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La Domenica della gioia…. (seconda parte)

Eravamo rimasti a questo passaggio del mio piccolo e divertito racconto. Passata questa scaramuccia iniziale, il mio Amico e Medico curante, il dr. Dino De Marco, ha avuto modo di chiarire due o tre cose, cioè di lanciarmi pesantissime accuse.

Ecco il prosieguo.

C’è stato un primo assaggio di accusa in un coretto a due voci, Dino &Catia: "Tu non vivi il paese. Esci, arrivi dal tuo amico Federico e torni a casa. Ti interessa solo quel tratto di strada". La risposta non dovrei darla neppure, tanto è stupida un’accusa del genere.

 Invece va data, perché l’accusa denota in realtà un atteggiamento da vecchio e sgangherato regime totalitario. Il privato cittadino viene controllato in quel che fa o non fa; viene quasi spiato nelle sue abitudini e poi descritto non secondo la verità dei fatti ma secondo i parametri e i canoni utili al regime. Immagino abbiano anche un report sui miei spostamenti a Cerreto, a Montupoli, a Piane San Pantaleone o sulla frequenza con la quale faccio la spesa e dove la faccio o quando vado al cimitero o in Chiesa o a casa di Amici, come fanno tutti i Miglianichesi. Immagino abbiano anche il timing dei miei spostamenti per andare al lavoro, che non è un’attività secondaria nella vita di un padre di Famiglia. Spero comunque che non tutti siano controllati come me da questo vecchio regime da operetta che emerge dalle stupide accuse di quei due potenti personaggi locali. Dovevo perder tempo e la poca voce a difendermi da cosa? Dovevo spiegare che non vado facendo il pettegolo o il mendicante di firme casa per casa? O dovevo relazionare sulla mia vita privata? Ma, ai due Dottori, che girano prevalentemente per un ben remunerato lavoro e non per passione civica, potrei solo ricordare che, come tantissimi Concittadini, non ho incarichi che mi spingono a dover visitare continuamente tutto il territorio. Sarebbe strano il contrario, non vi sembra? Cosa si direbbe di un Concittadino, cosa si dedurrebbe sugli interessi privati o cosa si dubiterebbe sul disinteresse per il lavoro e per la Famiglia di quel Cittadino che, ogni giorno, si fa il giro di centro abitato e delle contrade al posto di fare quel che deve? 

 Vengo ora alla prima accusa, relativa ai diversi ruoli svolti in passato: "Nel 2004 ho vinto io, da solo, perché ero il candidato sindaco - ha attaccato il dr. De Marco -  Nel 2009 ho vinto io. Nel 2014 ho perso e l’ho riconosciuto".

Alla mia replica che nel 2004 non fu lui a vincere e comunque non da solo, perché, ad esempio, ero il Segretario cittadino dell’UDC che vinse quelle elezioni, lui ha insistito. Ora posso spiegare qualche dettaglio in più utile anche alla sua riflessione, visto che ha la buona abitudine di legge Viva Miglianico. 

Questo suo attacco potrebbe sembrare solo politico ma, in realtà, contiene anche altro. Denota e fa riemergere il carattere e la sperimentata slealtà politica del signor Dino De Marco.

Vado in ordine cronologico. Nel 2004 lui fu candidato sindaco dell’UDC (anche se nel mentre provò a raccogliere firme per fare una lista civica). Come tale fu imposto in forza di una promessa strappata da Nicola Mincone a Mario Amicone. E fu proprio Mario Amicone a imporlo. Le primarie avevano detto altro. Il Direttivo e il gruppo consiliare uscente sarebbero stati tutt’altro che concordi sul suo nome qualora si fosse deciso con votazione quella sera, nella riunione tenuta presso l’agriturismo “Il Torchio” di Vacri. Ci affidammo, benché non convinti, all’amichevole diktat di Mario Amicone come ho già raccontato in “Appunti per una piccola storia locale” (clicca qui per rileggere la puntata numero 8, poi qui per la 9 e qui per la 10). Lui, Dino De Marco, dice oggi di aver vinto da solo quelle elezioni comunali. Gli ricordo quello che sanno tutti. Le elezioni le vinse Mario Amicone, le vinse l’UDC di Miglianico con il suo Direttivo sezionale e i suoi militanti, un gruppo che riuscì anche a far eleggere Nicola Mincone come consigliere provinciale, le vinsero soprattutto i singoli candidati di quella lista. Con quella lista e con tutto quello che era l’UDC di Mario Amicone a Miglianico nel 2004, anche un carciofo avrebbe potuto essere eletto sindaco. Quelle elezioni le vinse anche questo fesso, il Segretario cittadino dell’UDC, che con la febbre alta e non pochi accidenti, declassati a generico stress, fece tutta la campagna elettorale e votò lealmente per un candidato di quella lista e, quindi, per lista e per il sindaco, non potendo disgiungere il voto, come sarebbe stato giusto fare. Nei mesi successivi a quella vittoria fui diversamente impegnato e per nulla coinvolto da quel sindaco che, da subito, dimostrò le sue capacità negative. Lui sa - lo sapete anche voi che avete letto gli “Appunti per una piccola storia locale” - che Mario Amicone gli comunicò la decisione di tutti di non volerlo più. E, quando partecipò alla famosa cena con fave, pecorino e prosciutto, confermò quanto promesso a Mario Amicone, cioè che non si sarebbe ricandidato a sindaco nel 2009. Gli fu concesso di arrivare a fine mandato. Mentiva e ce ne accorgemmo in molti. Sicché, nel dicembre del 2008, arrivò alle soglie della sfiducia da parte della sua maggioranza. Piagnucolò, mentì e ottenne di rimanere fino alla fine, grazie alla intercessione e ai giochetti del suo amico Nicola Mincone. Poi palesò la sua menzogna politica costruendo “Progetto Miglianico” con quelli che erano stati gli oppositori esterni ed interni di quel quinquennio amministrativo. Mario Amicone, durante un comizio da molti giudicato infausto, lo sbugiardò. Fece bene. Ma disse poco, troppo poco. Sbagliò chi, come Nicola Mincone, parlò dopo di lui da quel balcone e non lo difese dai perfidi lamenti di quel multicolor-group che imbastì una sceneggiata memorabile su quel comizio.   

È vero, nel 2009 Dino De Marco, come ci ricordava ogni tanto l’Amico Peppino Di Giovanni, vinse da solo contro il suo gruppo d’origine. Vinse da solo ma anche col soccorso di scelti voltagabbana, personaggi ufficialmente schierati da un lato ma che disertarono nottetempo le proprie fila e votarono “Progetto Miglianico” "per evitare che vincesse Mario Amicone". 

Nel 2014 Dino De Marco ha perso due volte. Ma, a differenza di quanto m’ha detto domenica, non lo ha mai ammesso pubblicamente, cosa che non avrebbe potuto fare facilmente. Infatti, ha fatto una campagna elettorale senza avere titolo di candidato o di segretario di partito. È stato solo un sindaco fuori posto. Così ha perso anche in dignità istituzionale.

Metto qui una notazione emersa in quel simpatico conciliabolo domenicale. È stata la mezza ammissione della sua collega mentre si parlava di questa accusa e relativa all’attesa che si arrivi alle prossime elezioni per fare i conti con l’attuale Sindaco e la sua amministrazione. Questo annuncio non detto ha aggiunto poi gioia alla gioia. C’è da sperare che Dino&Catia, questa coppia modello della politica locale, possa essere ancora candidata alle prossime comunali. Mi auguro che sia così. E che, con loro, si ricandidi anche Nicola Mincone. Mentre a me non piace fare il candidato perché - l’ho spiegato le mille volte - penso di non esser bravo a fare il consigliere/assessore comunale e che molti altri siano più bravi di me, soprattutto i giovani, a loro, invece, al duo più l’altro, piace da impazzire occupare col proprio orgoglio le poltrone comunali, come hanno sempre fatto. 

Si facciano avanti nel 2019. Facciano la lista. Dovranno mettere una data di scadenza taroccata. 

Ma ci sarà da divertirsi. 

 

  • fine seconda parte - 
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