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La letterina del sabato 26 marzo 2022

Care Amiche e cari Amici,

spuntano rose nel deserto. L’Amministrazione comunale, molto lodevolmente, ha realizzato nuovi tabelloni per le affissioni in sostituzione di quelli ormai più malandati per mancata manutenzione che vecchi per età. Certamente questi nuovi sono più belli, in stile con altri arredi urbani e con un richiamo cromatico e materiale alla facciata del Municipio ma anche ai portali della Chiesa madre. Non è poco. È molto se questo servirà a dare ordine alle affissioni con un bell’effetto estetico senza nulla compromettere nella efficacia della (residua) comunicazione cartacea a mezzo manifesti. È nulla se si considera il confronto con Borghi a noi anche vicini in linea di distanza, lontani sul livello della qualità esteriore delle vie e delle piazze. Raggiungere qualità estetica non richiederebbe né molto tempo né eccessive risorse.

 

È invece un altro paio di maniche il dover riempire di contenuti gli edifici del Borgo una volta che si siano stati eventualmente corredati da belle facciate. Lo spuntare di rose nel deserto non è una battuta né un lazzo polemico. Miglianico sta perdendo abitanti con una progressione lenta ma costante. Questo calo è solo parzialmente dovuto al gap tra nati e morti. Sono anche i trasferimenti in altri comuni che stanno facendo diminuire il numero dei residenti. È vero, a inizio secolo, cioè nel 2001, eravamo circa 4.500, oggi siamo intorno a 4.600 (4.640 dato ISTAT al 31 dicembre 2021, ndr.), avendo però sfiorato i 5.000 abitanti nel 2012. Da allora, sono dieci anni che scendiamo. Non siamo certo in fase di spopolamento. Ma la desertificazione del centro abitato comincia ad essere sotto gli occhi anche dei più distratti. Questo comporta sofferenza, poi fuga, mai o quasi mai ritorno o novità di attività commerciali. Il resto viene da solo. Ci sarebbe tempo per parlarne. Forse non c’è la voglia di farlo. L’amministrazione comunale continua a progettare e realizzare. Ma non annuncia incontri pubblici. La boa di metà mandato è stata doppiata da tempo. Nessun consuntivo. Le prossime elezioni sono più vicine di quelle passate, tra poco bisognerà parlare di programmi. La minoranza, o quel che ne resta, ha scelto di morire per l’autovelox, che è tutto, meno che un elemento vitale, strategico, importante. Insomma, dialogo, confronto, nuove idee, anche polemiche positive per ora sono assenti, assenti ingiustificati. 

Il Borgo dunque sarà di certo più bello. Sarà probabilmente sempre più vuoto.

Con una guerra in corso molto vicino a noi, sempre più vicina a noi, l’Italiano medio fa finta di niente e ha avuto ovviamente più angosciosa attenzione per l’eliminazione dell’Italia calcistica dal mondiale che per tragedie e crescenti problemi economici.  Molti si sono dedicati alla salute di Fedez. A lui, uomo, marito, Papà, fratello in Cristo, va tutta la solidarietà del caso. Un po’ mi rattrista che nessuno, per quel che ho letto e ascoltato, ha notato alcuni particolari. Il personaggio scopre la malattia, che è una gran brutta bestia, e subito si aprono porte di grandi cliniche e arriva immediatamente l’intervento chirurgico probabilmente capace di salvargli la vita. È un sollievo. È una bella, bellissima notizia. Penso però a quanti aspettano di avere la chiamata per l’intervento, a quanti non possono fare così tempestivamente gli “accertamenti del caso”, a quanti, non genericamente, ma qui in Italia, anche a Miglianico, non hanno soldi e notorietà per arrivare subito alla salvezza di una prestigiosa sala operatoria. Anche loro sono uomini o Donne, mariti o mogli, Papà o Mamme, fratelli e sorelle in Cristo. Sono Amici e Amiche che sento più vicini perché abitano vicino, vivono con noi. È sempre la stessa storia? Il personaggio famoso fa notizia e il mio Amico, che è un semplice Cittadino, no? Sarà. Ma la malattia è la stessa. La sofferenza pure. L’angoscia dei propri cari, quella forse no. In certi casi, se fosse possibile misurarla, è più grande perché è impotente, paralizzata nell’attesa, rallentata da difficoltà ora aggravate anche dal prolungarsi della pandemia.

Cari i miei ventitré Lettori, torno alla nostra Miglianico. Penso sia bello condividere un momento di grande gioia, di vivissima ammirazione, di spassionata simpatia per la nostra Lady Chef, Antonina Di Giacomo, per tutta la sua Famiglia e per i loro preziosi Collaboratori. Domani “Il Casolare”, ristorante storico di Miglianico, festeggia i suoi primi 40 anni di attività. Ha infatti aperto le sue porte per la prima volta il 27 marzo del 1982. Quella del “Casolare” è una storia esemplare, partita come una difficile scommessa vinta grazie alla passione, alla tenacia, alla umiltà, alla dedizione e alla capacità di migliorarsi e crescere continuamente di una intera Famiglia, a cominciare dal compianto Domenico Cicchitti, il suo capostipite accompagnato e seguito subito dopo dall’Amico Tiziano. Ora è una storia di successo al femminile, di impresa familiare a guida rosa, grazie al rilancio straordinario dato dalla Lady Chef Antonina a questa realtà. È una storia di un successo meritato che onora tutta la nostra Comunità locale che al “Casolare” ha sempre trovato non solo qualità e onestà ma anche una grande, continua, generosa disponibilità per tutte le cose fatte a Miglianico.

Nella nostra piccola storia locale “Il Casolare” ha un suo posto anche per esser stato luogo di incontri, congressi, riunioni che hanno segnato la vita di Miglianico e dell’intero territorio. Ricordo che, tra i tanti appuntamenti politici e associativi, due sono stati in particolare quelli che hanno contribuito a cambiare la storia politica locale. Il primo risale all’autunno del 1984, il 14 novembre, quando proprio lì si tennero le Primarie organizzate dalla Sezione “Alcide De Gasperi” della Democrazia Cristiana. Fu quello l’atto di nascita ufficiale di una generazione di amministratori e politici locali che ha avuto il suo massimo esponente in Mario Amicone. Quasi 30 anni più tardi, il 22 ottobre 2013, quello che allora era “il gruppo di volenterosi” destinato a chiamarsi qualche settimana dopo “Miglianico Cambia” riunì tuti quelli che volevano il cambiamento e il superamento della disastrosa fase amministrativa a marchio “Progetto Miglianico”. Lo fece per chiedere un passo indietro a molti vecchi protagonisti della vita politica locale e quel via libera fatto di fiducia verso una nuova generazione di amministratori che, sostanzialmente, nacque proprio lì, al “Casolare”.  

Antonina, pardon, la Lady Chef Antonina Di Giacomo ormai porta in alto il suo nome e, col suo, il nome del ristorante “Il Casolare” e quindi anche di Miglianico, ovunque vada, ovunque la chiamino per le doti dimostrate sul campo, ogni giorno da non pochi anni. La grande qualità della sua cucina che privilegia prodotti locali, la cortesia dell’accoglienza, la serietà professionale, la costante disponibilità verso una clientela sempre più vasta ed entusiasta hanno meritatamente portato “Il Casolare” a livelli davvero prestigiosi. 

Quelle della Lady Chef Antonina, quelle della sua Famiglia, in particolare dei suoi Figlioli e dei suoi Collaboratori, sono doti e meriti che non hanno avuto rallentamenti o battute d’arresto neppure difronte a grandi difficoltà. Sono pagine di storia viva, di imprenditorialità vincente, di personalità meravigliose, di traguardi sempre raggiunti e tagliati col sorriso della cordialità. Sono elementi e appigli che fanno ben sperare per il futuro della nostra Miglianico e non solo. 

Prima di chiudere devo condividere con voi un ricordo sentito e carico di dolore per la perdita di una Amico. Pantaleone Rosa si è arreso al male che lo aveva spietatamente aggredito da non poco tempo. È stato un uomo buono, davvero. Non lo ricordo adirato. Anche nelle rare occasioni in cui l’ho visto contrariato - arrabbiato direi di no - la sua voce tenue, quei suoi modi mai scortesi, quel suo stile innato riuscivano a celare quello stato d’animo sempre rapido nel passare. È stato compagno di sereni e gioiosi pomeriggi al campo sportivo. Il lunedì era il giorno senza calcio ufficiale e senza allenamenti delle squadre locali. Giorno di chiusura dei barbieri e del suo bar era il momento nel quale riuscivamo a metter su una partitella senza pretese, senza divise, senza segnare vincitori e sconfitti, ma piene di spensierata allegria. Da quei lunedì al campo sportivo nacque il “Miglianico Centro” che lo vide ala destra titolare. Più che una squadra di calcio era un gruppo di amici in pantaloncini e maglietta che partecipò al Torneo Cittadino di Calcio e, incredibilmente per i più, lo vinse. Pantaleone Rosa divenne senza volerlo un personaggio mitico quando in quel periodo, qualche decennio fa, gestì il suo bar che si trovava in via Roma, esattamente dove oggi c’è il salone di Ughetto, per trasferirsi poi al piano di sotto prima di chiudere i battenti definitivamente. Erano i tempi delle serate segnate da “Happy Days”. Quel bar divenne per noi “Arnold’s” e Arnold si appiccicò a lui come affettuoso nomignolo. Come il simpatico e pacioso personaggio di quella serie americana, Leo sapeva essere, allo stesso tempo, dolce protagonista e vittima paziente del micro-mondo che è un bar di paese. Grazie a lui quelli sono stati giorni pieni di allegria. Lo voglio ricordare così il mio Amico Pantaleone, il nostro specialissimo Arnold: un uomo straordinariamente buono, un punto di riferimento, di indimenticabile attrazione della spensieratezza e dell’allegria della nostra gioventù.  

Buona Domenica.    

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