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Piccola guida per la lettura e il commento del “La Letterina del sabato”

Categoria: Notizie
Pubblicato Giovedì, 13 Febbraio 2020 15:27
Scritto da Maurizio
Visite: 895

Care Amiche e cari Amici,

i miei ventitré lettori sanno come leggere la “Letterina del sabato”, cioè i testi che settimanalmente vengono pubblicati in questo spazio di libertà. Loro sanno come accoglierli, commentarli, rifiutarli. Sanno che ci sono notizie, riflessioni, commenti, informazioni e altro. Sono presentati forse non stringatamente ma sicuramente senza utilizzare alcun giro di parole per mascherare i fatti e i loro protagonisti. I miei ventitré lettori sanno che scrivo chiaramente nomi e cognomi delle persone legate alle diverse vicende raccontate o commentate. Sanno che quei testi sono sempre firmati, non hanno nickname di convenienza dietro cui nascondermi. 

Questa chiarezza è stata spesso utilizzata, anzi strumentalizzata per propalare un’accusa generica - che squalifica chi la lancia - e cioè “parla male di tutti”. Nessuno, tra i propalatori vittimisti e “le voccapérte” che li seguono, ha mai dimostrato, né ha provato a dimostrare dov’è il male detto, e a chi sarebbe stato detto.

I miei ventitré lettori sanno, quindi, che non sono un vigliacco e che detesto i vigliacchi.

Per tutti gli altri le poche spiegazioni di questa “Piccola guida” sono queste.

 

Chi vuol leggere correttamente “La Letterina del sabato” ha necessità di conoscere i rudimenti della lingua italiana. Deve avere la cautela di utilizzare il vocabolario nelle rarissime occasione nelle quali può incontrare parole di cui non conosce il significato, così da non travisare il significato del testo e capire altro. Deve evitare di leggere con il la pericolosa sufficienza dello scrolling, pensando di aver capito tutto, dopo aver letto le prime due righe e poi aver saltato qua e là tra i vari capoversi, che non son messi a caso. Deve evitare di farsi sintetizzare da altri quel che invece va letto direttamente. 

Queste avvertenze minime son poi la stessa cosa che il raccomandare a chiunque di ascoltare con attenzione chi ti sta parlando senza mai supporre di aver già capito tutto. Potrei sintetizzare dicendo che si tratta di buona educazione. Ma non importa.

Chi legge così, poi può commentare come vuole. Può accogliere, può rifiutare e cestinare, può sottolineare nel modo più negativo ogni singolo passaggio e l’intero testo, può plaudire se è temerario. Può ovviamente raccontare a “chicche e sia” come diceva Totò, vantandosi di aver contestato, stroncato o ridicolizzato il testo e il suo autore. 

Può farlo, liberamente e con la massima tranquillità. Ma non deve essere vile, deve essere franco. Se scrive e commenta deve citare il nome dell’autore che contesta e rivolgere a quella persona, direttamente, ogni possibile accusa, dandogli così la possibilità di chiarimento, di replica, di ogni altra reazione consentita. Più vigliacco di tutti è chi sbandiera i valori della democrazia, dice d’abbeverarsi quasi ubriacandosi alla Resistenza e alle grandi battaglie civili ma poi non ha alcun coraggio di chiarezza, se non davanti alla propria claque, intesa come ambiente fisico della platea o dello spazio virtuale dei social. Costoro, i sacerdoti, meglio, i farisei della democrazia (bella solo quando conviene loro, solo a loro) sono in realtà dei reazionari, dei fascisti nel senso deteriore del termine.  

Sabato sera una delle mie preziose ed affettuose sentinelle del web mi ha inviato uno screenshot, cioè la foto dello schermo. Riportava questo commento apparso su Facebook: “Guardate! State tranquilli è intervenuto il famoso blogger paesano a derimere tutti gli eventuali enigmi! (il testo, con la sua perfezione stilistica e l’abbondanza di punti esclamativi, è riportato fedelmente, ndr.). Secondo la mia sentinella del web, il commento era riferito all’autore de “La Letterina del sabato dell’8 febbraio 2020” pubblicata su “Viva Miglianico”. Infatti mi ha scritto “Sei stato nominato”, aggiungendo un paio di emoticon a significare che la cosa era divertente. Il commento citato era a sua volta commentato così: “Cazzarola oggi è sabato…menomale che devo andare al lavoro (cosa a lui sconosciuta) così non ci penso”. Seguono altri due commenti. Un lapidario “Fabrizio sono d’accordo” e un più criptico Come diceva qualcuno…ci sono persone che pagherebbero per vendersi…bast ca ni va a fatija…aggiungerei io”.

Credo alla mia affettuosa sentinella social che ha individuato in me il bersaglio di tanta corrosività gratuita e strampalata. 

Però ora voglio provare a non credergli. Voglio pensare che i suddetti commenti, saggi, autorevoli, scultorei, degni di essere riportati nelle antologie letterarie e nei libri di testo scolatici, si riferiscano a qualcun altro nostro “paesano, un altro che sabato scorso ha scritto un testo pubblicato su un blog locale. Chiunque sia questo “famoso blogger paesano” si tratta certamente di un nostro Concittadino che è stato tranquillamente diffamato, con l’aggiunta di almeno una delle aggravanti che portano a triplicare il massimo edittale previsto dall’art. 595 c.p.. 

A lui, se sapessi chi è, direi di non rivolgersi ai suoi avvocati, di non fare il dovuto esposto alla Polizia postale per individuare i responsabili del presunto reato. Se ha bisogno di soldi, se vuol far guadagnare qualche meritata parcella professionale ai suoi Amici avvocati può farlo con ottime speranze di successo. È stato diffamato, tra l’altro da persone che non risulta abbiano ancora meritato il titolo di cavaliere del lavoro. Può legittimamente agire a difesa della sua sacrosanta onorabilità. Forse è un padre di famiglia. Forse è uno che, ogni giorno, esce come tanti altri che hanno la fortuna di avere un lavoro e va a guadagnare onestamente il pane per sé e per i suoi figli, per farli studiare, per dar loro un sostegno oltre quello affettivo. Se si sente offeso e se non riesce a passarci sopra faccia quel che deve. Gli sconsiglierò di farlo ma se lo farà avrà tutta la mia solidarietà.

Se fossi io l’oggetto di tanto gratuito disprezzo non lo farei. Non andrei dall’avvocato pur sapendo di vincere facile. Perdonerei le parole e i loro incauti autori. Li lascerei alla vergogna del loro essersi innalzati sul piedistallo di una sgangherata arroganza. Sono stato protagonista di dure battaglie elettorali, quando i comizi, i manifesti, gli interventi pubblici e privati erano durissimi, senza delicatezze, senza sconti. Ci siamo battuti vigorosamente, tutti, da tutte le parti, su ogni balcone, in ogni contrada, senza risparmio di colpi polemici. Ma non ci siamo mai querelati. La battaglia politica la si faceva apertamente e non nelle aule dei tribunali. Sarò un romantico, ma resto legato a quel modo di confrontarsi, forte, diretto, senza scorciatoie giudiziarie. 

Ora quel che conta non è la vicenda personale del diffamato. Non vado fuori tema.

Questa è una “Piccola guida per la lettura e il commento della Letterina del sabato”. Ho spiegato succintamente - spero chiaramente - come leggere e quanta libertà c’è nell’accogliere, cestinare o commentare “La Letterina del sabato”. A chi non vuol capire devo precisare quello che forse non gli è chiaro ancora. Chi vuol commentare, lo faccia come vuole. Ma sia franco e coraggioso. Chi ha scritto genericamente “il noto blogger paesano”, indichi il suo nome, chiaramente, questo non comporta nulla sul piano penale. Chi pensa di essere lui il solo lavoratore di questa Repubblica pur fondata sul lavoro, dica a chi si riferisce quando lo accusa brutalmente “…lavoro (cosa a lui sconosciuta)”. Gli altri due strafottenti commentatori scrivano a chiare lettere su cosa è d’accordo l’uno nel sostenere un’accusa tanto grave e chi a parer dell’altro sono, visto che lui ritiene che ci siano le“…persone che pagherebbero per vendersi…bast ca ni va a fatija”.  Se impara a scrivere meglio l’abruzzese non guasta. 

Torno ai miei ventitré lettori e dico loro che ovviamente so chi sono i Concittadini e i non Concittadini autori di questi ineffabili commenti. Non ho voluto citarli, com’è mia abitudine fare sempre o quasi sempre. Non l’ho fatto per un motivo preciso, positivo, forte. Sanno che non ho remore né qualsivoglia timore e men che mai verso certi soggetti.

Voglio dare a quegli ineffabili commentatori la possibilità di essere leali, sereni, non vili. 

Non aspetto le loro scuse, perché, a dispetto di quanto crede la mia sentinella social, potrei non esser io “il noto blogger paesano” che non sa cosa è il lavoro.

Aspetto che dimostrino il coraggio di scrivere accanto alle loro accuse il nome dell’accusato. Se scriveranno il mio nome e lo faranno senza mezzucci e giravolte, non andrò dall’avvocato che ha già pronta la querela da farmi firmare. Risponderò loro. E forse saranno poi loro a querelare me se si sentiranno diffamati a causa di quel che scriverò. 

Se ci sarà, su questo spazio di liberà, esattamente nei post a “La Letterina del sabato 8 febbraio”, la loro chiara presa di posizione, risponderò loro come è giusto che sia anche per far chiarezza su alcune cose ora non trattate. Se non lo faranno, deludendo così me e i miei ventitré lettori tutti adusi alla democrazia e innamorati della libertà, allora valuterò se rivelare solo ai miei ventitré lettori (che son educati e discreti, e non lo diranno a nessuno) i nomi degli ineffabili autori dei commenti sopra riportati. Devo solo segnalare loro che la prossima “Letterina”, a Dio piacendo, sarà in pubblicazione qualche minuto dopo la mezzanotte tra venerdì 14 e sabato 15 febbraio. Di tempo ne hanno per alzare la testa e commentare a viso aperto, se hanno una testa da alzare una faccia da presentare.