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Appunti per una piccola storia locale. Ventiduesima puntata

Categoria: Il dimenticatoio
Pubblicato Giovedì, 25 Giugno 2015 15:56
Scritto da Maurizio
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L’impostazione della campagna elettorale delle liste guidate dal dr. Dino De Marco (Progetto Miglianico) e dal prof. Gianfranco Sulpizio (Alleati per Miglianico) appariva diversa nell’esteriorità, con la prima che introdusse il supporto di immagini video-proiettate e la seconda con effetti scenografici a metà tra il para-berlusconiano e il para-hollywoodiano. Confesso che la sera in cui ci fu la prima manifestazione di “Alleati per Miglianico”, con passerella e podio a centro piazza, effetti di luci e di immagini proiettate, musica ed altro, mi sovvenne quel che sarebbe stato, ai tempi di altre campagne elettorali, il commento dell’Amico, ormai scomparso, Remo Coletta (Padre Remo o Papino): “Essè, ha ’rrivàte il Circo Takimiri!”. Ma fu il sorriso di una attimo.
La loro azione congiunta era sostanzialmente facile: non dovevano far altro che sparare sullo stesso obiettivo, il dr. Mario Amicone, aggiungendo promesse ed annunci a effetto ma fasulli.

 

“Alleati per Miglianico” addirittura presentò un programma amministrativo almeno in parte “copiato” da quello di un altro Comune, Cantù, se non ricordo male. “Progetto Miglianico” per bocca del co-fondatore Lorenzo Antonelli, annunciò un nuovo Piano Regolatore in tempi rapidissimi, addirittura novanta (90) giorni rispetto al termine già incredibilmente breve annunciato nel programma elettorale: nove (9) mesi. Sarebbe stato facile seppellirli di ridicolo, ma la scelta di “Viva Miglianico Viva” restava indirizzata al sobrio e, comunque, per fare certe operazioni oratorie occorrono oratori adatti, cioè convinti, motivati e che salgono sul balcone con ben diverso atteggiamento. Poi ci fu coro e contro-coro di chi annunciava che avrebbe portato in Procura le tutte le montagne di carte compromettenti che avrebbero sicuramente trovato in Comune, scoperchiando i mitici calderoni, o avrebbe consegnato le chiavi del Municipio ai Carabinieri tanto era infetto quel palazzo e chi, come contro coro, annunciava che certe cose (ma senza dire quali) sarebbero finite con la loro vittoria.
Invece lavoravano per la conservazione. Ma la gente non ne tenne conto, anche perché nessuno glielo spiegò.
Sarebbe stato facilissimo inchiodare tutta la sinistra e la finta sinistra di “Progetto Miglianico”, alla semplice considerazione che non avrebbero potuto scoprire un bel niente e niente avrebbero potuto cambiare, perché avevano scelto come candidato-sindaco chi gestiva il potere da quindici anni. Sarebbe stato facilissimo rimbeccare la destra e la finta destra di “Alleati per Miglianico”, evidenziando la impossibilità della sua sbandierata missione moralizzatrice per la dichiarata, da loro stessi, impossibilità di vincere quelle elezioni.
Ma fu praticamente solo Federico Anzellotti, nei pochi minuti che gli furon lasciati a fine serata di una delle ultime serate, a chiedere il voto utile e spiegarne il perché, lo stesso che i berlusconiani avevano invocato dagli elettori dell’Udc per sconfiggere la sinistra alle elezioni politiche del 2008.
Pochi notarono, o, almeno, pochi fecero notare che due liste in partenza diverse, quasi opposte, se non altro per la marcata derivazione politica di una più che dell’altra, avrebbero dovuto confrontarsi se non scontrarsi con una qualche intensità. “Alleati per Miglianico” era una lista tutta colorata da quella parte ex-aennina del Pdl che faceva riferimento al sen. Di Stefano e all’assessore regionale Mauro Febbo. “Progetto Miglianico” ospitava non pochi esponenti della sinistra locale, veniva da essa appoggiata anche a livello sovracomunale e verso sinistra prometteva di andare (ed è andata, ndr.).
I due candidati-sindaco delle liste-tenaglia giocarono la partita vestendo i panni loro più consoni.
Il dr. De Marco si lamentò e fece la vittima, riuscendo addirittura a convincere alcuni che era stato ed era l’unico giusto in un gruppo di malfattori. Non era lui il traditore di chi lo aveva innalzato al ruolo di sindaco - questo provò a far capire - ma era lui il giusto che gli altri, cattivissimi e perfidi guidati da Mario Amicone, avevano prima paralizzato nella sua attività di santo benefattore del Comune e poi avevano brutalmente estromesso per avere le mani libere. Era una favoletta. Ma c’era ancora chi credeva alle favole. E ci fu anche qualcuno che quella storiella la lasciò credere, anzi, la certificò non smentendola quando avrebbe dovuto e potuto.
Il prof. Gianfranco Sulpizio, che era ingiustamente passato alla storia locale per “il prurito alle mani” di cui alquanto incautamente parlò nella campagna elettorale 1994, riprese da quell’aneddoto dicendo di aver messo la crema alle mani, ma sembrò come “Mastro Lindo”, uno che voleva apparire come chi avrebbe dovuto far pulizia di inenarrabili porcherie. Provò a dare voce e contegno propagandistico, senza riuscirci, a una lista che sembrava inadatta, nel complesso, a reggere il confronto, anche se conteneva più di una potenzialità di tutto riguardo. Erano quelle stese unità oggetto della trattativa pre-elettorale, che, immesse nella lista “Viva Miglianico Viva”, avrebbero garantito vittoria e buon amministrazione. Invece son state bruciate cinicamente, sprecate per dar avvio a quello che poi ambirà, riuscendovi, ad essere il peggior quinquennio amministravo della nostra recente storia locale.
Le serate animate dai comizi e dalle riunioni di contrada delle due liste di cui ci stiamo occupando furono, in fondo, come quelle di “Viva Miglianico Viva”, non degne di particolare memoria. Ci fu una sola curiosità: la manifestazione di “Progetto Miglianico” sul piazzale della Cantina Firmani, “i comunisti da Remo Firmani!” si scandalizzarono alcuni (Amicone citò l’aneddoto nel comizio, fu l’unico passaggio nel quale citò l’Amico Remo Firmani, ndr.) ma, oltre la curiosità, non ebbe altro valore. Si rivelò però il pretesto colto dalla mia Amica Simonetta Firmani per attaccarlo due sere dopo.
La gente, ovviamente, si divertiva molto di più avendo da seguire tre liste.
Due cose restavano compresse e inespresse.
La prima, già accennata era lo scarso peso che non pochi dentro “Viva Miglianico Viva” davano a questa sempre più evidente manovra a tenaglia. Subendola, lo spazio di manovra andava riducendosi progressivamente, ma ne restava ancora tanto da poter cambiare non poco. Forse nessuno credeva a quello che poi invece trapelò esser stato fatto davvero. I contatti sottobanco (neanche tanto sottobanco) tra destra e sinistra furono così intensi che, dopo aver concordato sul piano della propaganda, si arrivò addirittura ad un significativo travaso di voti. Le testimonianze ricevute, ovviamente, non son state fatte in tribunale sotto giuramento né da un notaio e le schede non parlano se non a chi già sa come leggerle. Ma più di un candidato della lista “Alleati per Miglianico”, pare abbia confessato il fattaccio già qualche settimana dopo, in presenza di uno scenario che gli si era presentato ben diverso da come era stato preconizzato nelle sere della congiura. A conti fatti e rifatti nella notte tra il venerdì e il sabato prima delle elezioni, era chiaro per loro che “Viva Miglianico Viva” avrebbe vinto, di poco, non di pochissimo, ma avrebbe vinto. Allora ci sarebbe stata l’iniziativa di alcuni della destra di far convergere voti su “Progetto Miglianico” pur di non far vincere il dr. Mario Amicone (che non era candidato, ndr.). Fu fatto veramente? Fu determinante? Fu una narrazione creata per aggiungere veleno o per giustificare il risultato al di sotto delle attese di “Alleati per Miglianico”? Non è che non lo potrà dire nessuno con certezza. È che ora non conta. Perché nelle elezioni si contano i voti che assumono il colore della loro attribuzione nello scrutinio e perdono ogni colore, ogni profumo, ogni eco che può aver mosso la matita copiativa. Purtuttavia, raccontare questo particolare era necessario.
Del resto, a sentire i racconti dei protagonisti del tempo, il giochetto era stato già fatto ed era riuscito. La storia risale allo scontro durissimo che ci fu nella campagna elettorale per le comunali del 1964. La DC si era divisa e, alla lista ufficiale (nel senso che aveva ottenuto lo stemma del partito), guidata dal Sindaco uscente, il barone Arnaldo Valignani, si oppose, oltre alla Sinistra social-comunista, guidata da Umberto Di Febo, quella dei dissidenti scudocrociati del “Fascetto” (richiamo al fascio di miglio presente nello stemma civico del Comune), guidata dal maestro Cesidio D’Amato.
Per inciso, ricordo, come ho fatto in tempi adeguati ai miei amici di parte politica, che quella divisione lacerante fu il vero punto di partenza della sconfitta subita dalla DC nel 1975 e della sua difficile ricostruzione unitaria avvenuta dopo ben dieci anni. Le divisioni fanno danni, sempre. Si pagano, prima o poi. 
Nella primavera del 1964, secondo il racconto di chi stava dalle due parti, le previsioni annunciavano la vittoria del maestro D’Amato e della sua lista, che non era affatto rabberciata o messa su a dispetto. Aveva tutti i numeri per vincere. Allora, nel valutare questa seria e concreta possibilità, sarebbe stato personalmente il Barone Valignani, a contattare, chi mi disse telefonando chi invece andando da lui a Tollo, il dr. Aldo Guido Di Mauro, gran capo dei comunisti. L’esortazione fu sostanzialmente questa: “Voi comunque arrivate terzi. Ma non potete permettere che a Miglianico vincano i fascisti”. Che sia stato questo o altro il messaggio, che sia stato accolto, che sia stato accolto e sfruttato attraverso il voto delle mogli di dirigenti e iscritti al PCI di Miglianico, e abbia determinato un decisivo spostamento di voti non posso affermarlo con certezza. La storia dice che a vincere fu la DC del barone Valignani. Più di qualcosa nel racconto dei diversi protagonisti, allora avversi, coincide. La conferma che il giochetto sia stato fatto e sia riuscito non è tanto nella narrazione di chi perse quelle elezioni ma di chi le vinse. Va aggiunto un particolare che forse utilizzerò per un fuori programma: dopo quelle elezioni laceranti l’Amministrazione Comunale fu allargata con un accordo che vide il maestro D’Amato vice-sindaco del Barone Valignani.
La seconda cosa che restava compressa e inespressa era il ruolo dei politici locali.
La sinistra, che pure aveva co-organizzato la lista “Progetto Miglianico”, non solo stava insieme ai tifosi di Berlusconi, il nemico assoluto, ma aveva accettato di prendersi il sindaco uscente, il dr. Dino De Marco, che aveva votato Pdl (cioè Mincone) alle regionali nel dicembre 2008 e che si apprestava a rivotare Pdl (sempre Mincone) in quella stessa tornata del 2009. Lui era stato avversario della sinistra locale non solo nel 1994, non solo nel 1999, non solo cinque anni prima, cioè nel 2004, ma nemico lo era stato, per posizione politica ufficiale, anche alle già ricordate e vicinissime elezioni politiche del dicembre 2008, e, fino alle elezioni comunali del 2009, era rimasto, come sindaco in carica, l’avversario al quale gli esponenti della sinistra locale si opponevano in Consiglio Comunale e in ogni riunione o discorso o manifesto politico-amministrativo. Per di più, il dr. De Marco era ancora - così si dichiarava lui - esponente dell’UDC e, quindi, del centro-destra, avversario in quanto componente del centro-destra e del PPE (Partito Popolare Europeo), in quello stesso 2009, nelle elezioni provinciali ed europee della sinistra locale, provinciale e nazionale. La lista “Progetto Miglianico” non appoggiò - non poteva vista la sua strana composizione - il candidato locale della sinistra alle provinciali, perdendo, non tanto un’occasione di vittoria per un Miglianichese, ma la sua storica serietà nella coerenza delle appartenenze, generando così la confusione che viene dal non dire con chi si sta.
La confusione creatasi nel centro-destra a Miglianico, probabilmente, oggi la si può leggere come addirittura anticipatrice della stagione attuale, ma sta di fatto che, allora, fu solo un disastro. Berlusconiani della prima ora stavano dentro “Progetto Miglianico”, nato comunque attorno alle esperienze delle ultime opposizioni tutte di sinistra. E già questo, in tempi di berlusconismo trionfante, era poco comprensibile per molti. Nel Pdl, la destra di obbedienza ex-aennina (AN fu il partito di Fini e, qui da noi, di Di Stefano e Febbo), incurante di generare altra confusione e far del male a quel partito, era impegnata ad abbattere il dr. Mario Amicone. La cosa strana per chi non mastica certe cose era che Amicone, già esponente di spicco dell’UDC regionale, era transitato nel secondo semestre dell’anno, il 2008, nel Pdl ma senza entrare dalla porta vigilata dagli ex-aennini, restando il più coerentemente possibile distinto e distante da loro. Ma anche questo passaggio non è che fosse stato capito da tutti, anzi. Il grosso del centro-destra storico di Miglianico, che proveniva dalla DC, stava ovviamente con Amicone e con “Viva Miglianico Viva” ma non si trovava proprio benissimo nel Pdl. Contestualmente si doveva votare per le Provinciali e per le Europee. Per queste ultime il dott. Amicone sponsorizzava apertamente il candidato Aldo Patricielllo (re della sanità in Molise ed anch’egli ex-UDC), collocando una sua sede elettorale nella stanza attigua e comunicante con quella del Comitato di “Viva Miglianico Viva”, che, da un lato, faceva così una qualche fatica a essere classificata come lista civica, seppur all’intero del centro-destra e, dall’altro, non riusciva ad essere la lista di tutto il centro-destra. In aggiunta, nelle stesse due sedi contigue, campeggiavano anche i manifesti del candidato alla Provincia, Nicola Mincone, consigliere uscente UDC, candidato nelle liste del Pdl. Per le Provinciali il candidato Presidente era l’Amico Enrico Di Giuseppantonio, rimasto nell’UDC e, ovviamente, in rapporti tutt’altro che buoni con Amicone, col quale non parlava, di fatto, da un qualche tempo. Ci fu una riunione di propaganda per il candidato alle provinciali, Nicola Mincone, presso il ristorante “Roya”, in località Quattro Strade, alla quale lo stesso Di Giuseppantonio era invitato a partecipare. Venne dopo esser stato opportunamente catechizzato in macchina dall’Amico carissimo, prof. Antonello Antonelli, che era il suo addetto stampa, e alle fine si sfiatò e dichiarò di appoggiare la lista “Viva Miglianico Viva”, facendo gli auguri di rito alla sua candidata sindaco. Se non avesse accettato questa condizione non sarebbe stato accettato lui quella sera in quella riunione. Il candidato dell’UDC alla Provincia nel collegio di Miglianico era il dott. Mauro Petrucci, sindaco di Ripa Teatina, che il dr. Dino De Marco non aveva mai amato e il cui antico rapporto di amicizia col dott. Amicone e la propensione di quest’ultimo verso di lui (fu Amicone che lo lanciò in politica) era tra i punti sempre caldi di frizione, non dichiarata - ma che noi ben conoscevamo - tra De Marco e Amicone. Purtuttavia il dr. De Marco, che diceva d’essere ancora un militante dell’UDC, in quei giorni non appoggiò apertamente come avrebbe dovuto fare il due volte collega (medico e UDC) Mauro Petrucci. Infatti, alla chiusura della campagna elettorale annunciò pubblicamente che avrebbe “votato per Miglianico” alle provinciali: ci si chiedeva chi, avendo due candidati di Miglianico nella coalizione di centro-sinistra, il dott. Lezio Cetrullo e Gabriele Sisofo. Sicuramente non fece votare per Petrucci. Fece vedere la foto fatta (illegittimamente) del suo voto per Nicola Mincone del Pdl, la qual cosa, pochi mesi dopo, quando si stava vantando di "aver sempre votato UDC", ebbi modo di sbattergli in faccia in un’affollata riunione provinciale dell’UDC, a Fossacesia, l’ultima alla quale partecipai.
Lo stesso Petrucci, ritenendomi ancora capo attivo dell’UDC, mi tenne al telefono (con auricolare) durante quasi l’intero viaggio che feci una mattina (era il giorno del suo compleanno, il 4 giugno) da Miglianico ad Ateleta (paese dal nome palindromo… i segni del destino), chiedendomi un appoggio esplicito, da avviare con un incontro (una cena che avrebbe offerto lui) con i dirigenti e simpatizzanti dell’UDC. Provai a spiegargli chiaramente che, se era disposto a venire a Miglianico per appoggiare, apertamente e senza riserve o calcoli, la lista di “Viva Miglianico Viva”, avrei organizzato immediatamente una cena da Federico Anzellotti, in pieno centro cittadino. Ma se pensava di restar fuori dalla mischia a Miglianico, sperando nei voti del dr. De Marco, non avrebbe avuto il mio e nessun altro appoggio dal gruppo che lavorava per “Viva Miglianico Viva” e, alla fine, non avrebbe avuto sicuramente l’appoggio del collega De Marco, ma avrebbe preso solo i voti che aveva come già suoi in forza dei rapporti di clientela professionale (aveva non pochi mutuati a Miglianico) e personali, ma nulla di più. Così fu.
A chi poteva giovare questa confusione? Nell’immediato a non pochi. Provai a spiegare che non avrebbe portato a nulla di buono nel tempo medio e lungo, che è quello proprio della buona politica. Ma, in quei giorni, i discorsi teorici non trovavano facilmente spazio. Si correva per i voti.
La confusione orami era stata creata, forse involontariamente, almeno da alcuni, ma c’era. Ed era pressoché totale. La confusione non aiuta chi fa discorsi chiari, aiuta chi vuol creare problemi.
In questa confusione generale, ci fu un elemento particolare: Nicola Mincone.
(22-continua)