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Il richiamo dell’etichetta

In occasione di una recente conviviale accademica, che, giova precisarlo a beneficio di chi lo ignorasse, non è una mangiata tra amici ma un evento cultuale, ho notato un particolare nel ristorante che mi ha colpito. Tra le bottiglie esposte ce n’erano alcune evidentemente non in vendita poiché molto datate e sistemate a far bella mostra di se e dar colore al locale. Tra quelle, seminascosta, ho intravisto un’etichetta che ha acceso ricordi e curiosità. Ho dovuto attendere la fine della conviviale, i commenti, l’omaggio alla brigata di cucina, il suono della campana che segna il termine ufficiale dell’evento. A quel punto, mentre si passava ai saluti ho preso una sedia e ho raggiunto quell’etichetta dalla quale non avevo staccato lo sguardo per tutta la serata. Non mi sbagliavo. Era una bottiglia di “CERRETO” Montepulciano d’Abruzzo cerasuolo - annata 1977 - dell’Azienda Agricola Petrosemolo di Miglianico: un gioiello di quarant’anni fa.

 

Parlare di gioiello non è fuori luogo. 

Quell’etichetta mi ha fatto tornare alla mente cose lette proprio quarant’anni fa, anzi, per l’esattezza, un paio d’anni prima, e poi ricomparse nella memoria e poi ancora ricercate con cura un paio d’anni fa. Di quel “cerasuolo”, di quel vino ormai scomparso, ma non solo di quello fu scritto qualcosa di importante allora. A Miglianico venne Mario Soldati, scrittore e giornalista di gran vaglia, oltre che personaggio unico. Fece tappa proprio a Miglianico nel suo terzo viaggio in Italia alla scoperta dei suoi vini. Mario Soldati non faceva noticine o schede. Raccontava magistralmente i vini attraverso le persone e i luoghi. Il suo racconto fu pubblicato su “Epoca” al quale eravamo abbonati. Ritrovai quello scritto, completo nell’inanellarsi delle tappe di quei viaggi, in un libro “Vino al Vino” che Mario Soldati pubblicò quale racconto-resoconto del suo girare l’Italia attraverso i vini e i vignaioli dell’epoca. Leggere di Miglianico e di cose così ben raccontate mi aveva ovviamente dato un emozione indelebile. Ma poi i particolari sfumano col passare degli anni. Resta l’emozione. Quell’etichetta l’ha ridestata anche nella voglia di riappropriarsi dei contorni e di vederli ancora riempiti dei fatti, delle descrizioni, del racconto di una Miglianico che non c’è più, soprattutto di Concittadini e Amici che non ci sono più.

Viene descritta molto efficacemente la figura straordinaria di Gaetano Petrosemolo, che, come ho raccontato anche a proposito di altre vicende (fu lui a scolpire quel “La casina non si tocca”) ho avuto la fortuna di conoscere e ammirare.

Esplode dal testo, con tutta al carica umana, scientifica, culturale e di simpatia Carmine Festa, l’enologo, Amico di Miglianico e padre di nostri vini, un personaggio al quale dobbiamo ancora rendere l’onore che ha meritato nella sua irrefrenabile attività di consulente e amico.

C’è, a conclusione della visita al villino dei Petrosemolo una dichiarazione dell’autore che sarebbe bastata, allora, per fare anni di pubblicità ai nostri vini, in Italia e nel mondo:"Se una legge mi obbligasse ad acquistare un vino solo, candidato preferenziale sarebbe il Cerasuolo del Cerreto".   

Viva Miglianico è il luogo dove collocare il tesoro ritrovato.

Le pagine che seguono sono la prima parte di quel racconto scritto da Mario Soldati. La seconda parte, per motivi di spazio, la pubblicheremo nei prossimi giorni. Vi troveremo citazioni sull’indimenticato don Vincenzo, spunti apparentemente polemici ma interessanti, qualche sorprendente curiosità architettonica e tanto altro ancora.

Oggi, però, chi ama Miglianico può aprire questo cofanetto e fare un giro in un passato recente eppure apparentemente così lontano. Potrà conoscere o riscoprire una realtà che era già così importante, così potenzialmente forte e che, forse, oggi ci fa rimpiangere qualche occasione perduta, non solo da noi ma dal nostro Abruzzo.          

      

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