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La letterina del sabato 15 giugno

Categoria: Notizie
Pubblicato Sabato, 15 Giugno 2019 14:31
Scritto da Maurizio
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Care Amiche e cari Amici,

per la nostra piccola storia locale, lunedì scorso, 10 giugno 2019, è stato un giorno da ricordare.

È stato il primo giorno di attività del nuovo Consiglio comunale, che abbiamo eletto con le votazioni del 26 maggio 2019. È stato il girono dell’insediamento, come si suol dire. Il giorno del giuramento del Sindaco, Fabio Adezio. Il giorno di un ritorno della democrazia elettiva in una sala consiliare che da anni, da troppi anni Miglianico non aveva più.

La prima seduta del Consiglio Comunale è stata convocata per le ore 19,30, nella nuova Sala Consiliare realizzata nel riedificato Municipio. 

 

È una bella sala. Vederla piena è stato meraviglioso. Era gremita di luce e di Concittadini che pochi giorni prima si erano trovati divisi nel voto. Questo è stato ancor più bello. Quasi tutti si sono salutati e parlati come deve essere. Qualcuno non lo ha fatto. Pazienza. Avrà tempo per riguadagnare una serenità indispensabile al vivere civile di una Comunità come la nostra.

Dopo le formalità di rito è stato eletto il nuovo Presidente del Consiglio comunale che è Mimmo Cicchitti. Ha avuto i voti della maggioranza. Mentre la minoranza ha votato il proprio candidato di bandiera, la signora Antonella Santucci Cavuto. 

Il Sindaco aveva chiesto un voto unanime per Mimmo Cicchitti. Il capogruppo della minoranza, avv. Carlo Biasone, ci ha provato subito, proponendo un voto unanime per la propria candidata. Un mossa strumentale, quasi provocatoria. È roba vecchia. Una proposta simile la fece Carlo Antonelli nella prima seduta del Consiglio Comunale eletto l’8 e il 9 giugno del 1980. Carlo Antonelli, raccogliendo l’invito alla concordia fatto in apertura di seduta dal Sindaco rieletto, Renato Ricci, della Sinistra Unita, propose senza successo come vice-sindaco Nicola Mincone, capolista della DC uscita sconfitta in quelle elezioni.  

Ebbene quando si vuole un voto unanime, soprattutto quando lo chiede la minoranza che propone una eccezione alla forza rappresentativa dei gruppi eletti, questo solitamente lo si fa prima dei lavori consiliari o, se ci sono le condizioni e veramente si vuole raggiungere un obiettivo positivo, si chiede la sospensione della seduta per provare a raggiungere un accordo tra maggioranza e minoranza. Insomma è stata una schermaglia, nulla di più. Ricordo a chi fa finta di non ricordarlo o accampa meriti a titolo esclusivamente personale, pensando che gli altri siano morti o senza più memoria, che la introduzione della figura del Presidente del Consiglio Comunale è stata decisa dopo le elezioni del 2004. È stata una indicazione politica del Segretario e del Direttivo dell’UDC con il concorde appoggio di Mario Amicone, che di quel partito era il capo regionale. La figura di Presidente del Consiglio Comunale fu “inventata” da questo fesso per dare un ruolo a Nicola Mincone. In tal modo, come ex-sindaco, avrebbe così avuto un incarico che, da un lato, non faceva ombra al troppo fortunato neo-sindaco, Dino De Marco, e, dall’altro lato, non uccideva né mortificava le ambizioni di chi voleva fare l’assessore comunale. Senza l’ok di Mario Amicone e della Sezione UDC di Miglianico questo non sarebbe mai avvenuto e nessuno avrebbe potuto decidere nulla in merito. Le decisioni su giunta e assetto del consiglio venivano prese in Sezione.    

Torno alla cronaca del primo Consiglio comunale.    

Il Sindaco, emozionato, giustamente emozionato, dopo aver annunciato la nuova giunta ha prestato il solenne giuramento. Poche parole ma per una persona seria, come è Fabio Adezio, giurare di osservare la Costituzione Italiana è uno di quegli impegni che non solo emozionano ma ti caricano di una responsabilità grandissima. Ma di questo il nostro Primo Cittadino ha già dato egregia prova di sé. Mentre giurava, in quei pochi secondi ho pensato al suo Papà, a Gabrielino detto “Deddè”, che certamente sorrideva in Cielo.

Prima di passare agli ultimi adempimenti previsti dall’Ordine del Giorno, cioè la composizione di alcune commissioni consiliari, il Sindaco ha presentato la nuova giunta. L’avv. Ester Volpe è stata confermata come Vice-Sindaco. Sono stati nominato assessori Arianna Di Tizio, Antonio Mattioli e Antonio Palombaro. 

Ha poi fatto il suo discorso di insediamento.

È stato un intervento di altissimo profilo istituzionale, carico di responsabilità e tutto indirizzato al richiamo rivolto ai consiglieri neo eletti e a tutti i Cittadini a volersi impegnare per realizzare cose importanti, utili, capaci di far crescere Miglianico sotto ogni aspetto. Avrebbe potuto togliersi qualche sassolino dalla scarpa, da vincitore poteva infierire a piacere. Di soggetti da mettere a posto e da prendere a schiaffi, metaforicamente si intende, ne avrebbe avuto una schiara. Non lo ha fatto, non ha dedicato nemmeno un attimo al lavacro della vendetta. Bravo. Ha voluto invece ripetere che la partenza di tutto, il miglior modo per avviare un positivo quinquennio amministrativo è il superamento delle divisioni che nella campagna elettorale ci sono state. E lo ha dimostrato subito, inserendo tra le cose da fare alcuni dei temi che sono stati utilizzati dai suoi ultimi avversari, a partire dall’ascolto e dalla condivisione delle scelte da fare. Il discorso del Sindaco è stato più volte interrotto dall’applauso di tutta la folta rappresentanza di Miglianichesi che affollava la bella sala consiliare.

A sua volta il capogruppo della minoranza, avv. prof. Carlo Biasone, ha preso la parola per un breve intervento. Ha voluto ringraziare quanti lo hanno votato. Ha elogiato il discorso del Sindaco condividendone lo spirito e i temi presentati, non senza sottolineare che, per l’appunto, alcuni di essi li considerava propri del suo gruppo. Poi ha confermato di non aver ancora mandato giù il rospo e ha rovinato quella bella serata. Ha chiesto più volte, insistentemente, che il Sindaco chiedesse scusa a tutti per aver detto che “Le forze del bene hanno prevalso sulle forze del male”. Si è avvitato in un pistolotto tra vittimismo e strumentale captatio benevolentiae, dicendo che i Miglianchesi sono tutti buoni, che non ci sono i cattivi, etc. Il Sindaco non ha potuto rispondere perché non c’era un punto all’OdG che prevedesse una discussione. Avrebbe potuto farlo lo stesso? Forzando un attimino, sì. Ma poi il Presidente del Consiglio Comunale avrebbe dovuto impedire all’avv. prof. Carlo Biasone di controreplicare. Sarebbe finita in caciara.

Ci sono due elementi da tenere presenti con molta attenzione.

Il primo è che la frase “incriminata” non è stata mai pronunciata in Consiglio comunale. Non essendo agli atti quella frase non poteva essere oggetto di discussione, perché semplicemente non esisteva come materia di dibatti consiliare consiliare. Non era quella la sede per conferme o smentite di quel che si è detto fuori dal Consiglio e fuori dalla attività istituzionali. Se ciascuna delle due parti avesse voluto regolare in Consiglio comunale le cose non accettate in campagna elettorale, alla fine si sarebbe irrimediabilmente svilita l’istituzione stessa con un battibecco senza costrutto. L’avv. prof. Carlo Biasone, che voglio rifiutarmi di considerare così malmesso, continua ad ascoltare tristi consiglieri e ha dimostrato che il gene della divisione non è stato ancora eliminato da quelle parti. Ha voluto fare un intervento provocatorio, sapendo che non avrebbe avuto risposta, che non avrebbe mai e poi mai potuto ottenere quel che chiedeva perché era impossibile. È stato capace solo di rovinare la festa di una Cittadina. Tanto è vero che solo pochi, pochissimi hanno applaudito il suo dire.   

Il secondo elemento è che il Sindaco poteva rispondere in due soli modi. 

Poteva di rimproverare il capogruppo della minoranza per quanto appena detto e per tanto altro, acuendo il disagio creato e assumendosi, a quel punto, una parte di responsabilità, quindi scendendo a quel livello di provocazione. Avrebbe rinnegato in un sol colpo lo spirito e le parole pronunciate pochi minuti prima e da tutti apertamente condivise. 

Poteva anche tentare un imbonimento, facendo finta di correggere o di ammorbidire o di fare qualunque altra cosa per provare ad accontentare l’avversario. In questo caso avrebbe offeso la storia. 

Il giudizio con il quale il Sindaco, Fabio Adezio, ha voluto commentare l’esito delle elezioni non era provocatorio, non era strampalato, non è emendabile, non contiene errori di fondo. Sta fresco l’avv. prof. Carlo Biasone a mettere avanti ostaggi innocenti come lo sono i Cittadini che lo hanno votato in buona fede. La verità storica è che la campagna elettorale elaborata e portata avanti contro “Miglianico Cambia” e, particolarmente, contro Fabio Adezio è stata un attacco continuo attuato da soggetti, soprattutto tra gli ispiratori e i più accaniti sostenitori dell’insieme-che-divide, che è stato avvertito da tantissimi come il voler lanciare il male contro chi propagandava le cose fatte e le cose che voleva fare. Il resto, che non è poco, è nella considerazione dei Concittadini che ne sanno più di me e anche più di chi oggi usa il buonismo solo per provocare ancora divisioni.

Carlo Biasone e i suoi ora sono davanti alla prova dei fatti, dell’agire in Consiglio per controllare, suggerire, per collaborare fattivamente al bene comune. Devono passare cinque anni per poter rimettere in campo certe armi e le urla della propaganda qualunquista che abbiamo conosciuto nelle settimane scorse. Spero sappiano che la prossima volta, se dovessero ripetere questa strategia divisiva e piena di odio, le cose per loro andranno peggio. Di voti in buona fede ne avranno molto pochi. Loro dicono di no? Intano devono passare cinque anni che sono pochi o tanti, ma sono appena iniziati.

Vedremo cosa ci riserveranno i prossimi Consigli comunali. Verificheremo se le commissioni aperte che il Sindaco ha annunciato di voler costituire, partiranno e funzioneranno e che ruolo vorranno avere e sapranno avere quelli dell’insieme-che-divide. Nella maggior parte dei casi le commissioni - secondo l’insegnamento di un eminente uomo politico della Prima Repubblica citato dal prof. Barile nel suo manuale di Diritto Pubblico – si costituiscono quando non si vuol risolvere un problema. Se invece sono messe su per fare solo alcune cose e non per affrontare “i problemi”, possono funzionare. Ma non è un dato scontato.

Torno alla portata storica di questo 10 giugno appena trascorso.

Prendendo la parola per il suo discorso, il Sindaco, Fabio Adezio, prima di ogni cosa ha voluto ricordare che proprio in quel giorno ci aveva lasciati il dr. Luigi D’Adamio. Non ha potuto dire altro perché tutti ci siamo alzati in piedi e c’è stato un lungo applauso. Penso che il dottor D’Adamio avrebbe preferito questo applauso ad un minuto di raccoglimento” ha detto dopo il Sindaco.  

È stato un momento bellissimo perché c’è stato un omaggio allo stesso tempo istituzionale e popolare verso un personaggio indimenticabile. 

In Chiesa, il giorno dopo, anche don Gilberto ha saputo cogliere nella presenza di tanti alle esequie un segno del bene fatto da un uomo che non amava le finte delicatezze ma che è stato un capace di servizio intelligente e competente.

Medico di base, Ufficiale Sanitario del nostro Comune per tanti anni, personaggio politico di primo piano negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, il dottor Luigi D’Adamio, è stato uno spirito ribelle indomabile, impossibile da inquadrare e tenere a lungo legato in una squadra. La storia politica locale lo ha visto emergere per le sue doti polemiche, per la sua tenacia di combattente, per l’intelligenza e la scaltrezza delle manovre messe in atto. Fu a capo dei social-comunisti quando per la prima volta le sinistre scalzarono la DC dal potere locale. Portò il PCI, di cui fu Segretario Politico Comunale a raggiungere o sfiorare i mille voti partendo dai sei settecento delle sue precedenti performance. Fu poi acerrimo avversario di quella stessa coalizione, prima facendo cadere il Sindaco, Francesco Scotti, nella primavera del 1976, poi abbandonando il PCI e schierandosi contro quella “Sinistra Unita” che aveva costruito pochi anni prima. Senza incarichi politici, poi senza incarichi professionali, essendo intanto arrivato alla pensione, il dottor D’Adamio non smise mai di interessarsi alle vicende politiche locali. Un accidente fisico lo ha costretto in ospedale nei giorni delle elezioni comunali. Era come sempre informato e ben deciso, probabilmente avrebbe votato “Miglianico Cambia” perché la sua intenzione era di sostenere Antonio Palombaro.  

Il dr. Luigi D’Adamio, è bene ricordarlo, è stato il primo medico ufficiale della “Miglianico Tour”. Lui quell’8 settembre del 1971 c’era. Anche grazie a lui è iniziata la meravigliosa storia della “Miglianico Tour” che dura da quasi mezzo secolo.  

Oltre al personaggio politico, oltre al medico che fu mio medico curante, ho conosciuto anche l’uomo Luigi D’Adamio. Ho ascoltato le sue riflessioni, le sue preoccupazioni continue rivolte ai Figli, le sue ammissioni sugli errori commessi in politica e sui rimpianti per quel che nona aveva ottenuto o saputo ottenere. Noi, Amici di Luciano e di Francesca, poi anche di Robertino, abbiamo avuto ospitalità in casa sua in tantissime occasioni. La delicata e lungimirante intelligenza della moglie, la Signora Dina, e la sua cordiale generosità sono stati elementi di una ospitalità speciale che hanno segnato positivamente il tempo della nostra adolescenza e della prima gioventù. Ero con lui quando fece l’ultima o una delle ultimissime visite in ospedale, a Vasto, al suo Papà che sarebbe morto di lì a poco. Ripartiti alla volta di Miglianico mi confessò che non c‘era più niente da fare e me lo spiegò con calma con un tono di voce che pochi hanno conosciuto. Un medico non si nasconde la verità, Scandì i tempi e scoprii un altro aspetto dell’uomo, quello che lo mette di fronte al mistero della morte, un mistero con il quale ha sempre avuto un rapporto non facile, da spirito indomito quale è sempre stato.

Gli ho voluto bene e mi ha voluto bene, un bene senza mai un gesto delicato o affettato, un bene sincero, schietto, anche capace di evidenziare contrarietà non facilmente risolvibili.

In uno di quei periodi di formale distanza generata da diversità di vedute, eravamo poco dopo le elezioni del 2004, seppe che ero in ospedale. Venne di buon mattino ed entrò rapido e silenzioso nella stanza della mia degenza. Si lanciò su di me e mi abbracciò. Stava piangendo. Lo avevo visto piangere una o due altre volte, di felicità, una sicuramente fu alla proclamazione dello strameritato 110 e lode in Medicina e Chirurgia di Luciano all’Università di Perugia. Anche allora seppe subito soffocare il pianto ma non riuscì a risistemare la tensione del volto. Nel ticchettio notturno di una tastiera oggi con le mie gli rendo quelle lacrime umanissime, le uniche più forti del suo carattere indomito.

Buona Domenica.