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La letterina del sabato 31 luglio 2021

Care Amiche e cari Amici,

fantasmagoricamente, con un bellissimo spettacolo pirotecnico a ritmo di musica, si sono concluse le Feste Patronali. La meraviglia dei fuochi, che hanno illuminato gli occhi di tanti e colorato il cielo sopra la bella piazza di Miglianico, è stata la perfetta chiusura di un piccolo-grande miracolo compiuto dal nostro Comitato Feste guidato dal bravissimo Giuseppe Volpe e dai suoi stretti collaboratori. Quando si sono assunti questo incarico la sfida che avevano davanti era davvero ardua. E tale si è rivelata alla prova dei fatti, con l’aggravante, inattesa, almeno per loro, del comportamento omissivo, ostativo e denigratorio di certi Concittadini dei quali vi ho già detto e che non meritano nulla. 

Ora va aggiunta vergogna a vergogna sulle loro inutili teste perché, a loro dispetto, tutto è andato benissimo.

Il Comitato ha fatto tutto in modo eccellente, supportato dalla nostra insuperabile Pro Loco e assistito dalla nostra efficiente Protezione Civile. Alle difficoltà organizzative di sempre si sono aggiunte quelle del distanziamento e anche le altre legate alle novità innestate sulla nostra tradizione. Ora è tempo di applaudire il Comitato e di dire grazie a ciascuno dei suoi componenti, a partire dai singoli questuanti fino all’impeccabile Presidente, che ha confermato quanto avevo potuto tranquillamente anticipare presentandolo ai miei ventitré Lettori. Giuseppe Volpe, oltre alla grandissima buona volontà, oltre alla grande capacità organizzativa, oltre ad una considerevole dose di pazienza, oltre a tutti i meriti che ha dimostrato, ha qualcosa nel suo DNA. Ha quella passione che suo Nonno, Giuseppe Volpe, detto “Volpette” e lo zio Mimino, cioè Casimiro Volpe, avevano in abbondanza. Si tratta di un vero genio di famiglia che per nostra fortuna hanno anche altri nostri bravi Concittadini. 

Eppure le Feste non erano cominciate proprio benissimo. La piazza e le vie d’intorno, la sera del 25 luglio, era stata invasa da un insopportabile fetore che, da molti mesi presente sul versante sud-orientale dei nostri colli, da Montupoli e Colmarino, era arrivato fino in centro proprio all’apertura delle Feste Patronali. È un fenomeno per niente misterioso se non nella inammissibile volontà di risolverlo. Il che autorizza, purtroppo, ogni malignità e qualunque commento in libertà. È un fenomeno che può uccidere sul nascere o durante il suo svolgimento ogni buona manifestazione. È un fenomeno che sta giustamente esasperando non pochi Concittadini.

Tra le piccole cose che si son presentate non a posto in queste bellissime Feste Patronali eccezionalmente riuscite ci sono due accidenti. Uno è il mucchietto di cubetti di porfido che non hanno voglia di tornare al posto di quella macchia di cemento, cicatrice di un intervento dell’ACA ormai datato. L’altro è la posizione di una delle bellissime panchine collocate nella piazza antistante il Municipio. Si tratta di arredi molto belli, ben illuminati, stilisticamente in armonia con l’ideazione dello spazio urbano, egregiamente realizzate dalla ditta Paolucci, storica Azienda locale, dotati di connessione anche per la ricarica degli smartphone, ammesso che i soliti cretini lascino sopravvivere quelle prese. Detto questo, detto tutto il bene del mondo, confermo che, senza alcuna stupida nostalgia, preferisco una piazza senza monumento e con un richiamo alla sua migliore sistemazione, cioè quella con alberi e panchine allineati sui lati. E vengo alla panchina fuori posto. Si tratta di quella che di fatto ostacola la fruizione della parte di piazza più vicina al Municipio. Indubbiamente deve esserci una motivazione architettonica, forse anche una legata a chissà quale simbologia o ci deve essere un tocco artistico alla base di quella collocazione che è però difficile da condividere se si guarda ad almeno altrettanti aspetti pratici. Faccio salvi tutti i motivi legati alla democrazia rappresentativa e alla volontà di non voler nemmeno  rispettosamente computare, se non accogliere, le segnalazioni che i singoli Cittadini, anche i più cretini come me, vanno facendo. In assenza di una motivazione, che invece va data per rispetto ad ogni singolo Cittadino, confermo che si tratta di una collocazione cervellotica, esteticamente discutibile, praticamente portatrice di ostacoli sul piano del cerimoniale, sul quale un millesimo di competenza posso vantarla, forse (ma va approfondito questo aspetto) vicino ai limiti delle norme di sicurezza. Queste legittime e sincere perplessità vengono liquidate come “inutile perdita di tempo”. La democrazia è l’esatto contrario: è tempo dedicato all’ascolto e al confronto sia quando si è fortemente convinti delle proprie posizioni e proprio per questo le si mette alla prova del confronto sia quando, come sempre deve essere si usa il metodo del dubbio perché nessuno possiede verità assolute in molti settori figuriamoci in questi. Ma va bene lo stesso. Vuol dire che questo intervento di arredo urbano porterà con sé il tanto di buono che ha e quell’appiglio che consentirà a chi verrà dopo di mettere nuovamente mano a questa porzione di terreno comunale già oggetto di continue invenzioni e realizzazioni negli ultimi decenni. 

Tra le cose che invece si son presentate come straordinariamente positive c’è stato l’addobbo dei balconi da parte delle nostre mitiche “Uncinettine con gli stendardi raffiguranti San Pantaleone. Hanno mostrato una bellezza oggettiva (che sia poi apprezzata da tutti importa poco o niente, ndr.) tant’è che non pochi hanno chiesto se e dove potevano essere acquistati. Quegli stendardi parlano di una passione straordinaria, di un grande amore per Miglianico, di una genuina devozione verso il nostro Santo Protettore. Ma raccontano anche la encomiabile capacità del fare e la generosità del proprio tempo donato alla nostra Comunità di chi li ha ideasti e realizzati. Olivia, Ivana (una e due), Lidia e le altre artiste già famose come “Uncinettine”, mi hanno raccontato questa loro avventura e mi hanno anche anticipato che il prossimo anno di stendardi ce ne saranno molti di più, sperando che ogni balcone sia altrettanto generoso e pronto nell’accoglierli.         

Prima di una riflessione fatta in occasione delle nostre Feste Patronali e che voglio condividere con i miei ventitré Lettori, mi permetto di offrire un piccolo contributo di idee al nostro valoroso Comitato Feste. La Festa di San Giacomo non è nella tradizione. Alcune volte, è stato un appuntamento minore aggiunto al programma quando il 25 luglio cadeva di domenica (come quest’anno, ndr.). Mai lo è stato come evento satellite da collocare in un’area diversa da quella che è la piazza della nostra Cittadina. Certo una tradizione diventa tale perché nasce e viene coltivata nel tempo, per un certo tempo. Ma bisogna essere onestamente consapevoli che essa, in questo caso, fonda sul niente e anche se a qualcosa ci si volesse aggrappare sarebbe estremamente difficile giustificare la delocalizzazione della festa. Tra l’altro questo costituirebbe/costituirà un precedente, un appiglio per generare richieste pretestuose se non polemiche che porterebbero a una confusione capace solo di demotivare le persone di buona volontà.  

Ed eccomi alla piccola riflessione che voglio condividere con i miei ventitré Lettori. La sera del 27 luglio sono andate in scena due rappresentazioni non prive di significato. La prima è relativa al ridicolo. Ci sono state infatti delle persone che hanno evitato il controllo della Protezione Civile all’accesso dell’area riservata alla santa Messa in piazza e, strusciando come topi lungo il muro di Palazzo Mariani, ovviamente senza mascherina e senza aver avuto il previsto accertamento della temperatura corporea, hanno scavalcato la più che simbolica delimitazione fatta con il nastro bianco e rosso e si sono andate a sistemare su sedie evidentemente non destinate a loro. Non hanno buggerato la Protezione Civile. Hanno fatto i furbetti a danno di tutti gli altri che, educatamente e correttamente, han fatto la fila per accedere ai posti già prenotati dopo esser stati controllati. 

La seconda riflessione è invece molto più importante. Riguarda la considerazione della quale non San Pantaleone, ma direi la Chiesa sembra godere oggi a Miglianico, che poi è un pezzetto, seppur meraviglioso di questo nostro mondo. Ebbene per iniziare la sacra funzione, si badi bene, in onore del “festeggiato”, si è dovuto attendere che il gruppo musicale in programma per la serata terminasse con tutta calma le sue prove. Poi abbiamo verificato che una geniale manina aveva nel frattempo abbassato il volume degli altoparlanti che diffondevano la celebrazione sicché la piazza si è messa subito comoda a occupare i tavoli di due bar su tre (sic!) e ha aggiunto risate, ordinazioni, qualche bestemmia e non poco vociare scomposto al non ascolto della celebrazione religiosa. Ho pensato per un attimo alla Chiesa del Silenzio, ma ovviamente non era quello il caso, almeno non ancora. Ma è un segno di questo tempo. Ed è un invito a ripensare qualcosa nella stessa calibratura dei momenti di un programma che scorre sotto un titolo, “Festa in onore di San Pantaleone”, titolo che deve avere un suo pieno significato e la sua decisiva importanza. Occorre anche tener fede ad una puntualità rispetto al programma che, soprattutto in certi frangenti, non può esser trascurata cosa che è accaduta non solo per l’ossequio che il Santo ha dovuto fare ai tecnici del suono indifferenti ai tempi loro imposti. Così è accaduto che la venerata statua del nostro Santo Patrono, già molto prima della conclusione del sacro rito, è scomparsa nel progressivo oscurarsi della luce al tramonto del sole. Ed è ripartita praticamente dal buio della sua collocazione. Se il Comitato avesse potuto immaginare questa concatenazione di ritardi, avrebbe certissimamente illuminato a dovere la piazzetta antistante il Municipio, in particolare il posto destinato alla statua, così come tante cose ha fatto molto egregiamente con sensibilità e attenzione.

Voglio lasciarvi con un riferimento alla giornata di ieri, venerdì 30 luglio. È stata anche quest’anno la “Giornata mondiale dell’Amicizia”. A partire da San Pantaleone, il più grande Amico dei Miglianichesi, è bello ricordare ancora oggi e ogni giorno della nostra vita, con affetto sincero e con grande gioia, le Amiche e gli Amici a noi cari. I volti, le voci e tanti bellissimi ricordi delle mie Amiche e dei miei Amici, anche di quelli che non ci sono più, li ho sempre ben presenti, sono per me una compagnia meravigliosa. Oggi ne scelgo uno, tra i miei Amici, per un saluto speciale, non perché sia più importante degli altri né perché possa più di altri simboleggiare la generosità, la sensibilità, la capacità di ascolto e l’affetto che ogni Amico mi dimostra sempre. Questo Amico è Massimo Sulpizio. Lo cito perché è un grande Amico che oggi compie gli anni e voglio fargli anche da qui i miei affettuosi e gioiosi auguri di buon compleanno. Lui sa dar valore, come pochi di noi, ad ogni anno in più. Lo sa ricevere come dono e lo sa spendere come dono per gli altri.

Buona Domenica.              

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