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Acta Meridiana - 8

L’autogol o, se vogliamo dirlo in un italiano non influenzato da termini stranieri come era d’obbligo in un certo periodo, l’auto-rete è una nota che compare periodicamente nel tabellino delle gare elettorali, sempre con riferimento alla stessa squadra. I miei ventitré lettori ricorderanno l’autorete di “Progetto Miglianico” nel 2014 - in realtà ce ne fu più d’una ma allora ritenni di non dover infierire -. Ora la squadra ha cambiato la maglietta, si sta spacciando con un altro nome ma la propensione all’autogol è rimasta intatta. Uno dei miei Amici capaci di presidiare con intelligenza i social mi ha inoltrato un post pubblicato dall’insieme-che-divide. 

Cosa c’è scritto?

 

Questo, letteralmente questo: “Basta con questa storia delle troppe opere. Strumentalizzazioni continue. Abbiamo detto che quelle opere sono state fatte con denaro già stanziato dalle passate amministrazioni, spesso incomplete, sempre strumentalizzate, (vedi il simil completamento di alcuni lavori a 20 giorni dalle elezioni) e sono state fatte per lasciare il segno, per creare consenso e per puro piacere personale più che per la collettività. Questo abbiamo detto e questo ribadiamo”. 

Autogol e, visto che il callidissimo ghost writer uno-e-trino lo ribadisce, doppio e triplo  autogol.

Hanno ragione i miei ventitré lettori ad avere nostalgia qualche volta dei vecchi comizi. Innanzitutto in un pubblico comizio bisogna trovare uno che queste cose le dica mettendoci non solo le parole ma anche la propria persona. La faccia tosta in certi momenti si trova a buon mercato ma non è che si regala così. Hanno ragione soprattutto perché questa esternazione stizzita, rabbiosa, confusa e strampalata anche elettoralmente sarebbe lo spunto per farci un intero comizio strapazzando agevolmente l’avversario autore di una siffatta esternazione qualora avesse avuto la sfacciataggine di proclamarla davvero così dal balcone.

L’insieme-che-divide, se veramente vuol convincerci di avere argomenti seri, deve semplicemente presentarsi, nelle varie forme oggi possibili, e elencare le opere realizzate in questi cinque anni dall’amministrazione di “Miglianico Cambia”, abbinando a ciascuna di esse i motivi di critica, possibilmente i documenti a sostegno delle presunte carenze, incompletezze e sprechi. Se riescono a trovare il tempo di farlo, dovrebbero presentare anche le controdeduzioni, cioè le proposte che, benché col senno di poi, possano far capire cosa si poteva/doveva fare di diverso.

È vero, le opere non sono poche, anzi sono molte. Pensate se questa polemica la leggeranno in Comuni vicini dove si sta facendo campagna elettorale accusando gli amministratori in carica di “non aver fatto nessuna opera”. Cosa dovranno pensare della nostra Miglianico?! Penseranno che siamo di un altro mondo, perché qui l’Amministrazione ha fatto tanto, ha amministrato bene. Non ha fatto chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere.  

Ovviamente ad ogni azione seguirà una reazione. Quelli di “Miglianico Cambia”, in primis il Sindaco, Fabio Adezio, difenderanno il proprio operato se gli altri dovessero dire o scrivere certe cose nel dettaglio, opera per opera. Spiegheranno il perché e il come sono state decise e fatte le tante opere che oggi danno così fastidio ad alcuni signorotti. Forse rintuzzeranno ogni colpo con la chiamata in causa, come colpevoli e incapaci, certi soggetti che hanno amministrato e che oggi osteggiano “Miglianico Cambia” solo perché le loro vetuste terga trasmettono loro i dolori derivanti dalla sindrome di carenza da pubbliche poltrone.

Questa sarebbe la vera campagna elettorale. Quella nella quale chi ha fatto risponde delle opere e dei giorni passati al governo del Comune. Quella nella quale chi vuole andare a governare prova a dimostrare che è meglio degli altri. I Cittadini possono così capirci qualcosa chiaramente. 

Una campagna elettorale così fatta, però non piace all’insieme-che-divide. Non piace a Carlo Biasone che ha amministrato e deve ancora raccontare come. Non piace, anzi terrorizza i ri-esumatori di Carlo Biasone, perché hanno amministrato, qui e in un altro Comune vicino (“Paesino di tre lettere in provincia di Chieti” by Bartezzaghi). Di consuntivi così, come quelli di “Miglianico Cambia”, loro non ne hanno mai prodotti. Di disastri e di dissesti sì. Ma questa è un’altra storia, anzi è storia.

Voglio dare una mano al mio Amico, Carlo Biasone. 

Gli presento i primi due esempi di opera pubblica che può contestare senza creare imbarazzo a nessuno dei suoi, men che mai a sé stesso.

Il Municipio è il primo. La storia della sua riedificazione va raccontata. L’ho fatto, lo farò nuovamente appena ci sarà lo spazio necessario. Carlo Biasone sa che il finanziamento fu chiesto e ottenuto dall’amministrazione guidata da Dino De Marco? Non può saperlo, perché lui non c’era. Non si interessava di Miglianico né dei Miglianichesi, eccezion fatta naturalmente per parenti, amici e clienti, il che è logico e giusto sul piano della vita privata. Non è giusto se si vuol fare il candidato. 

Se “Progetto Miglianico” avesse vinto le elezioni nel 2014 avrebbe lasciato lì il Municipio. Lo dicono le carte. Lo avrebbe consolidato sismicamente secondo il progetto elaborato e presentato per avere il finanziamento. Il progetto è questo che i miei ventitré lettori già conoscono:

 

Quando il Sindaco, Fabio Adezio, ha trovato la promessa di finanziamento poteva non richiedere quei soldi e lasciare tutto com’era; poteva eseguire il progetto presentato dalla precedente Amministrazione; poteva provare a fare qualcosa di meglio sul piano della sicurezza; poteva pensare alla migliore funzionalità, mettendo ascensore e aprendo la casa comunale all’accesso senza ostacoli per chi ha problemi (prima c’erano solo scale), per realizzare i bagni (ce n’era uno solo prima in cima alle scale), per collocare arredi funzionali, per realizzare una sala consiliare, che è il centro, il simbolo  della democrazia locale, una sala che non c’era più in quel vecchio Municipio, una sala simbolo che non c’è ancora, senza che chi ha una sensibilità popolare o addirittura di sinistra se ne sia accorto o se ne sia lamentato. 

“Miglianico Cambia” ha deciso che la cosa migliore era usare gli stessi soldi per riedificare il Municipio, puntando sulla sicurezza, sulla qualità, sulla funzionalità e sulla bellezza. È riuscito a fare tutto questo. Ha seguito la via della informazione preventiva, del coinvolgimento dell’Università, delle riunioni pubbliche. Solo a lavori iniziati, solo a edificio abbattuto, solo a soldi già spesi ha trovato però tutti i problemi che signorotti e finti tali hanno potuto inventarsi, perché loro provato piacere a non avere quello che ritenevano un fastidio in mezzo ai loro interessi. 

Nessuno ha mai visto le firme. Nessuno ha mai visto un progetto, neppure uno schizzo di quel che si sarebbe potuto fare spendendo soldi dei Miglianichesi per aver rinunciato al finanziamento regionale e dopo aver pagato coi soldi nostri l’abbattimento del vecchio e insicuro edificio. 

Ora il Municipio c’è. 

Carlo Biasone dovrà dire cosa ne vuol fare, se qualche idea seria ce l’ha. Fino ad ora ha fatto chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere, gran parte delle quali, su questo tema sono pure copiate, sono vecchie di due/tre anni.

L’altro piccolo aiuto che voglio dargli riguarda l’ex-asilo, la Casa delle Monache.

Quelli nell’insieme-che-divide che sono stati scelti per nascondere la vera anima di quel non-gruppo hanno chiesto una cosa precisa ai “senior” della politica locale e anche di quella del citato paesino viciniore, hanno chiesto da dove sono arrivati i denari per metter mano alla recupero di quel prestigioso immobile che riecheggia delle voci infantili di mezza Miglianico? Non lo hanno chiesto. 

Non ho i documenti e vado a memoria, pronto a chieder ammenda per imperfezioni su cifre e riferimenti di date. La vicenda ha una lunga storia e complessi andirivieni. C’è però un episodio che Carlo Biasone dovrebbe ricordare. I soldi del finanziamento regionale che Mario Amicone trovò anche quella volta, facendo bene il consigliere regionale, ad un certo punto in bilancio non c’erano più. Federico Anzellotti, da poco assessore comunale, siamo quindi tra la metà del 2006 e la fine del 2008, chiese dove fossero quei denari. Dovette insistere molto prima di vederli riapparire. Sindaco era Dino De Marco, mentre Carlo Bisone era assessore al bilancio. Dino De Marco rimase sindaco anche dal 2009 al 2014, per tutti i cinque anni del governo di “Progetto Miglianico” non utilizzò quei denari né mise mano alla Casa delle Monache diventata sempre più un quasi rudere, abitato da topi e uccelli. Perché non ha fatto nulla? Per lasciare soldi e successo a Fabio Adezio?

In meno di cinque anni l’attuale Amministrazione comunale ha fatto il miracolo. Da quasi un anno, infatti, cioè dal 26 luglio del 2018, la Casa delle Monache è tornata nella disponibilità dei Miglianichesi, solida come struttura, funzionale come spazio civico, bello come palazzo del centro storico. 

Cosa poteva dire, cosa dovrebbe scrivere l’insieme-che-divide? Qualunque cosa, ma non quello che ha scritto. Così ha dimostrato ignoranza colpevole, cecità, disonestà intellettuale e anche una certa malcelata rabbia, perché dovendo confrontare le proprie chiacchiere-chiacchiere-chiacchiere con opere e realizzazioni anche i nervi possono saltare facilmente

L’unica cosa che Carlo Biasone dice su questa vicenda, ripetendola come fosse un punto cardine della sua propaganda, è che loro, quelli dell’insieme-che-divide, quando hanno chiesto di usare quegli spazi hanno trovato la richiesta di pagamento della prevista tassa. Non dice che quella era un’associazione che non era stata registrata in Comune come le altre, per colpa loro, e, soprattutto, non dice che non hanno saputo/voluto chiedere il patrocinio del Comune, come tutti hanno fatto, ottenendo così, senza problemi, l’utilizzo gratuito di quella bella struttura. 

Anche su questo il confronto non lo cercano, preferiscono le insinuazioni, le lamentele, le malignità distribuite anche casa per casa, come i Testimoni di Geova. 

Dire, scrivere cose che cozzano con la realtà è un’autorete, problema che hanno ereditato da chi li ha co-generati. Potrebbero aggiungere nel programma elettorale l’intitolazione di uno spazio a Comunardo Niccolai, il mito italiano dell’autogol, pardon, auto-rete.

8 - continua.

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