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La letterina del sabato 22 giugno

Categoria: Notizie
Pubblicato Sabato, 22 Giugno 2019 08:55
Scritto da Maurizio
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Care Amiche e cari Amici,

è trascorsa la prima settimana di quiete dopo il trambusto delle elezioni comunali. 

Tra un po’ si potrà ragionare su quel che è stata la preparazione, su come si è vissuto lo svolgimento e su come si dovrà leggere il risultato. In tempi normali questo lo si sarebbe potuto fare prima. Ma l’elemento divisivo ricco di avversione introdotto violentemente dall’insieme-che-divide nella vita locale rende ancora gli animi di alcuni molto eccitati. Quelli che maggiormente hanno questa responsabilità, questa colpa divisiva, non stanno facendo molto per abbassare i toni. Questa frattura, questa divisione avversiva costruita e perseguita con tenace accanimento è un elemento inatteso. Lo si potrebbe definire nuovo invece è vecchissimo e per di più maneggiato senza la perizia di chi lo sapeva usare nel tempo passato. 

 

Occorre che le due parti protagoniste della sfida elettorale trovino tempo, serenità, consapevolezza e fredda ragione per analizzare la vicenda tutta intera e per decidere nuovi comportamenti. Lo deve fare l’insieme-che-divide che è messo davanti alla prova più difficile per l’orgoglio che ognuno di noi in diversa misura ha. Carlo Biasone, i suoi strateghi, i suoi sostenitori, i suoi tifosi e anche i candidati accuratamente scelti per la bisogna devono accettare una sconfitta che non era nelle loro attese fino al momento dello spoglio. Chi ha memoria delle cronache sportive sa cosa è il “Maracanazo”, quel che accadde al Brasile tutto intero, dai giocatori della nazionale fino all’ultimo dei brasiliani quando l’Uruguay vinse i mondiali organizzati proprio in Brasile, sconfiggendo i padroni di casa nella finale disputata nello stadio Maracanà, quando la festa era già pronta ed era tutta brasiliana. I giocatori della nazionale brasiliana avevano messo sotto la maglia ufficiale quella con la scritta “Brasil campeao 1950”. In Brasile furono decretati tre giorni di lutto nazionale. Un “Maracanazo” in sedicesimo è quello che è successo all’insieme-che-divide. E in fondo a loro è andata bene perché l’originale è stato scandito da decine di suicidi e morti per infarto. Loro invece si son mangiati pure la porchetta della vittoria, fredda di tristezza ma se la sono pappata.   

La politica è un’altra cosa. La vita della nostra Comunità è, ancor di più, altra cosa. Occorrono consapevolezza e quindi comportamenti degni del nostro vivere la Comunità. 

Non può certo star a guardare “Miglianico Cambia”. Fabio Adezio e i suoi devono riprendersi da una vittoria attesa ma arrivata in uno dei pochi modi imprevisti, a modo suo spiazzante. Deve rivedere certe gerarchie della comunicazione, riparare falle lasciate aperte con indifferenza come fossero salutari prese d’aria, deve continuare a produrre buona amministrazione cambiando se stessa restando ancorata a quella che è la coalizione dell’onestà, delle capacità e delle buone volontà.

A complicare le cose ci si metterà la politica, quella che sta sopra ai Comuni. Le scelte opportunistiche fatte da alcuni volpini e volponi dell’insieme-che-divide in occasione delle ultime Regionali e delle Europee hanno portato loro poca fortuna. Non è andata meglio al coraggio e alla spensieratezza di “Miglianico Cambia” che di calcoli politici pro domo sua non ne ha indovinato neppure uno se non quello del generoso sostegno alla candidatura dell’avv. Daniela Palladinetti alle Regionali, una scelta che è stata di genuino campanilismo, carica di valori e corazzata sul piano di ogni ritorno speculativo. Ma così “Miglianico Cambia” non può pensare di andare avanti. O resta solo lista civica purissima o, se decide di passare il Rubicone della politica politicante, deve riflettere molto e molto attentamente sui passi da compiere. Immaginare candidature alle prossime Regionali o alle Politiche oggi è una follia. Non c’è struttura di base, non ci sono relazioni territoriali, non c’è spazio. Creare queste cose è possibile ma occorre tempo e un impegno costante e intelligente.   

Nella politica seria, quella che da un po’ non si vede in giro per l’Italia, l’estate era la stagione delle grandi riflessioni, delle calibrature strategiche, della preparazione di piccole e grandi novità. Da noi a Miglianico, nel nostro piccolo-grande mondo è necessario che sia così. Ma, come si dice da queste parti “frije lu pesce e uàrd’a la hàtte”. Ci sono eventi piccoli e grandi che possono facilitare il ricollocamento delle persone, che possono consentire l’occupazione delle posizioni disponibili (strategia attuata puntigliosamente e senza alcuno scrupolo da certi soggetti di cui ho più volte narrato), spazi che possono attrarre quelli che sono a caccia di facili rivincite o di sparigliamento delle carte. In questa fase la garanzia per tutti è l’attenzione del Sindaco e il suo imporre senza sconti l’autorevolezza del ruolo che i Miglianichesi gli hanno affidato.

Ci sarà tempo per sviscerare meglio quel che vi ho appena accennato e che qualcuno troverà un po’ criptico, ma deve essere inevitabilmente così in questi giorni. 

Intanto già domani c’è un evento che ha due livelli di importanza: la festa del Corpus Domini. 

Prima di presentarli faccio una considerazione. La traggo da quanto ho ascoltato all’incontro dei giovani, tenuto allo Stadio Adriatico di Pescara, durante il Congresso Eucaristico Nazionale del 1977. La processione del Corpus Domini è la più importate tra tutte. Non portiamo in processione per le vie cittadine una statua che, per quanto cara ci sia, per quanta venerazione meriti, è sempre una statua. Per le vie della nostra Cittadina passa Gesù eucaristico, non un oggetto di culto ma il centro della nostra venerazione, una presenza viva e non simbolica. Ecco perché è bello e giusto vestire a festa le nostre case, sarebbe meglio fare ancora di più se possibile. Invece ci dedichiamo ad un affanno espositivo per la processione del Venerdì Santo che è momento penitenziale e non di festa. Arrivare alla processione del Corpus Domini trafelati, quasi scocciati, dai pranzi, fremere impazienti per un ricevimento serale, addirittura rimanere al mare o restare a casa a prepararsi per la serata è segno di una fede che non c’è, di una acconciatura che vestiamo in certi momenti ma che non è fede. È un brutto segno girarsi indifferenti quando si irradia la grazia di Dio, la forza che muove il mondo, l’energia di ogni speranza.            

Riprendo il filo del discorso. In occasione del Corpus Domini ci sarà infatti la seconda edizione dell’infiorata. Il primo livello di importanza è nell’evento stesso, un atto visivo e simbolico di adorazione a Cristo, il Dio fatto uomo che si è fatto cibo per la nostra salvezza. Il secondo livello di importanza è molto, molto più basso perché ci riporta ai temi politici locali, in particolare a quelli impregnati di voluta divisione già ricordati. Va vigilato questo aspetto, soprattutto nella fase della preparazione. Lo scorso anno, come i miei ventitré lettori ricorderanno, ci fu qualcuno che provo “a fare lo svelto come si usava dire quando era più giovane. Provò a mettersi in mostra generando l’erronea valutazione che un determinato gruppo fosse il solo protagonista di quella meravigliosa iniziativa. Chi? Loro, sempre loro. 

La polemica ci fu ma fu stoppata e poi soffocata facilmente. 

La lezione dovrebbe essere servita. 

Però, almeno in questi giorni e non solo per questa vicenda, conviene continuare a seguire l’antico adagio “frije lu pesce e uàrd’a la hàtte”.

        

Buona Domenica.