Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

La letterina del sabato 4 dicembre 2021

Categoria: Notizie
Pubblicato Sabato, 04 Dicembre 2021 12:57
Scritto da Maurizio
Visite: 408

Care Amiche cari Amici,

si è discusso e anche polemizzato (poco) sulle indicazioni cosiddette inclusive che l’Europa stava o ha diramato in merito alla scelta di termini e circonlocuzioni da usare per non offendere questo o quello, i quali comunque non hanno chiesto nulla del genere. Sconsigliare di far riferimento al Natale, non scegliere il nome di Maria, addirittura dire che il fuoco non è un delle prime fondamentali scoperte dell’uomo ma “dell’umanità” sono cose che hanno fatto discutere, appunto. Non entro nel merito perché sarebbe lungo e complesso affrontare questo tema. Va però ricordato un fatto. Il Papa, allora Giovanni Paolo II, suggerì di ancorare l’Europa alle comuni radici cristiane. Basti solo il riferimento a San Benedetto al quale l’Europa e l’intero mondo occidentale devono molto per la conservazione e la tradizione culturale, per la gestione del territorio, per l’agricoltura, per il diritto e perfino per la dieta mediterranea. Ovviamente il Papa aveva ragione. Non fu ascoltato.

 

Pseudo-intellettuali, lobby di ogni risma (in senso negativo) e commentatori, scelti soggetti che si ammantano di dotta esperienza ma che in realtà mettono la loro faccia tosta e le parole che hanno nel caricatore in vendita al miglior offerente, ebbero la meglio. L’Europa non ha messo a fondamento del suo essere le “comuni radici cristiane”, che invece sono quelle che più di altre possono indicare valori di riferimento a chi vuole essere Cittadino europeo, soprattutto a chi è chiamato a prendere decisioni a livello comunitario. I risultati sono anche questi, purtroppo non solo questi. È uno scenario penoso quello che abbiamo davanti. È ancor più penoso pensare di poter eliminare Cristo dalla storia del mondo, dalla storia dell’umanità. E di farlo a colpi di decreti e direttive sul lessico da usare. Nei secoli passati ci han provato molto più violentemente in molti, ottenendo anche risultati che sembravano definitivi. Non ultimo ci ha provato Napoleone. E poi anche i sabaudi, appoggiati dalla massoneria inglese nella depredazione del meridione a vantaggio del nord. Come Napoleone hanno confiscato chiese e conventi, hanno rubato opere d’arte e patrimoni. 

Loro sono passati, sono polvere. 

Cristo regna. Regna nel cuore dei deboli, nella semplicità dei poveri, nella speranza degli afflitti, nella sconfitta della morte, nella certezza della vita eterna.

A chi vuole cancellare il Natale, il nome di Maria e tutto quel che fa riferimento non solo alla storia del cristianesimo ma alla storia stessa dell’Europa (e non solo) non vanno rivolte proteste, non vanno minacciate barricate e null’altro. A loro va indirizzato coralmente il “pernacchio” che il grande Eduardo De Filippo ha introdotto, illustrato e dimostrato nel Film “L’Oro di Napoli”. Certa gente, massoncelli e lobbisti strapagati per inventarsi regole cervellotiche come quelle dei nomi inclusivi, va demolita con una risata, va seppellita con il ridicolo.

Del resto non c’è da meravigliarsi del danno che stanno facendo, e non da oggi, perché a tutto questo fino ad ora abbiamo assistito con quel rispetto umano che don Vincenzo ci rimproverava di usare troppo al posto dell’affermazione del nostro credere.

Ai miei ventitré eroici Lettori voglio raccontare un fatto apparentemente banale ma non senza significato. E chi pensa che non meriti un po’ di riflessione non merita nessuna stima. 

La mattina del 31 ottobre scorso, Festa della Venuta di San Pantaleone, ho girato con scrupolo per il mercato nel tentativo di acquistare un crocifisso, si, proprio così, un crocifisso. Sapendo che da anni non c’è più la “Sala dei Ricordini” in Chiesa e che anche la nostra vulcanica e tenace Olivia ha dovuto arrendersi a questo stato di fatto, ho pensato che in un giorno di festa dedicata ad un Santo (e che Santo!) avrei trovato comunque un crocifisso, semplice come quello che cercavo. Non ho trovato il crocifisso nelle bancarelle degli ambulanti né in un paio dei nostri negozi. Non ho trovato coroncine del rosario, statuine della Madonna o dell’onnipresente Padre Pio. Nulla. Mi sono domandato se quella era una festa dedicata ad un Santo. Mi chiedo se sia proprio esattamente adeguato organizzare feste e fiere mettendo sul manifesto il nome del Santo, citando l’orario di qualche messa e poi fare una normale fiera con o senza sagra a corredo. Non è che suggerendo alle bancarelle di vendere rosari e statuine di santi le cose posano cambiare. Casomai dovremmo esser noi a cambiare. Questa è la riflessione da fare. Un riflessione che può concludersi anche con la decisione che va bene così, che si continui a usare il nome di un Santo della Chiesa di Cristo e che non si possa trovare neppure un crocifisso, il simbolo di Cristo, quando si fa una di queste feste.

Allora la risata che oggi dobbiamo rivolgere a quei soggetti citati prima, loro la ritorceranno contro di noi e saremo noi ad essere seppelliti dal ridicolo. Non perché non abbiamo crocifissi nelle bancarelle, sia chiaro, ma perché non sappiamo a cosa credere e se diciamo di credere solo per spirito polemico o per sembrare migliori di altri siamo miseramente ipocriti. 

In attesa di ciò che succederà, in un senso o nell’altro, ho potuto vivere un momento di grandi e contrastanti emozioni. È stato lunedì scorso, in occasione del funerale della bellissima e simpaticissima zia Rosemary, moglie dell’indimenticabile zio Romano. Alla mestizia ed al dolore per la scomparsa della persona cara, infatti, si è affiancata e sovrapposta a tratti la bellezza composta eppur gioiosa delle consorelle di Suor Maria di Gesù (al secolo la cugina carissima Camencita) che hanno animato il rito funebre. Vedere il loro muoversi in Chiesa nella preparazione del rito, sentire quei canti, contemplare quello spettacolo misto di fede e di umana solidarietà per la consorella che aveva perso la Mamma, mi ha riportato all’infanzia, alla Messa del Fanciullo, con le suore che ci stavano vicine nei banchi davanti, che ci hanno insegnato a far il segno della croce, a dire le preghiere, a mandare a memoria l’Atto di dolore, a cantare “Tu sole vivo”, “Al tuo santo altar”. La mia Soranna Domitilla, la Soranna Raffaella che tutti hanno amato, tutte le altre suore Figlie di Sant’Anna che ci hanno accolto all’asilo e al catechismo le ho riviste per un giorno con la luce del cuore. E le ho rimpiante.

Buona Domenica.