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La Letterina del sabato 20 marzo 2021 / La Littirine de lu sabbete 20 di marze 2021

Care Amiche e cari Amici,

al termine della Letterina di sabato scorso vi avevo promesso di ricordare l’Amico Paolo Ciammaichella anche attraverso la vicenda del “Centro di Ricerche Viticole ed Enologiche in Abruzzo” (CRIVEA), che risale a qualche anno fa. Voglio mantenere la promessa ma non voglio raccontarvi oggi quel che ricordo di una vicenda così importante senza arrivarci correttamente e senza poter poi concludere compiutamente.

 

Sicché parto e, per ora, mi fermo al problema, anzi al motivo che fu alla base di questa avventura. Senza azzardo posso affermare che è il punto nel quale il cerchio si chiude, poiché il motivo che ha generato ogni iniziativa del genere è stato lo stesso che ne ha impedito ogni sua possibile realizzazione, fatte ovviamente le dovute eccezioni e segnalati i vari distinguo, dato che ogni evento umano è una storia a sé, mai uguale ad ogni altra. Fu dunque lo stesso motivo che fece sorgere altre ipotesi, altre idee, altri progetti riguardanti la nostra Miglianico. Quale fu questo motivo? In ognuna delle vicende che proverò a raccontarvi il punto di partenza, motivo forse primo e ultimo di tutto, fu utilizzare in un qualche modo Palazzo Masci, il cosiddetto “Castello”. In realtà dovrei dire acquistare il Castello, perché di questo si trattò. E, come ancora oggi accade quando si parla, anzi si favoleggia del “Castello”, si tratta di partire dall’acquisto di quell’edificio, grande, complesso, particolarissimo. Una mole che segna da sempre il nostro centro storico. Ma che da non pochi anni lo occupa semplicemente con la sua inerzia, senza assurgere a creatura dormiente di una bella fiaba.    

Andrei troppo per le lunghe ora se dovessi inanellare tutte le vicende che dalla sua riedificazione ad oggi hanno riguardato Palazzo Masci e i progetti che gli son girati attorno. Allora salto e giungo a quella che è una delle vere motivazioni che lasciano quel manufatto ormai svuotato di vita. Qualunque cosa se ne voglia fare occorre acquistarlo. I suoi proprietari, fino ad oggi, non hanno fatto mai trapelare intenzioni sul suo diretto riutilizzo ma neanche sulla sua possibile cessione in locazione. Quindi diciamo semplicemente che chiunque, ente pubblico, società o persona privata, per poterlo utilizzare deve necessariamente acquistarlo. Il che è giustissimo. Messo in vendita a suo tempo a una cifra tra i 4 e i 6 milioni di euro, già da qualche anno e ora, forse anche a causa, o meglio, grazie alla riedificazione del Municipio, il suo prezzo è sceso a circa 1,5 milioni di euro. Trattandosi di 3.000 mq di edificio alquanto prestigioso dovrebbe trattarsi di circa 500 € a metro quadro. Poco, tanto? Non so. So che però occorreranno non pochi denari, almeno altrettanti, per poterci entrare e vivere. No, il problema non sono le tapparelle o le manutenzioni che si immaginano guardandone l’esterno. Si tratta di impianti di acqua, luce e riscaldamento che vanno rifatti per tutti i 3.000 metri quadrati di abitazione. Nessun privato, fino ad oggi, ha acquistato quel palazzo. Evidentemente domanda e offerta non si sono ancora incontrate. E allora si pensa al Comune. Ora il Sindaco dovrebbe trovare un finanziamento di almeno 4 milioni di euro, per acquisto e prima sistemazione, accompagnato da un progetto che garantisca la costosa gestione e l’altrettanto costosa manutenzione di un tale edificio. Il Comune di Miglianico, per altro già ricco di immobili come pochi altri, dovrebbe non tanto accendere un maxi-mutuo, ammesso che abbia cespiti adeguati (tasse, entrate da parte dei Cittadini, ndr.) ma inventarsi cosa fare di tanto spazio difficilmente utilizzabile per scuole, uffici, attività sociali o associazionismo locale. Allora, i sognatori e gli speculatori politici locali pensano a progetti finanziati da altri enti pubblici. Ecco, torniamo all’inizio di questa storia. Ogni volta c’è qualcuno a cui bisogna chiedere soldi. Prima ed anche ora c’era la Regione che poteva e può portare finanziamenti statali (prima) e/o europei (prima e ancor di più oggi). Così si sono tentati progetti che hanno riempito tutti di speranze ma che non son stati realizzati. Di alcuni di essi molti di voi non sanno neppure l’esistenza. Ve li racconterò, per quel che ricordo ancora. Ma non oggi.

Penso sia utile raccogliere i ricordi e darvi appuntamento a presto per raccontarvi la favola del nostro “castello”. A qualcuno forse interesserà. A molti altri, forse no. Ma non importa. Lo faccio per i miei ventitré lettori che invece questa favola la vogliono conoscere perché non sono chiacchieroni e urlatori, ma amano sapere, confrontare e poi parlare.

Oggi non voglio neppure parlarvi di autovelox, vaccini e altri accidenti che appassionano tutti, in particolar modo quelli che, a differenza dei miei ventitré Lettori, meno ci capiscono, meno vogliono sapere davvero, ma vogliono semplicemente urlare e protestare, a prescindere.   

Prima di augurarvi la buona domenica voglio ricordare un Amico, un Concittadino che ci ha lasciato qualche giorno fa.    

Ho perso un altro Amico. Se n’è andato il carissimo Semino, al secolo Sabatino Biasone

È stato un gran lavoratore, un uomo ingegnoso e fattivo, un Cittadino che ha saputo partecipare con passione e umiltà alla vita sociale della nostra Comunità. Dopo averlo conosciuto nella fase di preparazione delle liste per le comunali del 1980 e poi durante e dopo quella campagna elettorale non vittoriosa, ho avuto modo di riabbracciarlo perché la figliola, Angelina, si fidanzò e poi sposò Peppino Morale, uno di quelli che chiamo “Amici di sempre” perché per me tali sono. Il nostro rapporto diventò bellissimo in quanto Semino era immancabile nella quotidianità della vita dei miei Suoceri, una presenza sempre sorridente, attiva, generosa cordiale nel senso letterale del termine. Ad ogni incontro, anche solo per un caffè, con Semino c’era un abbraccio. Da lui ho avuto una lezione meravigliosa, quella della paziente e amorevole attenzione con la quale ha assistito fino all’ultimo istante di vita la moglie che era gravemente malata e che solo lui, negli ultimi mesi, riusciva a capire da uno sguardo, con un cenno per me impercettibile. Benedico i minuti, dilatati a mezze ore e ad ore intere, trascorsi a chiacchierare con lui e i miei Suoceri per un caffè, prima “raffreddato” con un po’ di sambuca e dopo accompagnato da un goccetto per “lavare la tazzina”. Un mattina di qualche anno fa Peppino mi telefonò e mi disse che dovevo andare subito in Municipio. Semino voleva che ci fossi anche io, unico non della Famiglia, alla cerimonia delle sue seconde nozze. Andai e fu un altro abbraccio, pieno di gioia semplice e sincera. Purtroppo non l’ho potuto abbracciare quando è uscito di casa per salire sull’ambulanza che lo ha portato via per sempre da Miglianico, dove non è stato possibile entrare per un ciao. Prima di allora non avevo potuto abbracciarlo solo quando veniva dai mie Suoceri portando ora un frutto ora una bottiglia del suo vino ora qualcosa appena raccolta nel suo orto. Erano prodotti unici, perché non erano a chilometro zero ma a millimetri zero dal suo cuore.  

Buona Domenica. 

 

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Car’Amiche e car’Amice, 

a la fine de la Littirine di sabbet’a passate v’avè prumesse d’aricurdà l’Amiche Paole Ciammaichella anche attraverse la vicende de lu “Centre di Ricerche Viticole e Enologgiche in Abbruzze” (CRIVEA), ca risale a cacche anne fa . Vuje mantinè la prumesse ma nen vi vuj’a riccuntà uje quelle che m’a ricorde di na vincend’a ccuscì ‘mpurtande senz’arrivarce correttamende e senz’a putè po’ cunclude cumpiutamende. Sicchè parte e, pe mo, mi ferme a lu prubbleme, anzi a lu mutive c’à stat’e la bbase di st’avventure. Senz’azzarde pozz’affermà ca jè lu punte nel quale lu circhie si chiude, picchè lu mutive c’à ggenerate ung’inizziative del genere à state lu stesse che ne à ‘mpidite ugne pussibbil’a realizzazion’a se, fatte ovviaemende le duvut’eccezione e signalate le varie dinstingue, date ca ugn’event’umane jè na stori’a se, maje uguale a ugne atre. A’ state dunque lu stesse mutive c’à fatte sorge itre ipotese, itr’idee, itre pruggitte riguardante la nostra Mijaniche. Qual à state stu mutive? In ugnune di sti vicende che pruverò a riccuntarve lu punte di partenze, mutive forse prime e utime di tutte, à state l’utilizzà in cacche mode Palazze Masci, lu cusiddette “Castelle”. In realtà adess’a dice accattà lu “Castelle”, picchè di queste si tratte. E, com’accade angore uje quande si parle, anze si favulegge de lu “Castelle”, si tratte di partì dall’accquiste de che ll’edifice, grosse, cumplesse, particularissime. ‘Na mole che segne da sempre lu centre storic’a nostre. Ma che da nen puche inne le occupe semplicemende nghe l’inerzia se, senz’assurge a criatura durmiente di ‘na bbella fiabe.        

Jesse troppe a llonghe mo s’a dess’a inanellà tutte li vicende che da la riedificazzion’a se a uje ànn’a riguardate Palazze Masci e li pruggitte che j’ànne ggirat’attorne. Allore zompe e arriv’a quelle che jè une de le mutivazzione che lassene che lu manufatte ormà svuotate di vite. Qualunqua cose se ne vo fa jè necessari’accattarle. Li pruprietari’a si, fin’a uje, nn’ànne fatte ma trapelà ‘ntenzione sopr’a lu dirette riutilizze ma manghe sopr’a la pussibbil’a cession’in affitte. Quindi diceme semplicemende ca chiunque, ente pubbliche, sucietà o person’a private, pe puterle utilizzà se la da necessariamend’accattà.  Che jè ggiustissime. Mess’in vendite a tempe se a na cifre tra 4 e 6 miliune di eure, ggià da cacche anne a mo, forse pure a cause, o meje, grazzi’a la riedificazzione de lu Municipie, lu prezz’a se à calate a quase 1,5 miliune di eure. Trattennnese di 3.000 mq di edifice alquande prestiggiose s’adessa trattà di cirche 500 € a metre quadre. Poche, tante? Nne le sacce, Sacce ca però ci vorranne nen puche solde, almene n’atr’ecchetande, pe puterce ‘ndrà e vive. No, lu prubbleme nni jè li tapparelle o le manutenzione che s’ammagginene uardenne l’esterne. Si tratte di impiante dell’acque, de la luce e de lu riscaldamende che s’a dann’a rifà pe tutte li 3.000 metre quadre d’abbitazzione. Nisciune private, fin’a uje, s’à’ccattate che lu palazze. Evidentemende domand’e ufferte n’z’ànne angore ‘ncundrate. E allore si penze a lu Cummune. Mo lu Sindeche adess’a truvà nu finanziamende di almene 4 miliune di eure, pe l’accquiste e la prima sistemazzione, accumpagnate da nu pruggette che garantisce la costosa ggestione e l’atrettand’a costosa manutenzione di ’n edifici’a ccuscì. Lu Cummune di Mijaniche, pe atre ggià ricchè di immobbile come puche itre, a dess’a nen tande fà nu maxi-mutue, ammesse ca tè li cispite adeguate (tasse, entrate da parte di li Cittadine, ndr.) ma ‘nvintarse che farce di tant’a spazzie difficilmende utilizzabbile pe scole, uffice, attività sociale o associazzionisme locale. Allore, li sugnature e li spicultaure pulitice locale penzene a pruggitte finanziate da itre ente pubblice. Ecche, arijem’all’inizie di sta storie. Ugne vote ci sta cacchedune a cui s’a da chiede li solde. Prime e pure mo ci steve la Reggione che puteve e po’ purtà finanziaminde statale (prime) e/o europee (prime e angore di cchià uje). Accuscì s’ànne tendate pruggitte c’ànne arimpite tutte di speranze ma che nn’ànne stat’e realizzate. Di na puche di isse nu sacche di vu nen zanne manghe l’esistenze. Ve li racconterò, pe quelle che m’aricorde angore. Ma none uje.

Penze che sia utile a’riccoje li ricurde e darve appuntamende a preste p’ariccuntarve la favele de lu “castelle” nostre. A cacchedune forse ‘nteresserà. A nu sacche d’itre forse no. Ma non importe. Le facce per li vintitrè Littur’a mi che ‘nvece sta favele le vonne cunosce, picchè nen sonne chiachiarun’e urlature, ma amene sapè, cunfruntà e po’ parlà.

Uje nen ve vuje parlà di autovelox, di vaccine e itr’accidinte c’appassionene tutte, specialmende quille chi, a differenze de li vintitrè Littur’a mi, mene ci capiscene, mene vonne sapèaddavere, ma vonne semplicemende urlà e prutistà, apprescindere.

Prime d’augurarve la bbona dumeniche vuj’a ricurdà ‘n Amiche, nu Cuncittadine che ci’à lassate cacche jurne fa.   

So perse ‘n atr’Amiche. Se n’à jite lu carissime Simine, a lu sechele Sabbatine Biasone. A’ state nu grande lavoratore, ‘n hommene ìngegnos’e fattive, nu Cittadine c’à sapute participà nghe passion’e umiltà a la vita sociale de la nostra Cumunità. Dop’averle cunisciute ne la fae di preparazzione de le liste pe le cumunale de lu 1980 e dope durande che la campagn’elettorale non vittoriose, so avute mode d’a riabbracciarle picchè la fije, Angeline, si fidanzò e po s’à spusate Peppine Morale, une di quille che chiame “Amice di sempre” picchè tale sonne pe me. Lu rapport’a nostre à duventate bellissime in quante Simine ere immancabbile ne la quotidianità de la vite de li Sucir’a mi, ‘na presenze sempre surridende, attive, ggenerose, cordiale ne lu vere senze de lu termine. A ugne ‘ncondre, pure sole pe nu cafè, nghe Simine ci steve ’n abbracce. Da esse so avute ‘na lezzion’a meravigliose, quelle de la paziente e amorevol’attenzione nghe la quale à’ssistite fin’a ll’utime istante di vite la moje che ere gravemend’ammalate e che sole esse, a li lutime mise, a riscev’a capì da nu sguarde, nghe nu cenne pe me ‘mpercettibbile. Ji bbinidice li minute, dilatat’a mezz’ore e a ore intere, passate a chiacchirijà nghe esse e li Sucer’a mi per nu cafè, prim’arifreddate nghe nu ccune di sambuche e dop’accumpagnate da nu huccette pe ”allavà la tazzine”.  ‘Na matine di cacche anne fa Peppine m’à telefunate e m’à ditte ca deva jì subbite a lu Municipie. Simine vuleve ca ci stesse pure ji, uniche non di Famije, a la cirimonie de le seconde nozz’a si. Ci so jite e à state ‘n atr’abbracce, piene di ggioje semplic’e sincere. Purtroppe nne le so putute abbraccià quand’à scite da la case pe saje sopr’a ll’ambulanze che l’à purtate vije pe sempre da Mijaniche, addò nn’à state pussibbile ‘ndrà pe nu ciao. Prime di allore nne l’avè putute abbraccià sole quande vineve da li Sucer’a mi purtenne mo nu frutte  o ‘na bbuttije de lu vine se mo caccose appe’a riccote all’orte se. Erene prudutte uniche, picchè nne erene a chilometre zzere ma a millimetre zzere da lu cor’a se.

 

Bbona Dumeniche.     

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