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L'insieme che divide (quarta parte)

L’altro personaggio, il campione della perversa sperimentazione alchimistica de “L’insieme che divide” è, ovviamente, il mio Amico, dr. Dino De Marco.

Devo ricordare a chi può averlo dimenticato un fatto non proprio vicino nel tempo ma già capace di delineare alcuni tratti del nostro personaggio. Il mio Amico Dino De Marco, allora componente del Direttivo della Sezione DC di Miglianico, della quale ero segretario politico, organizzò una cena di presunti dissidenti fuori dai confini comunali, per valutare sostanzialmente se ci fossero i numeri per poter conquistare con un colpo di mano la segreteria del partito. La sfida non era al Segretario politico ma al Sindaco, Mario Amicone, che stoppò subito il giochetto. Chi partecipò a quella cena, come sedicente pacificatore? Nicola Mincone. Il loro insieme, quello sì, c’è sempre stato.    

Il dr. Dino De Marco nella primavera del 2004, dopo primarie parzialmente drogate, fu messo, senza alcun merito e con lo specialissimo, grato appoggio di Nicola Mincone, sulla poltrona di Sindaco dall’UDC di Miglianico, del quale ero il Segretario cittadino. Lo preciso perché, almeno formalmente, essendo l’unico titolare della delega per la presentazione della lista, avrei potuto non scrivere il suo nome. Lo preciso perché, mentre stavamo perfezionando i documenti, lui stava poco lealmente componendo una lista con uno stemma civico, che era stato fatto dall’arch. Di Clerico e dal sottoscritto per il 1999.

Dino De Marco in pochi mesi riuscì a trovarsi diviso dalla sua maggioranza. 

 

In quell’estate del 2004 fece tutto lui. Non posso aver colpe perché potei far nulla visto che ero impegnato in altre faccende che mi tennero lontano dalla Sezione per alcuni mesi. Prima di questo mio temporaneo distacco dalle vicende locali, la divisione era già stata certificata. A giugno, pochi giorni dopo l’insediamento, l’allora assessore Tiziano Cicchitti mi disse che, se non fosse stato perché si vergognava di dover andare a spiegare una cosa tanto triste ai suoi elettori, avrebbe preferito far cadere subito il Sindaco appena eletto, cioè Dino De Marco. 

In quel quinquennio, concluso mantenendo il più possibile in piedi la maggioranza (l’opposizione fece poco o niente), Dino De Marco fu retto essenzialmente da un puntello e si aggrappò ad un altro appoggio meno evidente. Il puntello forte fu Nicola Mincone, per il quale avevamo inventato la carica di Presidente del Consiglio Comunale. Fu lui a salvarlo almeno un paio di volte dalla sfiducia che era pronta e con i numeri giusti, senza il soccorso della minoranza. L’altro puntello, molto più soft, fu quello del mio Amico carissimo, l’avv. Prof. Carlo Biasone. Fino all’ultimo esitò a mollare Dino, dimettendosi da vice-sindaco, come avrebbe dovuto e voluto, almeno così ha sempre detto. Mise in chiaro la sua separazione da Dino, dichiarato anche da lui inaffidabile, solo nella fase della composizione della lista “Viva Miglianico Viva, quando però Dino aveva già allestito “Progetto Miglianico”, attività parallela e sleale che ha portato avanti continuando a fare il Sindaco, continuando a negarlo fino al fatto compiuto. 

Voglio ricordare che, nella famosa sera di fave e pecorino organizzata appositamente dal mio Amico ed allora assessore, Federico Anzellotti, promise solennemente ai consiglieri comunali e ai dirigenti sezionali del Partito che non si sarebbe ricandidato nel 2009, chiedendo solo che lo lasciassimo in carica senza farlo cadere fino a fine mandato. Noi mantenemmo la parola data. Lui si divise dalla sua promessa solenne.  

Dino De Marco è riuscito solo a dividere, mostrando, invece, di ritenere che tutti lo sostenevano e lo amavano. Non si era accoro, ad esempio, che si era già diviso dai suoi assessori e consiglieri di maggioranza nella stima e nella fiducia. Fu sopportato senza essere stimato, fatta la dovuta eccezione sopra accennata. 

Ha portato alla distruzione di un’esperienza amministrativa, quella del 2004, che sarebbe stata lungamente inattaccabile sul piano elettorale e che conteneva molte potenzialità per un futuro decisamente migliore sul piano amministrativo e politico rispetto a quello che ci è toccato vivere con l’avvento dell’inconcludente e dannoso quinquennio di “Progetto Miglianico”. Lo ha fatto perché ha sempre pensato che solo lui, in quel gruppo e fuori da quel gruppo, potesse fare il sindaco. Anche lui, così facendo, ha dimostrato di saper utilizzare cinicamente le persone senza consentire loro di progredire nell’esperienza amministrativa. Per carità di patria, come si suole dire, tralascio di ripetere come affrontò il momento della rotazione degli assessori, che divenne perciò drammatico. Al termine di quel passaggio disse candidamente che si era liberato dalla zavorra (Agostino Antonelli, Lorenzo Masciulli, Tiziano Cicchitti e soprattutto Peppino Di Giovanni che lui riteneva un peso insopportabile) e poteva finalmente decollare come un missile. Si sarebbe schiantato se non fosse stato puntellato come detto e se non avesse approfittato di contingenze congressuali ed elettorali extra-comunali. Non si schiantò ma non amministrò, impedendo anche ai nuovi assessori di dar piena prova delle loro potenzialità.

Nella fase di “Progetto Miglianico”, poi, Dino De Marco diede il meglio di sé. E deve essergli piaciuto molto perché ora sta riproponendo lo stesso schema. La strategia di allestimento della lista è la stessa. Ne parlerò in una successiva nota.

Allestì quella lista multicolor solo per dividere i voti e gli Amici (alcuni dei quali ruppero rapporti durati decenni). Non ha mai pensato di promuovere una classe dirigente nuova e più capace. I fatti hanno dimostrato che la sua maggioranza, incapace strutturalmente di governare, si è divisa pezzo dopo pezzo, in modo più evidente di quella del quinquennio precedente, perché ci furono dimissioni e contrapposizioni dure e pubblicamente evidenziate. 

Lui si è diviso ancor di più dalla fiducia dei Miglianichesi perché ha gestito come ha gestito la composizione della lista nel 2014. E perché poi ha guidato direttamente, pur essendo due volte fuori luogo, la campagna elettorale di quella lista, sconfitta oltre ogni aspettativa. 

Ora ci riprova. Pensa di aver diritto alla rivincita. Pensa che ricandidandosi possa dimostrare che è il migliore, sfidando la storia che dice il contrario. 

Non pensa che forse è giusto rimanere fermo e non aggravare le divisioni visto che lui i suoi 20 anni seduto li ha passati a governare e a dividere.  

La cosa più grave è che molti Amici che sanno bene come stanno le cose, ora fingono di non ricordare più che Dino De Marco si era già diviso dalla stima e dalla fiducia dei Cittadini perché non ha mai saputo dare una spiegazione dignitosa, credibile e coerente sui fatti drammatici che portarono all’incendio dell’auto del Comune sotto il portico del Municipio e della sua auto nel cortile di casa sua.

Ora, lui più di altri, si trova in una posizione particolarissima, che richiede chiarezza e lealtà sul piano politico e associativo. 

Lui è il capo assoluto di Progetto Miglianico. Lì è lui che comanda, è lui che dispone e che dà indicazioni. Lui paga l’affitto di Palazzetto Martinelli. 

Progetto Miglianico” non è un sodalizio qualunque. È un soggetto politico locale che ha un suo gruppo consiliare, seppur di minoranza (grazie a Dio). Mantenendo questo ruolo evidentissimo, ha promosso e organizzato la costituzione di “Miglianico insieme” che verrà presentata come un’associazione, ma, che secondo la sua stessa ammissione, altro non è che il luogo patinato e tranquillizzante dove si sta allestendo la nuova lista per le prossime elezioni comunali.

Nei prossimi giorni questo equivoco probabilmente verrà risolto, non sostanzialmente ma solo formalmente, con una di quelle formulette verbali che vengono inventate per canzonare il Popolo.

Con queste formulette di propaganda-a-tempo, anche lui cercherà di dimostrare che questo insieme che lo circonda è la dimostrazione che lui non è divisivo ma è capace di aggregare. 

Attendo senza particolari ansie che il futuro prossimo venturo dia le dimostrazioni del caso.

La storia locale, però, racconta altro, l’esatto contrario. 

Lui probabilmente ha scritto un libro con la sua versione della storia, cioè l’anti-storia. Leggendo e rileggendo quel suo libro deve essersi convinto che la versione scritta da lui sia una storia vera. 

Poi, come si fa in certi regimi da operetta ma anche nelle dittature, questo libro verrà imposto come libro ufficiale ai neofiti di “Miglianico insieme”.

Nel mentre sta tornando protagonista, cosa che forse lo gratifica molto, della composizione delle candidature da lanciare alle prossime elezioni comunali, forse non solo quelle. 

Sarà una vicenda che ci verrà presentata come un insieme che attrae. 

È una vicenda già carica di potenziali effetti divisivi. 

Di questo si tratterà una prossima occasione.   

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