. Con la Festa di San Rocco, la “Venuta” è stata quella che ha già subìto un deciso mutamento nell’assetto del suo svolgimento. L’una e l’altra festa, infatti, già da alcuni anni, non prevedono più uno spettacolo serale in piazza.

L’ultima conferma viene dal manifesto fatto affiggere a cura del “Comitato Feste 2023”, guidato da Olivia Sarra e dalle sue instancabili dirigenti e dai suoi ottimi dirigenti. Perché c’è stato questo cambiamento, che può sembrare una semplice riduzione delle spese e dell’impegno organizzativo? Vero, si incassano sempre meno denari dalla questua e anche dagli sponsor, indipendentemente dai Comitati o anche a dispetto dei Comitati, difficile dirlo. Ma se ci fossero tanti soldi in più, migliaia di euro in più da spendere sia per ala Festa di San Rocco sia per quella della “Venuta”, come pure c’erano anni fa - non tanti ma c’erano - sarebbe giusto e opportuno spendere 4/5/6 mila euro o anche solo mille o duemila euro per allietare una piazza che resterebbe semivuota sia che faccia fresco sia anche che la serata sia tiepida come si preannuncia quella di domani? E poi, a cosa si dovrebbe pensare per far riempire la piazza, visto che uno spettacolo musicale autunnale non riesce a farlo? La concorrenza che svuota la piazza nelle occasioni appena ricordate non è la festa del paese vicino, non è la vicina spiaggia in estate o la corsa alle svendite sotto Natale. Quel che svuota la piazza è, oltre alla mancanza di abitanti nel centro cittadino (che mancano progressivamente e inesorabilmente da molto anni, ndr.), sicuramente la concorrenza del calcio con i big match serali. Ma non solo. Più di tutte le cause, prima tra tutte le cause c’è la pigrizia sociale quel “Che vaj’a fa’? Mi stinghe a la case. So messe la note, so scìte stamatìne a lu mercàte; So jite a salutà lu Sante. La parta me le so fatte. Mo nen me tè voje di scì”. Ecco quel che domenica sera potremo sentire in ogni casa di Miglianico, se il volume della tv non è troppo alto. Questa è la formula malefica: “Nen mi te voje di scì”. La si può contrastare? Per ora solo con panche e tavolate da sagra: il mangiare sconfigge la svogliatezza e riempie le piazze. È questa la soluzione, aggiungere sagra a sagra? Panem sine circensem? È la sfida che attende ogni nuovo Comitato al quale, come a quello attuale, va detto sempre “Grazie”, “Grazie, “Grazie”.

Teniamoci strette le nostre Feste locali, sono parte della nostra storia, sono possibilità turistiche e quindi anche economiche per il futuro, sono appuntamenti civici da conservare a prescindere. Oltre tutto, il loro è un filo che abbiamo raccolto dai nostri genitori, i quali lo avevano a loro volta raccolto dai loro e così via risalendo nei decenni e nei secoli passati. Proviamo a mantenere questo filo teso, vivace, capace di trasmettere belle vibrazioni così da poterlo passare ai nostri Figli. Che potranno svolgerlo come riterranno meglio nel tempo loro affidato. Anche questo fa l’identità di un Popolo.

Del resto mantenere qualcosa, come insegna tutta la casistica turistica, folclorica e antropologica che conosciamo, è di fondamentale importanza. Facciamolo a livello locale dove, per ora, è più facile resistere alle imposizioni suadenti e perniciose della massificazione globalizzante. 

Hanno già cominciato a cancellare il Natale. E’ arrivata la prima proposta ufficiale dall’Istituto Universitario Europeo di Fiesole (Firenze). Non cancellano la parte commerciale e vacanziera, ci mancherebbe, cancellano la tradizione del Natale cristiano, l’unico che c’è. Se fosse stata una ricorrenza mussulmana probabilmente non avrebbero avuto alcun problema nel lasciarla, per paura della giusta e robusta reazione di chi nelle proprie feste, radicate storicamente in determinati luoghi della Terra, vede valori intangibili. Noi no, noi, qui in Italia dove è nato il presepe, ci togliamo il Natale per rispettare altri che, in verità manco lo hanno chiesto di cancellarlo. A Fiesole, chi vuole abolire il Natale si accinge a farlo per un presunto e pretestuoso rispetto verso “gli obblighi per l’uguaglianza etnica e razziale”, assunti come principio da quella istituzione che ha sede in Italia, in quelle colline toscane che, per altro verso, albergano sette sataniche, adoratori d’ogni sorta e sedi massoniche tutt’altro che commendevoli. In base a costoro il Natale dovrebbe chiamarsi “Festa d’Inverno”, commercialmente una fetecchia come effetto d’immagine, peggio ancora anche perché l’inverno tra poco dobbiamo andarcelo a comprare se lo vogliamo visti i cambiamenti del clima. 

Però se hanno scelto quel prestigioso istituto universitario come testa di ariete per abbattere il Natale vuol dire che fanno sul serio e, grazie anche alla nostra ignavia, ci riusciranno in breve tempo, prima di quanto possiamo temere. E imporranno la “Festa d’inverno”. Salvo poi, come accadde alle ferie estive in epoca romana, assumere il nome di moda o del capo di turno. Allora fu Augusto, quindi Ferie Auguste (da cui Ferragosto, ndr.). Ora chissà chi stanno pensando di imporci.

Noi facciamo bene nel proseguire con i festeggiamenti per San Pantaleone, che non è una stagione, è il nostro Amico celeste, l’Amico di tutti i Miglianichesi qui e nel mondo.   

Buona Domenica

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