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Peppino Vincolato, un Amico

Categoria: Notizie
Pubblicato Venerdì, 13 Marzo 2020 12:48
Scritto da Maurizio
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Giuseppe Vincolato, Peppino, se n’è andato rispettando il suo stile. Discreto, affabile, educato da vero signore. In questi giorni di astinenza dalla frequentazioni personali è stato impossibile esserci alla camera ardente e poi al suo funerale. Non so se questo gli sarebbe dispiaciuto. Forse gli avrebbe fatto piacere non aver dato “fastidio” a tanti che sarebbero accorsi a testimoniare l’amicizia, l’affetto e la stima che ha ben meritato e che sono il suo grande lascito a quanti lo hanno conosciuto.

Colleghi ed Amici lo hanno potuto già ricordare con messaggi che hanno centrato in pieno il senso di una perdita che attendevamo, purtroppo, ma che è stata ugualmente molto dolorosa.

 

Sono lacerato da un dolore profondo. Ho atteso un po’ di serenità per ricordarlo anche ai miei Concittadini, perché Peppino Vincolato, giornalista e, prima di questo, politico e amministratore locale, ha voluto bene a Miglianico. Ha sempre riservato una speciale attenzione alle nostre vicende locali. Ha voluto bene come pochi a me e poi ad Antonello Antonelli quando siamo entrati a collaborare alla redazione de “Il Tempo” di Chieti, una impagabile scuola di vita prima che professionale grazie a Giampiero Perrotti, a Peppino Vincolato, all’indimenticabile Massimo Pirozzi ad Adriano Ciccarone, a Luciano Primavera, al compianto Mimmo Santarelli e a tanti altri.

Non devo tessere l’elogio del giornalista Giuseppe Vincolato. Non ho titoli per farlo.

Voglio ricordare l’Amico Peppino, un Amico vero, capace e di grande generosità, di pazienza, di condivisione, di affetto delicato ma profondo.

Non mi ha mai fatto mancare una parola di incoraggiamento né un piccolo o grande consiglio nell’avventura di apprendista giornalista. Anzi, più volte ha avuto parole di vera lode per me che sapevo e so di non esserne mai stato degno. Molti anni dopo fu lui a dare il mio nome all’allora assessore regionale, l’amica Federica Carpineta, che aveva bisogno di rimpiazzare il capo della sua segreteria in Regione, perché riteneva che sarei stato per lei la persona giusta grazie a doti che lui continuava a vedere in me dopo non pochi anni. Nel 1986 aveva seguito una importante manifestazione della DC ad Ortona, nel corso della quale toccò a me portare il saluto dei giovani della Provincia di Chieti all’allora segretario nazionale, Ciriaco De Mita. Il giorno dopo trovai nella sua cronaca, in prima regionale, una lusinghiera citazione del mio intervento al quale, chi sa di giornalismo può capire, aveva dedicato più righe che a molti altri. Pensava che meritavo di più e che il mondo non era giusto anche per questo. Ci incontrammo alla camera ardente del compianto Mario Pennetta in Provincia e gli diedi allora la notizia, ricevuta poco prima, della mia assunzione all’Università “d’Annunzio”, che, da collaboratore della Redazione, ero stato destinato a seguire per anni, entrando poi a collaborarvi come docente e consulente a contratto. Pochi giorni dopo ricevetti per posta un suo biglietto nel quale scrisse “Caro Maurizio, non ci siamo più visti da nostro ultimo incontro a Chieti, quando mi hai dato la “notizia” che mi ha immensamente fatto piacere e mi ha riconciliato con la vita: la “giustiziasu questa terra esiste ancora”. Solo un Amico vero, che conosce la verità dei fatti, può scriverti una cosa del genere. Solo il cuore di un Amico grato può conservarla nel cuore e commuoversi ogni volta. 

Poco dopo aggiunse “Ti scrivo per non consumare il tempo con veloci telefonate e riflettere meglio o semplicemente riflettere”. Ecco questo è stato il mio Amico Peppino Vincolato. Una persona attenta al tempo della meditazione che prenda il posto delle comunicazioni veloci, attenta alla condivisione del pensiero, al confronto pacato delle idee, anche le più diverse. È stato un appassionato lettore di libri e i suoi pensieri per Natale o per ogni altra occasione sono stati libri, accompagnati sempre da un suo biglietto scritto con quella grafia regolare e ordinata. È stato lui a farmi conoscere, ad esempio, Enzo Bianchi, donandomi “Il Pane di ieri” e consigliandomene vivamente la lettura. Ma quello che più mi colpiva era la sua formidabile capacità di raccontare i libri che lui stava leggendo, di trarne spunti di riflessione, di allargare il discorso e di collegare il tutto alle vicende correnti. Ogni incontro è stato un grande arricchimento. 

Tanti di questi incontri, anche l’ultimo, organizzato da un gruppetto di Amici per poterlo avere con noi nelle pause delle cure che stava facendo da un po’ di tempo, è stato a tavola. Peppino è stato sempre un adorabile commensale, curioso, attento, generoso (perché non ammetteva che io potessi pagare), capace di riempire il tempo dell’attesa tra le varie portate con discorsi di vivo interesse che ci hanno fatto sempre aprire nuovi orizzonti. Delicato e garbato per stile personale, era invece deciso nel pesare fatti e soprattutto soggetti disonesti e approfittatori. Lui era stato segretario del senatore De Luca, sottosegretario alle Poste con delega alla RAI. Aveva visto passare tanti personaggi poi diventati famosi o importanti e mai aveva messo cappello su un posto per sé. Così come fece, in anni più vicini, quando fu segretario di Adriano Bompiani, luminare della medicina e senatore della DC nel collegio di Chieti-Vasto. Sapeva tanto e poteva dire.

Di queste sue esperienze mi parlava poco e quando lo faceva era per segnalarmi qualche soggetto da evitare o da tener in buon conto.

Tra i nostri incontri a tavola ne ricordo tre in particolare, per il loro diverso significato.

Parto dal più recente perché allora era già capo servizio a Pescara. Mi invitò a pranzo in un ristorantino vicino alla redazione. Eravamo già a tavola e nel locale entrò un signore che dimostrava accanto alla gentilezza dei modi una difficile condizione economica e umana. Peppino chiamò il cameriere e gli disse che il pranzo di quell’ospite lo avrebbe pagato lui. E così fece, senza che ci fosse nel frattempo alcuna altra cosa tra loro. È stato un insegnamento meraviglioso.

Meno profondo ma più simpatico fu un pranzo al quale era presente anche la consorte, la dolcissima Matilde, in una ristorantino in zona Porta Pescara a Chieti. Peppino chiese a Renatino (così mi pare si chiamasse, così comunque ora lo chiamerò), il gestore del locale, di fare per noi due la pasta aglio, olio e peperoncino al dente come sapeva lui. Quella pasta era davvero al dente, come dev’essere. Notammo che aveva messo come guarnizione un bastardone fritto. Chiedemmo se ne aveva ancora di bastardoni e Renatino rispose simpaticamente che non era una mossa quella che aveva messo nel piatto. Allora gli chiedemmo di annullare la comanda del secondo e di farci uova strapazzate coi bastardoni. Renatino si illuminò, andò verso al cucina e, dopo aver dato la nuova comanda alla moglie, le disse “Quello che hai preparato per noi mangialo tu, io mi siedo con loro che mangiano meglio”. 

L’ultimo ricordo è quello più personale ed indimenticabile. Risale al 1996. Peppino volle che Nadia ed io che eravamo passati a salutarlo in redazione restassimo a pranzo con lui. Andammo da Nino per quel pasto veloce collocato nella sua pausa di lavoro. Peppino, come sempre, dedicò il tempo di quella conviviale a noi che parlammo con lui del nostro possibile matrimonio ma anche delle incertezze del lavoro, della casa e ti altro ancora. Lui ci disse “Non vi preoccupate di nulla, sposatevi e sarete felici. E – aggiunse poi con un tono di voce un po’ diverso - fate i figli anche per chi non può averli”.

Peppino Vincolato mi mancherà. Un pezzo della mia vita è andato via con lui. Non mi mancheranno le cose che mi ha voluto donare e che sosterranno quel che vivrò ancora.

Grazie Peppino, grazie Amico mio, hai meritato il bene che ti ho sempre voluto e che continuerà a volerti.