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La letterina... spiegata

Categoria: Notizie
Pubblicato Martedì, 24 Aprile 2018 20:57
Scritto da Maurizio
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Care Amiche e Cari Amici,

ho atteso i classici otto giorni per avere il report di quanto veniva scritto e commentato sui social a proposito della nota dal titolo “Il 18 aprile 1948 a Miglianico”. Tanto ho atteso per valutare, con calma e divertendomi non poco, quel che aveva suscitato il semplice scritto di questo vostro insignificante amico.

I commenti hanno dimostrato che buona parte di chi legge sul web scorre velocissimamente lo scritto, quindi non legge. Qualcuno ha la pessima abitudine di fermarsi al titolo, dedicando, al più, pochissimi secondi alle primissime e alle ultimissime righe di quel che si vorrebbe invece far pensare di aver letto con attenzione.

Cosa dovrei pensare altrimenti constatando che c’è chi ha semplicemente postato solo un generico e banale augurio per il mio Amico Nicola Mincone?

 

Forse chi ha fatto questo non ha letto tutto o non ha letto bene o ha fatto di finta di aver capito. Ma non ha capito. Ora si giustificheranno dicendo che chi ha scritto non sa scrivere e non sa farsi capire. Vabbè: è il facilismo della faccia tosta applicato alla realtà.

Così vanno le cose, almeno così andavano una settimana fa.

Avevo messo nel conto che ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe fatto finta di non capire. Allora ho fatto un gioco facile-facile. Ho scritto quel pezzo di storia vera e di sincera amicizia così che si potesse leggere in due modi. Ho dato un ordine ai capoversi che consente di capire di più in chiave politica se essi vengono letti in ordine inverso.

Per aiutare chi non vuol far fatica, vi presento lo scritto in quell’ordine capace di delineare chiaramente il pensiero affidato a quella nota.

Prima, però, devo segnalare il comportamento del mio Amico Nicola Mincone. In questa piccola vicenda ha evidenziato una caduta di stile, per dirla in modo elegante. Sembra la triste conferma di un progressivo scivolamento verso le sponde viscide del rancore e del risentimento ingiustificato.

Poteva ringraziare direttamente. Poteva farlo qui, su questo spazio di libertà. Non aveva senso lasciare il suo segno di gratitudine in un altro luogo. Lui lo ha fatto.

Se uno riceve un biglietto di auguri da un indirizzo e se accetta quegli auguri, invia la risposta a quell’indirizzo. Se uno non gradisce gli auguri non risponde. Se non vuole rispondere può farlo, ci mancherebbe.

La bella o la brutta figura la fa lui.

Stavolta non ha fatto una bella figura.

Il buon Nicola, quello che si vantava di non aveva nemici anche tra i più rudi oppositori, l’uomo che ti abbracciava per troncare una discussione quando sembrava non avere via di pacificazione, quel Nicola Mincone, auto-propagandatosi così, fino a qualche anno fa non avrebbe avuto il comportamento mostrato il 18 aprile scorso. Forse è il tempo corrente e non l’età che lo ha cambiato.

Il messaggio era meglio leggerlo rovesciato nell’ordine dei suoi capoversi, ma questo lui e chi gli sta vicino non lo hanno capito e non lo avrebbero mai capito da soli.

Anche ora che leggerà la versione politica di quell’analisi, conclusa elegantemente e sinceramente con gli auguri di buon compleanno, non potrà far finta di niente.

Sempre e comunque la si giri quella lettura, vedrà che gli auguri ci sono, che gli auguri sono sinceri e senza doppio senso.

Quegli auguri non sono stati accolti. Non sono stati graditi. Non sono stati motivo di un grazie anche solo formale. Non fa nulla.

Il mondo va avanti lo stesso con gioia.

Quegli auguri conservano tutto intero il loro valore. Anzi, da una settimana e nel tempo che verrà, avranno sempre più valore per spirito e, mi sia consentito, per classe.

Fatta questa indispensabile precisazione sullo stile e su quella che una volta si chiamava la buona creanza, vi invito ora a rileggere quella parte della nota pubblicata il 18 aprile scorso nell’ordine che consente di inquadrare il giudizio politico che ha meritato il mio Amico Nicola.

Per lui, ma non solo per lui, sembra sia stata scritta appositamente la frase che otto giorni fa chiudeva opportunamente e che oggi efficacemente apre il testo.

L’amico è chi conosce bene i tuoi difetti e nonostante questo continua a volerti bene.

Al Nicola che ho conosciuto con un braccio ingessato mentre intonava un ritmato ”pinze e tenaglie-tenaglie e pinze” su un autobus con gli strapuntini che portava noi giovani e giovanissimi della Parrocchia ad Assisi e alla Città della Domenica nel 1973, al Nicola che scriveva col pennino in caratteri gotici i diplomi della Miglianico Tour che gli passavo, al Nicola che scriveva direttamente a penna i discorsi che mi chiamava ad allestire, al Nicola che mi ha portato a far le scritte sui muri di notte, al Nicola che non riusciva a mantenersi sveglio nelle lunghe notti dopo le riunioni, al Nicola che arrivava sempre, a qualunque ora e in qualunque posto fossimo mentre stavamo scolando la pasta anche se non era stato alle riunioni, al mio Amico Nicola, anche quest’anno, come ogni anno faccio i miei gioiosi auguri di buon compleanno, sinceramente, come si fa ad un vecchio Amico.

Nicola, il mio Amico Nicola, compie oggi i suoi primi settant’anni. Da tantissimi anni ho sempre ricordato di fargli gli auguri, anche quando questo, venendo da me, ha destato sorpreso in alcuni di coloro che lo hanno circondato di volta in volta forse più per interessi vari che non per vero affetto.

Questo ora non conta.

In quel fatidico 18 aprile 1948, domenica, nasceva anche il mio Amico Nicola Mincone. Di quel 18 aprile del ’48, come di altri passaggi elettorali, ha goduto come italiano. Non ha imparato a leggere sempre con la stessa serenità i numeri elettorali degli anni in cui ha vissuto come politico oltre metà della sua vita. Forse anche questo deve aver contribuito a cambiarlo non poco nella prima fase della sua terza età, ormai avviata a pienezza da qualche tempo. In questa stagione della vita si può diventare più dolci e più saggi. O si può liberare quel che di egoistico, di interessato, a volte anche di astioso e di negativo si è riusciti ad ammantare negli anni precedenti sotto un tabarro di un buonismo sparso a larghe mani.


Buona Festa della Liberazione!