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Acta Meridiana - 15

Categoria: Notizie
Pubblicato Sabato, 18 Maggio 2019 15:45
Scritto da Maurizio
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Anche il comizio in piazza annunciato per ieri sera non c’è stato. L’insieme-che-divide ha dovuto constatare che le previsioni meteo non garantivano una serata tiepida. Azzardare di utilizzare la piazza avrebbe portato il rischio di veder sparire le persone man mano che la temperatura scendeva. Il mio Amico, Carlo Biasone, non doveva giustificarsi né temere rimproveri, almeno su questo. Ha fatto la scelta giusta. Ripeto che aveva disperatamente, ha disperatamente bisogno di un comizio perché chi attacca di questo ha bisogno, non era un’accusa. Era ed è una constatazione. Gli riconosco un qualcosa che gli va riconosciuto, ha tifosi più caldi di quelli che seguono invece più placidamente “Miglianico Cambia”. È anche vero che l’odio urla più del bene, ma questo è un mio pensiero. 

 

Voglio ringraziare il mio Amico, Carlo Biasone, perché, anche se a fini scioccamente polemici e strumentalmente elettorali, ha dimostrato di avere una buona abitudine in questi giorni: legge Viva Miglianico, visita questo spazio di libertà e anche lui può respirare aria buona. Ha utilizzato quanto ha letto qui per svolgere tutta la prima parte del suo intervento, che onore! È un Amico e può dire poi quel che vuole. Il falso maligno no. Anzi siccome lui è uno che si sa vendere come ammaliatore gli chiedo di non dire bugie. Sa fare la vittima quasi meglio del suo mentore e maestro, l’inarrivabile Dino De Marco. Ma non deve speculare su cose serie, soprattutto non deve rigirare la frittata a proprio vantaggio.

Le accuse sulla moralità, sulla fedeltà coniugale e sull’orientamento sessuale di cui ho parlato ai miei ventitré lettori sono quelle che, secondo le mie fonti (che non svelerò mai) sono state rivolte a Fabio Adezio, non a lui, mai a lui. E lui lo sapeva e nonostante tutto ha parlato. Conoscendolo, so che lui certe cose non le direbbe mai e poi mai. Penso che i suoi candidati, almeno quelli che conosco meglio, non lo farebbero.

Altri che fanno il tifo per lui, sì.

Carlo Biasone conosce benissimo la mia storia e, se ha l’onestà intellettuale e morale che chiede agli altri, può giurare sulla quella storia, lo può fare anche davanti ai suoi tifosi più disinvolti, per usare un eufemismo. Lui sa che certe bassezze non ho avuto mai il cattivo gusto di usarle. 

Lui ha urlato più volte "Vergogna!". Se lo ha fatto guardando chi tra i suoi tifosi è arrivato a quell’infinito "squallore umano" ha fatto bene. Ieri sera, oltre quelle mura, quell’accusa non poteva uscire. 

Penso che ora questa polemiche si spegnerà. Ne sorgeranno altre.

Carlo dovrebbe ricordarsi che usare e abusare ad ogni piè sospinto il "cristiano" oltre a essere fuori moda rasenta il blasfemo. E lui lo sa bene.   

Ora, raccontare ai miei ventitré lettori tutta una serata con un’ora e quaranta minuti di chiacchiere non è possibile, a meno di essere sprezzante e dire che sono state solo chiacchiere. 

Come ho fatto nelle altre occasioni, porto alla loro attenzione gli spunti più interessanti e qualche riflessione.

La sfilata dei candidati prima di Re Carlo è stata esattamente una parata introduttiva.

Rossano Roscioli poteva/doveva/deve ancora chiarire molto ai suoi vecchi compagni ma ha preferito divagare. 

Fabrizio Papponetti, lasciamo perdere, il suo intento è dichiarato, qualunque cosa dica è inutile, però almeno ha ammesso di essersi candidato per non andare a lavorare a Milano. Ci ha messo cinque anni ma alla fine ha dovuto ammetterlo.

Si è capito perché si è candidata la dolce e graziosa signora Rossella Marchesani, per il suo posto di lavoro, un ottimo motivo, indiscutibile, certamente migliore del suo impegno teso a sparpagliare giochi per bambini nelle varie contrade, dimostrando di non avere alcuna consapevolezza di come si amministra un Comune. Ma qualcosa doveva promettere. Tanto non costa nulla.

Consuelo Di Moia parla di un settore che non vive più. Promette cose che si dicono da decenni sul commercio locale, chiacchiere.

Fabrizio Di Moia, lasciamo perdere davvero. È stato costretto a candidarsi perché è rimasto col cerino in mano alla fine della giostra. Dovrei dire anche di comunicazioni datate/pre-datate/post-datate che sembrano più una minaccia che una giustificazione, ma taccio per carità confraternale. Va bene così.

Dopo il corteo dei paggi arriva Re Carlo, amabile, affabile, sornione come un conduttore televisivo delle reti generaliste o come un attore della più recente commedia all’italiana.

Si accalora, mostra passione, rincitrullisce l’uditorio di numeri, saltando di qua e di là poi tornando indietro. Alzando sempre più la voce. Ci sono due possibili letture: o si è convinto miracolosamente in pochi giorni di quel che gli hanno raccontato o sa che le cose non vanno molto bene da quelle parti e mostra un certo nervosismo, come ha fatto sin dall’inizio del suo dire.

Non si può analizzare questo affannato caos in una nota che più di tanto non può dilatarsi senza subire poi il giusto rimprovero dei miei soli ventitré lettori.

Allora, da un lato mettiamo le critiche. Dall’altro le promesse. 

In mezzo ci sono fiumi di chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere

E le omissioni. 

Carlo Biasone insiste a non presentare il suo curriculum politico-amministrativo. Anche ieri sera ha sparso fumo negli occhi e urla nelle orecchie, ma non ha detto da dove viene prima di dire dove vorrebbe portarci. Se dicesse tutto si scoprirebbe il trucco: ci porta verso una curva a gomito che riporta Miglianico indietro di 10/20 anni, gli anni dei paternalismo bonario, dei progressivo sfaldamento amministrativo e dell’accumulo di debiti che crescevano senza nuovi servizi e senza opere per i cittadini contribuenti.

Le critiche che Carlo Biasone ha avanzato sono di due generi. Uno tende a dichiarare inutili le opere realizzate. L’altro, quello principale tende ad accusare il Sindaco, Fabio Adezio, di aver fatto ma di non aver condiviso, parlato, dato pacche sulle spalle, fatto da mediatore nelle cause tra privati, fatto casomai l’intrattenitore ai matrimoni, aver combinato fidanzamenti e fatto genericamente il comparuccio a decine di bambino da battezzare o da cresimare.

Le promesse sono stucchevoli. Oltre ai proclami elettorali tipo trasparenza, porte aperte, sindaco di tutti, amiamoci e pregate per me, Carlo Biasone insiste a promettere quello che sa essere impossibile. Chiedere ogni sei mesi a chi va a una riunione cosa si deve fare significa prendere in giro la gente e significa non amministrare o amministrare malissimo. Ha dimenticato anche la storia dei grandi democristiani, è tornato alle Comuni della rivoluzione francese o a Masaniello. In una riunione lui va e chiede cosa deve fare. Quanti vanno a una riunione? Cento, cinquanta, duecento? E poi chi va? Comunque si tratta della stragrande minoranza dei Cittadini. Vuole fare una serie sterminata di commissioni di Cittadini. Saranno un’altra presa in giro. Saranno senza potere, inutili a sé stesse ed agli altri, fumo negli occhi buono solo per questi ultimi giorni di campagna elettorale.

Se ha persone sinceramente di sinistra dalle sue parti ma anche se ha memoria dei decenni passati saprà che queste cose erano nei proclami di campagne elettorali del secolo scorso. Si ricorda i Comitati di Contrada che abbiamo provato inutilmente a metter in piedi dopo il 1985 anche con l’aiuto dell’opposizione. Allora la smetta di promettere cose che tra otto giorni saranno carta straccia. 

Promette di fare il sindaco di tutti, quando? Ha uno studio professionale con cause che si fanno a Ortona, Chieti, L’Aquila e Roma e lì deve andarci. Insegna fuori Miglianico e anche lì deve andarci, a meno che qualcuno non timbri il cartellino per lui, cosa che mi rifiuto di pensare sia capace di fare. Deve pensare al patrimonio di famiglia fatto di terre e di immobili, che valgono se sono curati, altrimenti l’abbandono ne svilisce il valore. Deve ancora dire cosa lascerà di questi impegni. Al tempo che rimane dovrà togliere quello per le pacche sulle spalle, le mediazioni private perché "il Sindaco deve pensare anche a questo", ha detto, agli incontri farlocchi e, ovviamente, al tempo delle necessità personali, quelle che servono per restare vivo e in salute, come gli auguro di vero cuore per moltissimi anni ancora. Quanto tempo potrà dedicare per fare davvero il Sindaco, quello che deve andare negli uffici regionali e della Provincia ma anche a Roma, quello per studiare carte e stendere documenti, quello per ascoltare i Cittadini che non si accontentano di pacche sulle spalle, quello per sistemare le emergenze e quello per programmare il futuro, qualora smettesse di guardare nostalgicamente indietro all’epoca di Dino De Marco?  

Promette di garantire le manutenzioni ma non con regolari incarichi a ditte che hanno il DURC in regola e sono sul mercato elettronico come prevede la legge. Lui vuole costituire una cooperativa di disoccupati. È già stato fatto, se lo ricorda? Non regge alla lunga. E, se regge, rischia col tempo di diventare un parco privilegiato per pochi amici degli amici che il Comune deve pagare-pagare-pagare-pagare anche se le manutenzioni costerebbero poi di meno sul libero mercato. 

Questa è una promessa clientelare. Illude tanti e poi casomai funziona per i soliti amici-degli-amici. 

Prima di chiudere con l’impegno di tornare su questi 110 minuti di odio, artifici numerici, bugie e false promesse devo chiedere al mio Amico, Carlo Biasone, di non dire cose che sono uno smaccato rimprovero a sé stesso, proprio a lui. Continua a contestare il Municipio. Ammette che la Regione non avrebbe mai concesso la delocalizzazione senza riprendersi i soldi. Ora dice che il Sindaco avrebbe dovuto organizzare dei pullman per andare a protestare a L’Aquila. Vabbè, dirlo ora non serve, ma in campagna elettorale si può dire anche questo. La cosa grave è questa: dice che lui ci sarebbe salito su quei pullman. Ma quando mai!! Dov’era quando fu presentato il concorso di idee elaborato dal Corso di Laurea in Architettura della “d’Annunzio” per il nuovo Municipio? Dov’era quando è stato presentato il progetto definitivo del Municipio? Dov’era quando tre-persone-tre hanno finto di avere dietro un Comitato mai apparso in piazza e hanno bloccato, ritardato e fatto lievitare i costi del cantiere? 

Carlo non c’era. Come faceva a salire su dei pullman se lui stava pensando ad altro? Perché non si è mostrato allora? Perché non ha parlato allora?

Dice che il posto dove bisognava spostare il Municipio era la Scuola Media. Non so se è stato cambiato, ma l’ultimo PRG approvato prevedeva lo spostamento del Municipio non alla Scuola Media ma davanti alla Scuola Media, esattamente dove si trova la Sala Civica comunale, occupando la piazzetta davanti alla Scuola Media. La sala civica è sempre quella la cui ristrutturazione doveva costare 98.000 euro e poi ci è costata 480.000 euro, grazie al suo ri-amico Dino De Marco. Non ricordo una sola parola di Carlo Biasone né mi dicono abbia mostrato tabelline su questo esempio planetario di aumento dei costi. Come non ha mai detto nulla sulla ripavimentazione di piazza e via Roma costata oltre 1,2 milioni di euro, che si è mangiato anche i soldi del parcheggio di Costa della Forma e che fu affidato, con uno scandaloso ribasso, cioè quasi senza ribasso, ad una ditta del Trentino. Poco più in là c’è l’Austria. Carlo Biasone è stato ri-esumato da Dino De Marco, quello che ha fatto queste enormità senza che Carlo abbia fiatato né allora né dopo e neppure oggi. Perché non ne parla mai di questi esempi di cattiva amministrazione? Ora parla di far lavorare le ditte di Miglianico e spara numeri sui costi delle opere realizzate. La serietà, no?

I miei ventitré lettori, sono attenti e ricordano che di comizi come modalità di comunicazione politica ho già scritto qui. Sanno che quel che resta nella mente degli elettori è la sensazione generale del comizio. Nessuno, tranne i pochissimi controinteressati ricorda il filo del discorso - che ieri sera sarebbe stato introvabile -. Né si possono ricordare tutti gli argomenti per come son stati svolti. Ma chi ha ascoltato un comizio porta a casa una sensazione. 

Il Carlo di ieri sera mi ha anche divertito, nonostante tutto. Perché mi ha fatto ricordare “Cetto La Qualunque”. Se ora scrivo che dovrei chiamarlo “Carlo La Qualunque” si scatena il finimondo. Questi qua sanno fare una cosa sola, le vittime. Se lo scrivo si lamentano per due intere riunioni e ci montano un caso da interrogazione parlamentare.

Allora Carlo La Qualunque non lo scrivo. 

15 - continua.