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La letterina del sabato 17 marzo

Care Amiche e cari Amici,

non voglio disturbare il silenzio che copre la nostra Miglianico dopo la domenica elettorale del 4 marzo scorso. Il silenzio c’è perché non ci sono soggetti politici che possano dir qualcosa. Il vuoto della politica non è un luogo sereno. Ce ne accorgeremo. È vero che il chiasso, gli slogan urlati, il semplice amplificare messaggi negativi facendoli tambureggiare nell’aria e nella rete non è cosa buona. 

Però il silenzio, quando non è cornice della pace, quando non è scelta di riflessione ma è solo assenza di voci che raccontano il pensiero, è brutto.

 

Non scriverò della vicenda Moro che tutti hanno cominciato a raccontare e analizzare essendo stato ieri il quarantesimo anniversario della strage di via Fani e del rapimento del grande statista democristiano. In tanto commentare, per ora, è bene ascoltare. In anniversari a cifra dispari vi ho raccontato episodi, vi ho confessato emozioni, vi ho narrato fatti relativi a questa vicenda ancora non chiarita che tanto pesa sull’Italia. 

Tornerò a riflettere con voi in altro momento di questo. Non ora.

Da qualche settimana mi sono ripromesso di riprendere un argomento tutto nostro, legato alla vita, agli eventi, in particolare alle tradizioni locali. L’anno scorso, nel lodare l’impegno di chi partecipa all’orchestra del Venerdì Santo, dal giovane e brillante maestro Giuseppe Cupido tutt’intorno abbracciando ogni “musicante”, avevo lanciato la proposta di far qualcosa per costituire in modo più stabile e organizzato l’orchestra che suona il Miserere e le altre struggenti melodie con accompagnano la processione del Cristo morto per le strade cittadine. 

Non speravo molto. Ma un po’ ci ho sperato. 

È trascorso un anno e resta la proposta che nessuno ha contestato. Resta anche il ritmo dinoccolato di un generoso impegno da parte di chi offre tempo e arte musicale come sempre si è fatto. Ma non c’è stata nessuna energia positiva.

Organizzare stabilmente l’orchestra e anche il coro, che continua a radunare attorno al complesso polifonico i fedeli senza prove e senza struttura, sarebbe cosa da fare. Sarebbe un beneficio oggettivo per dare struttura alla nostra tradizione mettendo insieme, con calma, anche chiamandoli uno ad uno, tutti i Concittadini che hanno uno strumento musicale e lo sanno suonare, che sono molti di più del gruppo dei nostri generosi e impagabili “musicanti”. Sarebbe un beneficio per la coreografia della processione avere melodie e canti eseguiti con organici più cospicui e anche con una divisa distintiva, fosse anche solo un berretto. Su questo credo che siamo tutti d’accordo. Qualcuno avrà puntiglio nell’indicare questo o quel particolare ma nella sostanza nessuno sarà contrario.

Il fatto è che non si è fatto e, temo, non si farà.       

Molti di noi, personalmente o attraverso i media e i social, girano di qua e di là, visitando luoghi vicini e lontani, portando poi con sé espressioni di ammirazione per le cose viste, per le cose che altri fanno e che hanno successo, che richiamano gente, che fanno un po’ di invidia. Poi, ovviamente, alcuni lanciano accuse generiche e altri pontificano come fossero fonti limpide di verità. 

Nessuno si chiede mai perché altrove certe cose ci sono e sono così ammirevoli. 

La risposta naturalmente è semplice da accettare: altrove c’è chi si impegna a organizzare bene e, facendo bene, a fare così promozione del proprio Comune, proseguendo orgogliosamente in una tradizione che viene ammirata, trovando in quella ammirazione e non nel tornaconto personale la gratificazione che lo spinge a continuare ancora e far continuare le generazioni successive.

Da noi questo al massimo si accetta alla fine di un ragionamento ma non fa scattare l’emulazione. Nessuno, tranne i soliti, si muove. Eppure abbiamo Concittadine e Concittadini che hanno dimostrato e dimostrano impegno, intelligenza e disinteresse realizzando cose egregie come le Feste Patronali, le tante manifestazioni della Pro Loco, le attività parrocchiali, quelle ricreative e quelle sportive. Ma, alla fine dei conti, sono sempre i soliti. Quando non arrivano loro le cose si desiderano, si immaginano, al massimo si annunciano, ma non si fanno. 

Certo, se ci fosse chi si mette avanti, forse anche l’Orchestra e il Coro del Venerdì Santo passerebbero dallo stato di proposta e di desiderio a bella realtà. 

Forse occorre un piccolo accidente che metta accanto a chi c’è e fa già altro qualcuno che porta nuova energia, altri minuti di tempo solidale, la capacità di un impegno che si aggiunge o che copra lo spazio di chi si è fermato perché stanco, perché sfiduciato, perché non più con noi. Forse se l’organizzazione della Processione del Venerdì Santo iniziasse con questo nuovo progetto, almeno per una volta, subito dopo le feste di Natale, partecipando o anche solo assistendo al tradizionale rito saremmo colti da orgogliosa meraviglia nel vedere e nel sentire un’Orchestra più grande con un Coro più numeroso. Poi, forse, sarebbe più facile ricordarsi di ricontattare un po’ in anticipo chi c’era l’anno prima e, casomai, convincere un amico in più.

Le cose che ammiriamo negli altri posti sono nate così, con l’impegno di chi le ha costruite pian piano per farle durare. 

Tutte le cose che oggi riteniamo antiche, un tempo furono nuovissime. 

E qualcuno le ha cominciate a fare.

Buona Domenica. 

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