Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Salti e fughe, le sfingi dell’insieme-che-divide

Categoria: Notizie
Pubblicato Lunedì, 29 Aprile 2019 15:58
Scritto da Maurizio
Visite: 1007

Avevo lasciato i miei ventitré lettori con l’impegno di proseguire rapidamente la prima analisi sulla presentazione delle liste fatta ieri. Il punto principale lasciato in sospeso è la fuga dei big dalla lista dell’insieme-che-divide, guidata dal mio Amico, Carlo Biasone. Ma non è solo questo che va sottolineato. Ora che la sua candidatura è ufficiale, andrebbe ripresa e ampliata anche la riflessione sullo stesso capo di quel non-gruppo e sul suo percorso politico e amministrativo. Per questo ci sarà tempo, sicuramente.

La fuga dei pezzi grossi come possibili candidati di quella lista ricorda per certi versi quel che accadde cinque anni fa, quando nel compilare la lista di “Progetto Miglianico” i suoi fondatori, Dino De Marco e Lorenzo Antonelli, si squagliarono.

 

Lorenzo Antonelli aveva già maturato il suo addio, trattenendosi dal certificarlo per evitare che cadesse quella maggioranza già tanto tribolata da divisioni interne ed abbandoni. Dino De Marco, invece, si dedicò con impegno ad allestire la lista ma non accettò di entrarvi benché ne avesse affidato la guida all’assessore-plenipotenziario nonché sua collaboratrice di studio, la dottoressa Catia Giovina Mattioli Stella. La fuga di Dino De Marco significò la perdita secca di voti aggravata dal fatto che poi, da Sindaco fuori posto, fu proprio lui a condurre la campagna elettorale per quella lista, voluta da lui per altri ma non per lui. 

Ci fu chi più di altri segnalò questo comportamento bollandolo come "vigliacco". E lo fece in pubblica piazza. A strapazzare pubblicamente Dino De Marco quella mattina fu il mio Amico, Gianleo D’Ercole, che era stato fiero oppositore di Progetto Miglianico nel quinquennio 2009/2014. La sera dopo Dino De Marco se ne lamentò nel corso dell’incontro pubblico a sostegno di “Progetto Miglianico”. Su questo spazio di libertà difesi la posizione di Gianleo D’Ercole, che pure era stato poco cortese nella forma, ma era stato schietto e efficace nella sostanza, e condannai il vittimismo di Dino De Marco, un difetto molto difficile da perdonare anche per i suoi devastanti effetti. (per rileggere quell'articolo clicca qui).

Ora il dr. De Marco ha avuto l’occasione per un doppio, anzi per un triplo colpo: dare forza alla lista che ha progettato un anno fa insieme a Nicola Mincone e ad altri scelti signorotti locali, dimostrare di non essere uno che si squaglia quando bisogna appoggiare gli altri e quando non si è certi di essere incoronati, dare una lezione di coraggio a Gianleo D’Ercole ottenendo così le sue scuse dopo cinque anni esatti da quel 26 aprile 2014. Dino De Marco non ha voluto cogliere questa tripla occasione. Difficilmente ne avrà un’altra a disposizione.  

Nei lussuosi ambienti di via Roma, 90, di “Palazzetto Martinelli” e di “Magione Palocco” in via Martiri Zannolli (le tre-sedi-tre del non-gruppo) deve aver fatto scuola. Anche la succitata dottoressa Catia Giovina Mattioli Stella si è squagliata. Anche lei ora, al massimo, si mostrerà attiva nel sostenere più che la lista dell’insieme-che-divide, uno o una dei suoi candidati, niente di più. È un brutto segnale per chi è sostenitore di quella parte. Chi ha fatto l’opposizione, se l’ha fatta bene, si presenta per incassare il consenso da chi ha avuto la prova che l’opposizione ha avuto ragione. Se si vuole far posto al nuovo o se mancano le condizioni politiche allora si può, si deve fare un passo indietro. Ma non è questo il caso, perché il dott. Fabrizio Papponetti, che è stato altrettanto incapace nel fare opposizione, invece è stato ricandidato, primo, anzi secondo tra tutti. 

Perché Papponetti sì e Mattioli Stella no? I miei ventitré lettori sanno il perché. 

Le motivazioni, quelle vere e anche molte di quelle di facciata, sono una peggiore dell’altra.

Tra i big che si sono squagliati c’è il mio Amico Nicola Mincone e, con lui, gli altri due campioni di quel sedicente comitato “Salviamo la piazza” che tanto danno ha fatto e tanta divisione ha introdotto nella nostra Comunità. Quel sodalizio mai nato e sempre disconosciuto ora si è ridotto alla tardiva e inefficace difesa d’ufficio che può tentare Carlo Biasone. Il quale, giova ricordarlo, allora non c’era, il quale allora non volle esserci e il quale non ha saputo esserci neppure dopo. Ha dovuto fare la sua apparizione solo da qualche settimana a questa parte, con una sorta di mandato di rappresentata politica alquanto farlocco, visto che siamo in un posto dove certe cose si sanno senza che vengano “Le Iene”. 

Antonio Sandro Di Prinzio ha fatto la fuga di mezzanotte, costringendo Carlo Biasone a mettere frettolosamente una pezza alla sua lista che già non era messa troppo bene. Nella fretta è rimasta fuori ogni possibilità di rappresentare Montupoli, un errore che non è da Carlo.

Con lo squagliamento di Dino e di Catia l’insieme-che-divide perde non pochi voti. Tutti sappiamo che i medici di base riescono a prender voti tra i propri pazienti, soprattutto certi pazienti, lavorando di sfigmomanometro e di visite domiciliari insistite come mai vengo fatte nei cinque anni precedenti. Non riescono però a trasferire tutti i propri voti ad altri, tranne che a parenti diretti e di questi, stranamente, non vi è traccia in quella lista.

Si parla di eventuali incarichi esterni in Giunta almeno per Dino De Marco. Non penso sia così. Dino non è tipo da fare la spalla a nessuno. Penso sia più che probabile la promessa fatta a Antonio Sandro Di Prinzio di avere un ruolo di peso in giunta, nel caso Carlo Biasone vinca la sfida con Fabio Adezio. Ma siamo ai margini tra realtà e fantasia certamente per questo e non solo perché l’assessore plenipotenziario Carlo Biasone non lo farà fare mai ad Antonio Sandro Di Prinzio, al massimo gli farebbe fare il Presidente della Pro Loco.  Carlo punta su altre soluzioni. I miei ventitré lettori potranno leggerle prossimamente.

La cosa più simpatica in questa desolazione fatta di squagliamenti prematuri e tardivi è la giustificazione che l’entourage del ri-esumato Carlo Biasone va dando ai propri sostenitori e a qualche perplesso indeciso in queste ore. La versione inventata è questa: Carlo Biasone ha chiesto e ottenuto la cancellazione di ogni ipotesi relativa alla presenza in lista di Dino De Marco, di Nicola Mincone e di qualche altro vecchio arnese (sempre eccezion fatta per Fabrizio Papponetti). Anzi, avrebbe chiesto a quegli stessi soggetti di tenersi il più lontano possibile dalla sua lista. Detto così sembrerebbe anche credibile, anche una cosa positiva. Ma non è così. È “nu pallòne”, una di quelle bugie elettorali artefatte per durare poco più della campagna elettorale che ho già descritto in una precedente occasione.

Con le fughe ci sono stati anche i salti. Capita. Prima capitava rarissimamente. Ora capita.  

Stavolta il salto della lista lo ha fatto Antonio Di Sipio, consigliere-mal-consigliato, di “Miglianico Cambia”, dove fu eletto nel 2014 e dal quale gruppo è stato espulso un paio d’anni fa, passato quindi alla zona mista delle opposizioni dove ha provato a sistemarsi con il gruppo “M5S”, fino ad approdare all’insieme-che-divide. La mia senescenza non mi consente di giurare su quel che ricordo. Ma non faccio brutta figura se affermo che non c’è nelle carte del Consiglio Comunale la traccia scritta, la dichiarazione articolata e fondata, soprattutto le indiscutibili e ripetute prese di posizione chiaramente motivate che attestino il perché il consigliere Di Sipio si sia trovato in così grande disaccordo con “Miglianico Cambia”. I miei ventitré lettori del resto non ricordano quali scelte amministrative Di Sipio ha contestato con tanto lacerante disappunto da dover passare al nemico. Né ricordano cosa possa aver sconvolto la sua convinzione di rinnovamento tanto da farlo piombare dove il nuovo non c’è e, se c’è, è solo vernice sulla facciata. I miei lettori mi dicono che una sola cosa ricordano: Antonio Di Sipio voleva fare l’assessore, ma come voleva lui, alla vecchia maniera. Forse non è vero. Ricordano che il suo saltellare tra i gruppi nell’ultimo biennio ha motivazioni personalissime ma che neppure lo toccano personalmente. Forse anche questo non è vero. Le carte dicono altro. Dicono che è stato cacciato da “Miglianico Cambia” perché non ha mantenuto gli impegni presi pubblicamente. Ora che è stato accompagnato nel non-gruppo meglio riconoscibile per quel che è, cioè l’insieme-che-divide, dovrà sorridere accanto a qualcuno che è stato suo acceso avversario nel 2014 e a qualcuno che lo ha ritenuto avversario fino a un annetto fa. Insomma son sorrisi tirati. Antonio Di Sipio mi è stato sempre simpatico e mi è sinceramente simpatico. Spero gli abbiano detto che il più delle volte cambiare casacca e farlo così come ha fatto lui non porta bene elettoralmente. L’affidabilità in politica vale meno di una volta, ma è pur sempre un valore che qualcuno pensa sia ancora importante. Spero gli abbiano anche detto che si possono consumare spietate vendette politiche rimanendo sorridenti. Ma la vendetta è un’emozione che i sicari non riescono a vivere. I sicari non passano mai alla storia come eroi. 

Ci sono poi i piccoli salti di lato o rimanendo sul posto che alcune e alcuni hanno fatto. Sono quelli di chi si è sottratto alla richiesta di candidatura avanzata da chi stava preparando le tre liste poi rimaste in due. Se non ci saranno motivi particolari questi casi lasciamoli rispettosamente nella discrezione dei singoli: non sono candidati e non sono sotto la pubblica attenzione degli elettori. Una notazione però va fatta. Pare non siano stati pochi questi salti fatti da persone non interessate ma chiamate per questo o quel motivo. È successo anche in quasi tutte le altre località dove si va al voto. È facile far la lista a tavolino. Poi bisogna trovarle, le persone. Alla fine, come è successo e come ho raccontato ai miei ventitré lettori, succede come accadeva una volta quando il calcio era passione senza denaro, per andare a giocare fuori casa, si facevano salti mortali per arrivare a undici. E capitava di vedere scendere in campo la squadra che veniva da fuori con dieci giocatori. Chiedevi perché e ti rispondevano: "N’hanne accucchiàte". 

Viva Miglianico.