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La letterina del sabato 4 novembre

Categoria: Notizie
Pubblicato Sabato, 04 Novembre 2017 09:49
Scritto da Maurizio
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Care Amiche e cari Amici,

ci sono alcune cose, tra le altre, che non ho dimenticato. Le voglio ricordare avendo ora lo spazio libero dalla curiosità e dalla emergenza della cronaca locale.  

Non ho dimenticato di fare i complimenti al Comitato Feste 2017, alla sua Presidentessa, la signora Melita Tropea, ai suoi collaboratori, in particolare alle collaboratrici, per aver saputo organizzare le feste locali di quest’anno. La prima esperienza di una Donna alla guida del sodalizio civico che si occupa di organizzare le feste tradizionali di Miglianico e delle altre Donne che l’hanno aiutata nel direttivo e nel Comitato è stata non solo storica per questa bella e importante novità ma è stata decisamente positiva. Nel solco della tradizione si sono viste anche alcune novità. Ne sono mancate altre che forse era troppo prematuro introdurre. Sono particolari di una discussione che si potrà fare serenamente e costruttivamente nelle prossime settimane.

 

Torno a proporre, ancora una volta e con la testarda speranza che alla fine si possa fare, di dedicare una o più serate in questa stagione senza festività locali, che va da metà novembre all’inizio della primavera prossima, per riunire Pro Loco, Comitato Feste e le varie Associazioni che ogni anno organizzano qualcosa per discutere di quel che si può fare nell’anno che arriverà. Occorre parlarsi chiaramente e senza l’affanno degli impegni che incombono per capire come lo si possa fare bene, senza sovrapposizioni, senza concorrenza nella raccolta dei sostegni da parte degli sponsor, senza spreco di energie ma col solo fine di organizzare un calendario di eventi tutti belli, tutti partecipati e tutti sostenuti col massimo dell’impegno da parte della Cittadinanza attraverso le sue articolazioni sociali. 

Tocca all’Amministrazione comunale promuovere e organizzare questo appuntamento che è ormai non più utile ma indispensabile. In quella sede il Sindaco potrà anche trasferire operativamente la giusta attenzione che si sta riservando a livello intercomunale per non sovrapporre nelle stesse date eventi importanti organizzati nei vari centri del circondario. Non si può pensare che questo territorio potrà mai diventare competitivo a livello turistico se non si presenta al mondo universo con una sua unità sostanziale di proposta capace di attrarre curiosi e turisti da vicino e da lontano. 

Non ho dimenticato che a Miglianico è tornata la Musica. Sono iniziati i corsi ma non sono state ancora chiarite completamente le motivazioni della fuga dell’Accademia Tollese. Ma le novità su questo fronte non sono finite. Le prossime dovrebbero essere ancora positive, molto positive.    

Non ho dimenticato che Miglianico sta vivendo mesi di intensa attività sul piano delle opere pubbliche. Non li ho contati, ma credo che siano almeno una decina i cantieri attivi. Mentre attendiamo l’annunciata sorpresa da parte di chi ancora lavora per bloccare i lavori di riedificazione del Municipio ho potuto constatare che essi procedono e stanno per arrivare al punto nel quale chi proverà a bloccare quel cantiere sarà semplicemente colpevole di un delitto contro questa Comunità.

Noto con piacere - ma non vorrei sbagliarmi - che al coraggio dell’Amministrazione comunale di avviare i lavori di rifacimento dei marciapiedi in via San Giacomo non ha fatto seguito la paventata polemica sul taglio degli alberi che non solo hanno distrutto quel che c’era di marciapiede ma hanno da sempre ostruito il passaggio dei pedoni. I marciapiedi hanno una destinazione che sta tutta nel loro nome, non son fatti per ospitare alberi, paline, cartelli e altri ostacoli al passaggio dei Cittadini. Non mi meraviglierò se qualcuno ora comincerà ad agitare la polemica sciocca e demagogica del taglio degli alberi. Chi, per partito preso, non riesce a plaudire alle opere pubbliche fatte nel pubblico interesse qualcosa va sempre a scovare. 

La faccia tosta è ancora a buon mercato.       

Non ho dimenticato, infine, che oggi è il 4 novembre. È la festa delle Forze armate che, per una sorta di ossimoro, son definite Forze di Pace, come se le armi fossero fabbricate per far la pace e non per uccidere. Lo so, se mi avventurassi in questo discorso dovremmo andare lontano e dovremmo attraversare molti terreni non facili. Non è questa Letterina il luogo adatto a simili ragionamenti. Non c’è lo spazio, non c’è l’aiuto di chi può portare consiglio, c’è una complessità troppo grande da poter essere ridotta a poche righe. Non si può metter tutto in affermazioni o negazioni asciutte, se non rischiando l’inseguimento del facile slogan, delle frasi ad effetto che altro effetto non avrebbero che di agitare polemiche anch’esse facili. Così alla fine si rischierebbe di offendere non tanto le Forze armate ma i Caduti, gli Italiani morti vestendo la divisa. Che colpa hanno i morti di tutte le guerre volute da chi non ha pensato a loro, di chi li ha mandati a morire, di chi ha usato le lacrime delle loro mogli e dei loro figli per i propri discorsi e i propri fini!? I morti sono morti, meritano solo rispetto, senza distinzione di divisa, anche se i nostri per noi alla fine contano sempre un po’ di più. 

Il nostro 4 novembre, tanti anni fa, era la Festa della Vittoria, quella dell’Italia nella Prima Guerra mondiale, che poi ha generato la Seconda Guerra mondiale per festeggiare la quale abbiamo usato altri valori tutt’altro che trascurabili anche se, a volte, abusati da non pochi. 

Da bambino attendevo i questo giorno perché era vacanza, non andavamo a scuola, era Festa nazionale. Non avevamo chi ci portava in piazza a leggere “Si sta come d’autunno gli alberi le foglie” di Ungaretti ma nei giorni precedenti avevamo già studiato e recitato inni e poesie dal tono decisamente patriottico “quattro novembre, fuori la bandiera!Erano ancora vivi quelli che potevano raccontarla quella guerra del 15/18. Conservo due ricordi tra i tanti di quei giorni verdi. I racconti del Papà di Rocco Cipollone, Peppe detto “Lu Grille”, che mi incantava con le sue storie di guerra, descrivendomi gli assalti coi lanciafiamme, i cannoni, la battaglia del Piave. L’altro ricordo è quello della Cripta di San Pantaleone non ancora completata coi suoi mattoncini, una domenica mattina di quasi cinquant’anni fa. I banchi, quelli con le sedie ribaltabili da cinema, erano pieni di Concittadini in attesa di ricevere il titolo di “Cavaliere di Vittorio Veneto”. Erano i reduci di quella guerra, i vivi. Gli altri erano rimasti con il loro nome scritto in nero su una piastrina di alluminio sorretta da una tavoletta di legno tricolore inchiodata agli alberi fuori del cimitero, nel Parco della Rimembranza. Ora quegli alberi non ci sono più. C’è un monumento del bravissimo Benito D’Aversa che descrive benissimo cos’è alla fine un uomo in guerra, un soldato. Ai piedi di quell’opera c’è una lapide: fu fatta realizzare per il monumento che si trova in piazza davanti al quale ora c’è invece una piramide tronca che riporta nomi di Concittadini morti non solo in quella guerra.

Un profondo inchino a loro, onore al loro sacrificio, compassione per le lacrime dei loro cari. 

Non posso però non pensare alla stupidità della guerra, all’atrocità di tanti futuri interrotti, di tanti affetti straziati, di tanti soldi spesi per distruggere senza costruire altro che dolore. Anche solo una piccolissima parte di quei denari potrebbero far sorridere miliardi di donne e di uomini che non hanno cibo, cure, scuole e giorni tranquilli come ogni essere umano dovrebbe avere se non ci fosse la follia della guerra e la sua spietata ispiratrice: l’avidità della ricchezza.

Viva le nostre Forze armate, quelle armate di generosità nel soccorso alle terre devastate dal terremoto, quelle che nel mondo operano anche con grave rischio, per frapporsi tra contendenti in attesa di capire che c’è sempre un motivo di pacifica convivenza più valido di ogni pretesto per farsi la guerra.  

Non lo avremo mai, ma che bello sarebbe il nostro mondo senza la guerra.

Val la pena provarci, non più per noi ma per i nostri Figli.

Buona Domenica