Appunti per una piccola storia locale. Ventisettesima puntata
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- Categoria: Il dimenticatoio
- Pubblicato Giovedì, 09 Luglio 2015 09:47
- Scritto da Maurizio
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Espongo qui l’analisi del voto amministrativo che feci in quei giorni.
Non fu certo una riflessione riservata e piena di chissà quali aspetti segreti. È la stessa che rielaborai qualche mese dopo, per presentarla, seppur in stretta sintesi, la sera del 23 aprile 2010, quando promossi “Prima che passi un anno”. La manifestazione la pensai e la organizzai come segretario dell’UDC di Miglianico, insieme all’ottimo prof. Antonello Antonelli, anch’egli allora iscritto e attivo nel Partito. Forzai sull’elemento solo formale della mia permanenza in quel ruolo perché mi dava titolo per prenotare la Sala Civica, per convocare la Cittadinanza, per utilizzare lo stemma del Partito e per imporre tutto questo sia all’allora sindaco dr. Dino De Marco sia a chi, su sua perfida sollecitazione, provò a bloccarmi a livello provinciale.
Due giorni prima, il 21 aprile, mi telefonò l’arch. Cellini, che fungeva da capo provinciale dell’UDC, chiedendomi prima, minacciandomi poi, di non utilizzare il mio ruolo di segretario per fare una cosa che non era concordata col sindaco di allora, il quale si dichiarava esponente dell’UDC. Minacciò di commissariarmi subito. A lui, in modo prima cortese e poi sempre più chiaro, oltre che raccontare alcuni episodi illuminanti, dissi che poteva provare anche a commissariare il segretario dell’UDC di Miglianico a ventiquattro ore dall’appuntamento già fissato e annunciato, inventando la scusa che voleva ed esponendosi al ridicolo. Poteva farlo ma, a quel punto, avrei fatto tutto lo stesso, mettendo nel conto anche la politica sovra-comunale, convocando i dirigenti e la stampa locale per mettere alla berlina lui e chi lo aveva sollecitato. E l’avrei fatto senza sconti e carinerie. Me lo consentiva la mia storia che gli riassunsi e, soprattutto, la mia inattaccabilità da ricatti e dalle lusinghe sue e di chi avrebbe potuto chiamare a suo sostegno. Capì e decise di lasciare me e il sindaco di allora al nostro destino. Benché invitato, non venne poi a verificare. Perse un’occasione per capire e anche per imparare qualcosa di utile.
Chiusa questa parentesi che non poteva esser sottaciuta, vengo a quella che era l’analisi del voto amministrativo del 2009 fatta a quel tempo, sintetizzata il 23 aprile dell’anno dopo e sostanzialmente valida ancora oggi, in se e per se, coerentemente con quanto scritto nella prima parte di questa “appendice”, quindi carente degli elementi sopraggiunti nei sessanta mesi successivi a quella stagione.
A leggere i numeri, che non hanno volto e anima ma sanno raccontare molto del pensiero e degli interessi dei Concittadini, era intanto chiara una cosa. La manovra a tenaglia di “Progetto Miglianico” e di “Alleati per Miglianico”, o meglio di chi sosteneva (o fingeva di farlo) quelle due compagini, probabilmente non si era arrestata all’attività propagandistica. Aveva portato certi soggetti a fare analisi pre-elettorali comuni; a elaborare e verificare ripetutamente calcoli che annunciavano la probabile vittoria di “Viva Miglianico Viva”; a compiere mosse dell’ultim’ora che avrebbero subito dopo spinto concretamente qualcuno a non votare per la propria lista ma per quella che aveva più possibilità di vincere, in quel momento “Progetto Miglianico”. In una sola notte, la Politica, le idee, i programmi, la stima e il sostegno per i candidati, lo spirito di squadra e compagnia bella vennero accantonati, posposti, cancellati, calpestati. Prevalse l’avversione al dott. Amicone e al gruppo che aveva guidato Miglianico dal 1985. “Per noi era importante abbattere quel muro” confessarono alcuni esponenti della sinistra-sinistra, quando i fatti diedero loro torto sull’affidabilità del dr. Dino De Marco, il nemico accettato come candidato-sindaco. Quelli della destra non dovettero dir questo e cose simili neanche dopo, lo dicevano già prima.
A questo elemento i numeri aggiungono ovviamente altro, molto altro.
La lista “Progetto Miglianico” era stata costruita per garantire una diarchia Dino De Marco-Lorenzo Antonelli, cercando di blindare i reciproci interessi nel tentativo, rivelatosi rapidamente vano, di poter essere due consoli della stessa fase dittatoriale. Ed era stata messa insieme non per fare squadra, non per poter bene amministrare, ma solo per garantire la somma utile fatta del pieno dei voti di sinistra e di quelli racimolati tra i singoli del centro-destra, soprattutto di solida tradizione democristiana. Furono, infatti, apporti piccolissimi quelli della dolce Simonetta Firmani (37 preferenze), figlia dell’ex-assessore democristiano Remo, e quelli di Renato Lamonaca (14 preferenze), ex componente del Direttivo sezionale della DC. Anch’esso piccolo fu l’apporto elettorale di Marco Cicchitti (20 preferenze). Furono pochissimi, comunque non tanti da giustificare la scelta di una persona da candidare, se non perché erano tanti quanti servivano per togliere qualcosa solo a “Viva Miglianico Viva”. Si potrebbe esser tentati di semplificare con questi pochi numeri lo spostamento decisivo dei voti. Ma va detto, invece, che non son stati esattamente quelli i voti determinanti, quelli mossisi sotto il punto di vista di certe dinamiche elettorali. I voti tolti e dati all’avversario diretto si computano come somma algebrica: meno uno di là e più uno di qua, fa due voti di scarto. E lo scarto fu di 38 voti, cioè di 19 sottrazioni e altrettante addizioni: venti elettori hanno determinato matematicamente l’esito ma non sono i venti che ciascuno ora individuerà. Sono venti indistinti tra quelli che hanno fatto una scelta. Il successo personale della dr.ssa Catia Giovina Mattioli Stella, coi suoi 250 voti di preferenza, fu determinato, oltre che dall’ambizione personale e dall’assillo elettoralistico dello sfigmomanometro su tanti pazienti, dalla necessità del dr. De Marco di parcheggiare o far parcheggiare voti affinché altri, soprattutto il dioscuro Lorenzo Antonelli e i suoi, non accampassero poi pretese ma “supportassero” l’attività del vertice amministrativo, con disciplina e senza dar fastidio. La forza sproporzionata di una sola candidata rispetto agli altri, che, però, era la sua collaboratrice di studio, lo garantiva sotto ogni aspetto. Che poi questa si possa rivelare la strada per creare mostri politici, lui avrebbe dovuto saperlo, visto che aveva tanto avversato Amicone e tanto percorso aveva condiviso e condivideva con Nicola Mincone. Ma questo gli avrebbe poi richiesto uno spietato esame di coscienza.
La sinistra, in quanto tale, riuscì solo a confermare la sua poca consistenza elettorale quando si trattava di scegliere e rendere competitivo un candidato proprio. Questo lo si legge nel risultato della “orgogliosa compagna Di Nobile” alle comunali e del compagno Gabriele Sisofo, al quale la sinistra locale non riuscì o, forse e senza forse, non volle dare i pochi voti in più che gli avrebbero consentito di essere il primo miglianichese di sinistra a diventare consigliere provinciale. Volere o no, potere o no, anche quella fu una sconfitta.
Politicamente la sinistra non andò bene. Ma vinse, concorse a far vincere il dr. Di De Marco e i suoi al Comune. Sostanzialmente si illuse.
Infatti, non fu la sinistra a vincere. A Miglianico la sinistra, da sola, non lo ha mai potuto fare alle comunali. Non vinse nel 1975, perché ci fu la spaccatura della DC e l’apporto decisivo di molti voti democristiani, probabilmente di area “nataliana”, alla vittoria del prof. Francesco Scotti. Sembrò vincere nell’80 ma, oltre alla gestione elettoralistica del potere della Giunta uscente, ebbe ancora una volta il sostegno di elettori democristiani, quelli che vollero render pan per focaccia a chi, democristiano elettoralmente fedifrago nel 1975, era rientrato dopo e tornava a votare DC.
La sinistra non ha vinto nel 2009. A garantire la vittoria sul filo di lana del duo De Marco-Antonelli ci fu quello che quel 23 aprile 2010 descrissi come “il concorso di alcuni elementi”. Allora spiegai più dettagliatamente e parlai anche di “ladri di Pisa”. Non posso scriverlo ora: la querela che allora non fu fatta perché i colpevoli lì presenti pensarono forse che non stessi parlando di loro e dei loro sodali ma di altri, potrebbero ora volersi difendere agitando un fastidio penale dal quale uscirei vincitore ma non senza esporre me e la mia adorata Famiglia a qualche tribolazione intermedia. Del resto, ho avuto modo di verificare che tanti sanno come sono andate certe cose. Diciamo che è inutile ripeterle.
Del resto, il nocciolo della mia analisi non era certo quello che ho fin qui riassunto. La verità è questa. Fu “Viva Miglianico Viva” a perdere quelle elezioni che, all’atto della presentazione delle liste, erano a portata di mano, vinte e anche bene.
La sconfitta fu determinata, innanzitutto, dalla lunga e lacerante fase di scelta del candidato-sindaco. Certe ferite continuano a sanguinare. Chi fa attività politica e ci è passato più volte le dimentica perché sa pesarle o sa accantonarle per farle valere casomai in altre sedi, quelle congressuali o interne. Ma amici e parenti no. C’è anche chi resta ferito e continua a far sanguinare il taglietto come promemoria per applicarsi con speciale disinteresse o per rivolgere molte energie a una piccola rivalsa che intende attuare non proprio alla luce del sole.
La scelta del candidato-sindaco, fatta in quella condizione di tempo e di tensione, avrebbe richiesto un lavoro particolare di immagine e di training della stessa candidata-sindaco, prima e durante la fase elettorale. Non lo facemmo, almeno non fu fatto adeguatamente. La debolezza elettorale della candidata-sindaco, che era un elemento conosciuto (la debolezza, ndr.) e che andava perciò trattato molto diversamente anche da parte sua, si accompagnò a superficialità, errori e scelte personalistiche. Questo caos inefficace determinò un crollo inatteso dei consensi proprio a Cerreto, dove la DC nel 1990 aveva fatto “cappotto” nell’allora sezione elettorale n 8, e dove c’erano, oltre alla candidata-sindaco, altri candidati, il coordinatore e futuro assessore esterno, arch. Nando Di Clerico, e le stesse radici del dott. Mario Amicone, mica niente?!
I candidati della lista “Viva Miglianico Viva” (quasi tutti) non erano della stessa categoria, come può sembrare naturale ma così non è. I risultati sono chiari. Ma sono chiarissimi nel confermare che la scelta di ripresentare il gruppo consiliare uscente era giusta. Comunque la forza dei candidati messi in lista, con gli errori pur commessi, era di gran lunga superiore a quella degli altri candidati delle altre due liste messi insieme. Vale come certificazione questo dato: i candidati di “Viva Miglianico Viva” ottennero 1012 voti totali di preferenza. Quelli di “Progetto Miglianico” 646 (250 dei quali aggregati su un solo nome). Quelli di “Alleati per Miglianico” 261. La somma di queste due compagini fu, quindi, di 907 voti, inferiore ai 1012 di “Viva Miglianico Viva.
È utile, oltre che corretto, riportare i risultati nel dettaglio:
Lista n. 1 - “Progetto Miglianico” - Candidato sindaco Dino De Marco: 1.350 voti
Mattioli Giovina Catia 250
Di Bartolomeo Alessio 58
Di Nobile Giuliana 52
Antonelli Lorenzo 48
Ferrara Fernando 39
Firmani Simonetta 37
Antonelli Sara 37
Lopo Adriana 36
Roscioli Angelo 34
Nardella Antonia 30
D’Ercole Gaetano 28
Cicchitti Marco 20
Lamonaco Renato 14
Lista n. 2 - “Viva Miglianico Viva” - Candidato sindaco Emilia Baldassarre: voti 1.316
D’Ercole Gianleo 122
Santalucia Amedeo 113
Timperio Giuseppe 93
Almonti Marco 88
D’Onofrio Valentina 87
Orlandi Giulio 78
Stella Stella Antonio 71
Biasone Carlo 62
Anzellotti Federico 59
De Luca Andrea 47
Di Bartolomeo Stefania 40
Cavallo Pasqualino 37
Cicchitti Narciso 37
Antonelli Marcella 36
Candeloro Tiziana 24
Di Ghionno Paola 18
Lista n. 3 – “Alleati per Miglianico” - Candidato sindaco Gianfranco Sulpizio: voti 427
Mattioli Rocco 34
Cicchitti Tiziano 31
Stella Antonella 27
Di Tomo Alberto 25
De Lutiis Massimo 20
Biasone Leandra 19
Di Bartolomeo Fiorenzo 19
Cataldo Franco 19
Marinozzi Luca 18
Marrongelli Valerio 18
Campagna Carmine 12
Di Clerico Luca 10
Sisofo Benito 5
Tomeo Francesco 4
Qualcuno potrebbe obiettare che le due liste avverse a “Viva Miglianico Viva” non avevano però presentato tutti e sedici i candidati possibili come numero massimo, “Progetto Miglianico” aveva schierato tredici candidati e “Alleati per Miglianico quattordici. Ma l’obiezione non regge. La conferma del peso elettorale della lista lo si trae dalla distribuzione media delle preferenze conseguite. “Alleati per Miglianico” ottenne 18,64 voti per candidato, 49,69 ne ottenne “Progetto Miglianico” e 63,25 voti per candidato ne ottenne invece “Viva Miglianico Viva”.
Questo dato fotografa anche il diverso peso attribuito ai candidati-sindaco dagli stessi elettori delle rispettive liste. Emerge che il candidato sindaco di “Viva Miglianico Viva” ha apportato proporzionalmente meno dei suoi avversari. Che sia stata più debole o che l’impostazione data alla campagna elettorale abbia determinato un diverso effetto può esser ulteriormente approfondito, ma i numeri questo raccontano.
La conduzione della campagna elettorale di “Viva Miglianico Viva” fu basata su un errore formidabile: si ragionò (e non si ascoltò che contestava quella presunzione) come se la nostra fosse l’amministrazione uscente, quella che doveva, quindi, aspettare gli attacchi delle opposizioni e che avrebbe dovuto limitarsi al massimo a rintuzzare qualche accusa, giocando come se fosse il potere in carica. Invece, i Cittadini-elettori semplificano e vedono il sindaco uscente (comunque sia uscito) come il potere in carica e tutti gli altri come opposizioni e minoranze. Questo errore, pur segnalato più volte, fece decidere i miei Amici a non attaccare, a non insistere nello spiegare la posizione colpevole del dr. Dino De Marco, a non evidenziare la strana coalizione che si era formata in “Progetto Miglianico”, a non denunciare lo strano accordo tra “Progetto Miglianico” con quelli di “Alleati per Miglianico”. Non spiegare bene queste cose, insistentemente, chiaramente, con forza e passione, anche a rischio di calpestare qualche callo sensibile a certi amici, portò a non far comprendere lo stato delle cose e quello che si annunciava. La colpa non è mai degli elettori. E’ di chi non fa capire loro come stanno le cose.
L’aver addirittura giocato quasi in difesa per larga parte dei comizi ne fu la dimostrazione. L’aggravante fu, come detto, il non aver saputo utilizzare l’occasione del comizio del dott. Amicone, che l’attacco frontale lo aveva comunque mosso al dr. Dino De Marco. L’errore della gestione degli ultimi due giorni di campagna elettorale fece quindi in modo che l’intervento del dott. Amicone diventasse il problema che non era, con ciò dando un insperato e immeritato piccolo regalo a chi non poteva sperare più nulla, oltre il voto di convenienza di certe anguille che sguazzavano all’ombra delle sfingi.
Per la prima volta dal 1975, dopo 34 anni, Nicola Mincone non era candidato al Comune. Per la prima volta dovette curare solo una elezione, ancora una volta la sua, ma non concorrendo più a quella della lista per le comunali. Anche a non voler credere a quanto riportato, non in forma dubitativa, in precedenza sia negli “Appunti” sia anche in altri racconti di “Viva Miglianico”, chi ha partecipato e assistito alle vicende di quei giorni ha nettamente avvertito una minore incisività della sua attività elettorale per le Comunali. I fatti succedutisi nel quinquennio 2009/2014 hanno dato solo conferme.
Elemento importante fu la confusione politica introdotta col passaggio al Pdl del dott. Amicone, del candidato Nicola Mincone e dello stesso dr. Dino De Marco nell’autunno 2008, complicatasi con il riposizionamento strumentale del dr. De Marco nell’UDC (senza però far propaganda per quel partito) e aggravatasi con il rimescolamento avvenuto nel comporre la lista di “Progetto Miglianico” e lo spacchettamento del centro-destra tra “Viva Miglianico Viva” e “Alleati per Miglianico”. Quella confusione creata con miope volontà, sarebbe stato un grave problema nel tempo medio e lungo, cosa che spiegai la sera del 23 aprile 2010. Ma fu un problema già in quella battaglia elettorale soprattutto, anzi, solo per “Viva Miglianico Viva”.
A questa analisi mancò allora ed è mancata per tutto il tempo successivo il confronto con qualunque altra che Amici e finti amici pur hanno elaborato e accennato in qualche discussione. Provai ad affondare definitivamente per arrivare al chiarimento necessario. Ottenni dalla saggezza e dalla lealtà del dott. Mario Amicone un appuntamento con non pochi Amici di quella squadra. Lo organizzò lui stesso a casa sua a Cerreto, rendendo cordiale quel chiarimento, che s’annunciava duro, con una cenetta semplice e gustosa preparata da Federico Anzellotti (sagnette e ceci e un po’ di arrosticini). Ma anche lì, scelti guastatori, ben addestrati, vennero a chiedere discorsi nuovi e non analisi sul passato, così che il chiarimento venisse eluso. Rimasi quasi solo, con qualcuno che ebbe il coraggio di appoggiarmi nel chiedere di “finire il prosciutto vecchio, ripulendo con calma l’osso prima di iniziare il nuovo”. Ma chi non voleva il nuovo non poteva accettare di analizzare tutto, spietatamente, senza nasconder nulla, facendo emergere errori ed erranti, aiutando a pulire le scorie e a ripulirsi dalle scorie o ad accettare di essere scorie nocive. Chi voleva la conservazione riuscì così, senza troppa difficoltà, a non far compiere a noi tutti l’analisi necessaria. E si illuse di aver vinto. Cominciava, invece, così la sua inarrestabile sconfitta, lo sgretolamento di quel vecchio arroccamento. Il campo si stava liberando e si poteva costruire il nuovo.
Sarebbe bastata meno di un’oretta o due di appassionata e spassionata discussione per analizzare i fatti, per scovare i colpevoli, per rinfrancare gli incolpevoli travolti da cose inattese, per recuperare i fili dell’amicizia con il dott. Amicone e con altri amici, per valorizzare chi lo meritava, per sostenere chi si stava impegnando nell’opposizione al posto di lasciarlo sempre più solo, infine per seminare il futuro di buone novità.
Alla fine, se fossimo stati amici e quindi sinceri, avremmo concluso che era stato un bene aver perso quelle elezioni.
Avremmo probabilmente deciso che meritavamo (quasi tutti) la rivincita ma che a giocarla doveva essere una squadra capace di garantire una bella vittoria, duratura e propositiva come quella del 1985.
Quei discorsi non furono detti, non fu chiarito quel che si doveva.
La Storia non ha bisogno sempre di frasi scultoree. Spesso continua il suo incedere usando gli snodi del silenzio, rimettendo agli storici o agli scrittori il compito di coniare una frase capace di sintetizzare certi passaggi.
La Storia continua il suo corso. Se la si ama la si riesce a leggere come insegnamento e monito in certi passaggi; se ci si limita a seguirla comunque non si esce dall’umanità; se non la si vuol seguire si viene semplicemente trascinati, travolti, a volte anche cancellati.
Non tutti forse ci fecero caso, perché avvenne senza la nostra esplicita volontà, e oggi pochi lo ricorderanno: quella notte si aprì la fase nuova, imprevedibile nei contorni ma senza possibilità di ritorni uguali a prima.
Eravamo all’aperto e non dovemmo neanche uscire a vedere le stelle del nuovo cielo che s’andava preparando.
Le nuove stelle erano già sorte e avevano la brillante luce del futuro.