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La letterina del sabato 25 aprile

Categoria: Notizie
Pubblicato Sabato, 25 Aprile 2020 11:12
Scritto da Maurizio
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Il passato non se ne va mai, gli piace nascondersi nella musica, nelle strade, nei sogni, nei ricordi, nella vita”. Riporto questa frase della quale non conosco l’autore. La utilizzo perché sintetizza una verità grande come la vita di ogni uomo. Aggiungo: il passato ama nascondersi ma non ama rimanere nascosto. Può esservi costretto se siamo noi a rimuoverlo facendogli violenza. Ed è un errore gravissimo, perché ognuno di noi è nulla, ogni popolo è niente senza il proprio passato. A volte la rimozione di quel che c’è stato è un’operazione interessata e senza buone ragioni: il negazionismo lo insegna.

 

Oggi è la “Festa della Liberazione”. Una volta era presentata e spiegata meglio: si diceva che era la “Festa della Liberazione dalla dittatura nazi-fascista”. La sensibilità verso quella vicenda tragica, lacerante, terribile della nostra storia non è più quella degli anni nei quali questa ricorrenza civile è stata istituita e in quelli immediatamente successivi. Ciò non toglie che essere insensibili, volutamente indifferenti, peggio ancora insofferenti e negazionisti verso il 25 aprile è una cosa gravissima, assolutamente ingiustificabile. È un affronto alla storia, è un’offesa a chi tanto ha sofferto, è la incapacità di vivere il presente e di saper costruire un futuro migliore. Nel tempo, chi ha sensibilità genuina, chi ha capacità di perdono, ha accolto il ricordo di tutti, proprio tutti quelli che allora hanno sofferto. C’è stata una guerra civile, quella c’è stata. Erano tutti italiani. Si sono combattuti convinti di esser dalla parte giusta. Ci sono stati criminali di guerra, sia che siano stati dalla parte giusta sia che siano stati da quella sbagliata. Altra cosa è poi valutare che quella che vince è la stessa che scrive la storia e che compie essa stessa un’operazione di rimozione, limitata a quegli aspetti del passato che non gli fa comodo e che non riporta nei suoi consuntivi ufficiali. 

Quella guerra di liberazione è stata la tragedia di un popolo. 

Ci ha lasciato un insegnamento da non cancellare mai: no al fascismo, comunque si presenti vestito o mascherato. Ho vissuto la mia esperienza politica affermando e sostenendo i valori della libertà e del progresso civile e sociale, schierato convintamente, sempre più convintamente nell’area del cattolicesimo sociale. Ho perciò combattuto il materialismo marxista, il comunismo. Sono stato e rimango serenamente anticomunista. “Ma i comunisti - ci ricordava Remo Gaspari parlando ovviamente di quelli di casa nostra - sono gli avversari politici da sconfiggere. Il fascismo invece è il nemico”, da temere e da respingere senza se e senza ma. Il 25 aprile, nonostante i professionisti dell’antifascismo militante, conserva tutto il suo significato, ci ricorda un grande insegnamento: la libertà è un valore assoluto e va conquistata e riconquistata ogni giorno, senza stancarsi mai. 

Come ogni festa, anche quella odierna, la Festa della Liberazione, evolve in tante cose, tranne che nella data. Evolvono continuamente le feste tradizionali, dal Natale in giù; evolvono quelle folcloriche piccole e grandi; evolvono anche le feste e le ricorrenze civili della Repubblica Italiana. Da qualche anno a questa parte nessun reduce è al centro della festa del 4 novembre, che non è più la vecchia “Festa della Vittoria”. Tra qualche anno non ci saranno più testimoni del 25 aprile. Questa festa continuerà a cambiare, come sta già facendo. Non c’è nulla di male e non è certo il caso di stare ogni anno a far stupide (stupido è chi le fa) polemiche su “Bella ciao”. I regimi a volte arrivano ad avere paura delle canzoni del popolo, provano a cancellarle, il che rende ridicolo il regime: il popolo canta quel che vuole perché solo così ha potuto o può esprimere il suo pensiero e i suoi sentimenti. Ripeto, è importante che restino vivi e non siano solo oggetto di vuota celebrazione, i valori della libertà e del rifiuto di ogni forma di totalitarismo. 

Festeggiare la libertà è sempre meraviglioso.

Reso omaggio al 25 aprile e alla Libertà, voglio ora ricordare ai miei ventitré lettori l’anniversario di un piccolissimo evento transitato nella nostra piccola storia locale ma mai scomparso dai cuori di alcuni di noi. Il 25 aprile del 1980 andò in scena, per la seconda e ultima volta, “Miglianico allo specchio. Un po’ di storia - Un po’ di realtà”.  Quella rappresentazione, chiamata allora “Recital” (impropriamente, lo so, ma a noi piacque così, ndr.), fu motivo ed energia gioiosa di un’esperienza straordinaria. La vivemmo noi, le Amiche e gli Amici che decisero allora di chiamaci “Il Guitto Ripugnato”. E quando dico noi voglio ricordare che i protagonisti, tra attori e collaboratori, furono: Mariella D’Alessandro, Francesca D’Adamio, Cinzia D’Adamio, Bianca Maria Sulpizio, Franca Antonelli, Maurizio Caramanico, Giampiero Sulpizio, Giustino Volpe, Amerigo Timperio, Doriana Firmani, Roberto Grannonico, Sandro Orsini, Maria Romana Rimano, Sandra Firmani, Loredana Paolucci, Marina Cipollone, Concetta Volpe, Antonella Sulpizio, Nadia Anzideo, Anna Maria Pulcinella, Loredana Paolucci, Massimo Sulpizio, Giuseppe Sarra, Pasquale Racioppo, Silvano Sciarra, Concetta Di Ciano, Franco Antonelli, Rosalba Leve, Antonina Marinucci, Guglielmo Adezio, Vincenzo Marinucci, Renato De Luca, Luciano D’Adamio, Rosanna Biasone, Franco Cecamore, Maurizio Adezio. E con questi anche altri che erano il nostro piccolo pubblico ogni sera alle prove, i compagni delle capatine notturne al bar dell’autogrill, gli esploratori della notte, i cercatori degli improbabili “Amaro Brughiera” etichetta verde o etichetta rossa.  

Quello fu sicuramente un successo di pubblico con la Cripta piena, stracolma per due rappresentazioni. Fu un evento che assurse agli onori di quelle che erano le più importanti tv locali. Fu occasione per un gesto allora più che raro: raccogliemmo soldi per finanziare l’AIRC e, attraverso essa, la lotta contro il cancro. Fu la riscoperta della leggenda che narra la nascita di Miglianico. Scoprimmo allora che in quel “sole”, che nei versi del nostro poeta Camillo Fabbucci, “benigno arride alla nuova città”, c’era una luce meravigliosa, perché il nostro primo borgo nacque per amore e crebbe nell’accoglienza e nella solidarietà, una storia meravigliosa. 

Quella di quarant’anni fa, fu soprattutto una stagione con tante sere, tanti pomeriggi, giornate intere di grande divertimento e di condivisione del tempo e del poco che avevamo. Perciò fu indimenticabile. Il suo ricordo gioca a nascondersi ma ogni tanto torna. Ed è bellissimo.

Buona Domenica.