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La letterina del sabato 13 aprile

Care Amiche e cari Amici,

si apre domani la Settimana Santa. Come ci ricordava sempre don Vincenzo si tratta di un momento forte. È vero: in poche ore si passa dalla gioia del dono dell’eucarestia allo sconforto accorato per la crocifissione e morte di Gesù e, da lì, alla sua resurrezione che apre a tutti le porte dell’eternità. Per chi crede e anche per chi non crede questo non è il periodo delle sdolcinature, se non quelle che la nostra tradizione ci fa incontrare attraverso dolci che hanno un fascino sublime e la tenerezza dell’infanzia. 

Ma oggi è ancora sabato. Il dovere verso i miei ventitré lettori non va in ferie e non si fa fermare dal profumo di un cavallo o di una pupa né dalle dolci ogive di cioccolato.

 

Avevo promesso di riprendere oggi un tema che può sembrare desueto, davvero fuori moda: “Nascita, vita, disastri e future disgrazie di Progetto Miglianico”. Molti ritengono che quel che fu il multicolor-group ormai sia solo un relitto del passato; qualcuno lo vede come uno zombie pronto a sorgere dal suo scolorito sacello; pochi, fino ad oggi - ma ci sono eccome - gli danno almeno un minimo di credito anche per l’immediato e prossimo futuro.

Tutti sappiamo, tutti ricordiamo cosa è stato “Progetto Miglianico”: il primo vero miscuglio, politicamente indistinto e indistinguibile, spacciato come gruppo per chiedere e ottenere strumentalmente la fiducia degli elettori di Miglianico nella primavera del 2009. Il trucchetto, architettato abilmente da Dino De Marco e da Lorenzo Antonelli, a livello elettorale, funzionò, per il rotto della cuffia e non solo per quello. Senza buone idee, incapace di progettare alcunché, tenuto insieme con lo sputo, generò il peggiore quinquennio amministrativo della nostra storia. Oltre a perdere pezzi progressivamente, si trovò paralizzato per gran parte della sua avventura da un evento drammatico, mai svelato e rimasto ancora avvolto nel mistero: il doppio attentato ai danni del Municipio e poi dell’abitazione dell’allora sindaco Dino De Marco. Fu proprio Lorenzo Antonelli, presidente del Consiglio comunale mai sfiduciato, che sentenziò dal suo alto scranno che da quei fatti derivò un improvviso e deciso cambiamento nella fase amministrativa di “Progetto Miglianico”, in verità già sgangherata sin dal suo avvio.

Acciaccato, scolorito, tenuto insieme con la carta adesiva sui modelli e sui manifesti elettorali, “Progetto Miglianico” ebbe il coraggio di ripresentarsi nel 2014. Aveva due gravissimi deficit: non aveva in lista, per squagliamento, Dino De Marco e, per sussulto di dignità, Lorenzo Antonelli; a questo primo deficit aggiunse l’altro, non portò nessun consuntivo oltre a nessun programma credibile in campagna elettorale. Il risultato è stato senza equivoci.

Ciononostante gli unici due eletti nella minoranza consiliare, la dottoressa Catia Giovina Mattioli Stella e il dott. Fabrizio Papponetti, hanno tenuto in vita un gruppo consiliare con il nome di quelle lista, mentre Dino De Marco non solo ha tenuto aperta la sede di “Progetto Miglianico” nel centralissimo Palazzetto Martinelli ma ne ha tenuta accesa l’insegna. L’opposizione, quando non studia, quando non si impegna e soprattutto quando non ha elementi estremamente validi, decisi e coraggiosi, fa meno di quel che dovrebbe, fa pena. Così è stato per il gruppo di “Progetto Miglianico”. L’unica cosa che è riuscito a fare è stato lo stucchevole mezzuccio di far affiggere manifesti in occasione delle nostre feste principali, senza mai azzeccarne però uno solo sul piano della efficacia e della veridicità.

“Progetto Miglianico” ha avviato a inglorioso esito la sua vicenda facendo anche il doppio gioco soprattutto con qualche suo onesto sostenitore. Ha fatto finta di restare in vita, attivo e presente mentre i suoi reduci avevano già firmato l’atto costitutivo dell’insieme-che-divide, che è nato, come i fatti hanno dimostrato, solo e soltanto per metter su una lista alle prossime comunali. È stata, è un’operazione per poter soddisfare ambizioni di potere e per poter metter in campo una forte avversione da parte di determinati soggetti che avevano/hanno bisogno di un vestito e di una maschera nuovi per agire e provare nuovamente a ingannare gli elettori miglianichesi.

Potrebbe chiudersi qui la breve e non bella storia di “Progetto Miglianico” se non fosse che, come vi dicevo prima, c’è “qualcuno lo vede come uno zombie pronto a sorgere dal suo scolorito sacello, pochi, fino ad oggi gli danno almeno un minimo di credito valido anche per l’immediato e prossimo futuro”.

Costoro si chiedono perché la sede ci sia ancora, perché l’insegna non venga tolta visto che da più di un anno i “progettisti” sono nella stessa zuppiera dell’insieme-che-divide. Questo stallo finto attivo può essere giustificato dal tardivo e imbarazzante agitarsi di Fabrizio Papponetti nell’ultimo consiglio comunale? Può essere, ma sarebbe davvero uno spreco dopo ogni spreco. Può esser motivato dal fatto che tanto le spese per affitto, insegna e bacheca sono state pagate anche per quest’anno e allora tanto vale rimanere così. Ma anche questo sarebbe uno spreco, stavolta economico, uno schiaffo alla povertà, oltretutto una prova di incapacità di gestire anche il proprio privato associativo oltre il pubblico. 

C’è una ipotesi che gira, che viene sussurrata, anche soppesata con una certa attenzione. Non è sorretta, per ora, da controprova alcuna ma non per questo è da ritenere decisamente infondata. La politica è fatta anche di analisi apparentemente solo teoriche. Va tenuto ben presente che, almeno a leggere i libri di storia, Carlo Biasone non dovrebbe avere niente a che fare con “Progetto Miglianico". Anzi dovrebbe conservare tutta intatta la completa diversità da quel gruppo e da quel modo di pensare e di agire, sempre se la coerenza ha ancora il valore che tutti le diamo. Se la coerenza non conta più nulla, allora va bene tutto.

Torniamo all’ipotesi che gira, che viene sussurrata e soppesata.  

Può darsi che dentro le lussuose sedi associative ed elettorali dell’insieme-che-divide qualcosa non fili affatto liscio, anzi, che il perverso gene divisivo stia incrinando dall’interno i patti di potere a suo tempo stretti prima di avviare l’operazione in maschera che ci vien ora presentata con le sue foto patinate. Nella composizione della lista, ma forse anche negli accordi a latere che si stanno facendo per sistemare quel che si chiama genericamente sotto-governo e che interessa a certuni molto più delle singole candidature, qualcosa non va come dovrebbe. Forse la carta adesiva non regge, non riesce a tenere unito agli altri chi si agita per un forte e crescente imbarazzo: chi, iscritto, dirigente o aspirante dirigente di partito, deve accettare di mettersi in lista con chi è iscritto, militante, dirigente o aspirante dirigente di un partito diverso, molto diverso, avverso al proprio. 

Le tensioni, se ci sono, sono accuratamente sopite, camomillizzate. In questo il mio Amico Carlo Biasone è un maestro. Ma qualcuno che lo conosce e, soprattutto, conosce i suoi polli, forse ritiene utile tenere pronta una scialuppa sulla quale saltare senza finire in mare. Certo “Progetto Miglianico” non è il massimo ma c’è, esiste e può tornare utile per minacciare qualcosa del genere: "Noi una casa ce l’abbiamo e quando è andata male abbiamo preso comunque più di 900 voti. Voi dovete ancora prendere un voto che sia uno, perché qui non stiamo a fare le politiche e le persone contano, sono i candidati che prendono i voti alle Comunali: noi sappiamo quanto contiamo e sono i numeri a dirlo. Ergo, meritiamo rispetto, vogliamo ascolto ed esigiamo la giusta considerazione. La misura per noi è già colma". 

Il discorso non farebbe una grinza, almeno sul piano teorico. 

A questo punto, stirare o provare a stirare grinze e rughe di “Progetto Miglianico” per provare di rimetterlo a nuovo alla bell’e meglio sarebbe più facile che ripartire da zero con una lista ancora diversa. Dover cambiare casacca per la terza volta in un solo anno sarebbe un po’ troppo disinvolto anche per chi ha la faccia tosta che tutti i miei ventitré lettori ben conoscono.

Non è così che stanno le cose?!

Bene, meglio così.

Buona Domenica.

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