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Scritte pubblicitarie nella storia non scritta della “Miglianico Tour”

Un mese fa si è svolta la “Miglianico Tour” 2014, la quarantaquattresima edizione della gara podistica forse più longeva, o tra le più longeve d’Italia. Per noi Miglianichesi è comunque un evento di dimensione storica. Non poteva trascorrere questa edizione senza un ricordo.

Giunge a trenta giorni dalla manifestazione solo per l’avventura di questa foto, ritenuta persa, poi rintracciata a memoria nel carteggio delle testimonianze non utilizzate da Nicola Mincone e dal redattore per la pubblicazione del libro che narra la storia della “Miglianico Tour”, e che infine, grazie ad una paziente e tenace ricerca, che ha occupato non pochi giorni, ho recuperato attraverso i negativi e con l’eccellente supporto tecnico di Luca Di Clerico. 

 

Tra le tante storie che raccontano la “Miglianico Tour” in questi quarantaquattro anni della sua vita, c’è quella, complessa e un po’ strana, del racconto preventivo, cioè della pubblicità che ha promosso e propagandato l’evento, anno dopo anno.

Il libro edito a cura del “G.S. ADES” Miglianico, in occasione dei quarant’anni della “Miglianico Tour” (“Il sogno e la corsa”) e il pregevole volumetto “Miglianico Tour - 40 anni di podismo in Abruzzo”, dato alle stampe dal dott. Roberto Terenzio, ideatore e primo organizzatore della “Miglianico Tour”, Cittadino Onorario di Miglianico, Amico da sempre, non raccontano la storia di chi la storia l’ha scritta, in un certo modo, un po’ prima di ogni corsa. Come non parlano di altre storie, che, se avrò vita, proverò a raccontare appena possibile, come quelle di personaggi particolari: di chi, per esempio, allestiva la scena della corsa, andando a recuperare tubi Innocenti o le prime transenne, li caricava, li portava a Miglianico, li montava e, subito dopo la corsa, li smontava e li rimetteva in ordine e il giorno dopo li riportava dove erano stati presi. 

La “Miglianico Tour” è stata - è - anche questo. Non è stata - non è - solo cronaca di campioni e di vittorie sportive e neppure solo di appassionati del podismo, ma è storia di una Comunità che ha dato un grande, oscuro ma indispensabile contributo; una storia che, se i libri non la raccontano, rischia di rimanere fuori dalla storia ufficiale. 

Negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso non c’era internet, non c’erano gli sms, non c’erano canali satellitari. All’inizio ci fu una speciale pubblicazione stampata dalla Tipografia “Camillo D’Argento” di Francavilla al mare, un libretto in carta patinata con programma, regolamento, albo d’oro, testimonianze storiche su Miglianico del prof. Erminio Di Michele (poi le divertenti poesie dialettali di Olivia Sarra) qualche pubblicità. C’erano gli adesivi, ricercatissimi, disegnati da Franco Antonelli, che ognuno attaccava con orgoglio sulla propria auto. C’erano anche i manifesti, le locandine, i pochi articoli di stampa dedicati nei quotidiani locali ai centri minori, le auto con gli altoparlanti. Era più di qualcosa, ma oggi dovremmo dire che non c’era nulla più. Nulla che oggi possa essere concepito e ben compreso da chi vive nella realtà virtuale. 

Nicola Mincone, un nome che, da quegli anni in poi, nel mondo è come dire “Miglianico Tour”, una notte d’estate di tanti anni fa - era notte da un bel po’ - passò da “Arnold’s” (il bar dell’amico Pantaleone Rosa, figlio di Antonio detto “Piselle”), e mi chiese di andare con lui a fare una cosa per la “Miglianico Tour”, coinvolgemmo seduta stante l’Amico carissimo Amerigo Timperio. 

Per noi giovani, cresciuti in Parrocchia, esser coinvolti in attività che riguardavano Miglianico era come un ordine, piacevole e imperativo: si diceva subito di sì.

Partimmo in tre, sull’Ape del Papà di Nicola, portandoci dietro due bidoni di tempera e due vecchi pennelli. Nel breve tragitto per arrivare al ponte del Foro, io e Amerigo scoprimmo l’arcano. Nicola aveva pensato di propagandare la “Miglianico Tour” facendo delle grandi scritte in quelli che, all’epoca, si ritenevano “punti strategici” della viabilità locale, cioè dove le auto di abitanti e villeggianti avrebbero transitato maggiormente in quei caldi giorni d’estate. 

Questa vicenda, questa avventura che si sviluppò bellissima, da allora in poi per qualche anno, prese avvio con questa scenetta che ebbe anche un che di comico, e comica sarebbe stata se l’avessimo vista al cinema con personaggi della commedia italiana, ma invece è stata vita vera. Basta immaginare un motofurgone Ape nella notte, con tre soggetti stipati dentro, non proprio tre fuscelli, che cercavano di tener buoni due bidoni che non erano ovviamente tappati di tempera colorata. Va aggiunto che la vernice era di inenarrabile marcatura cromatica, non certo il blu e il giallo dei colori sociali del “G.S. ADES”, né due tinte fosforescenti, ma quel che il magazzino dell’Amico Rocco Monaco, sponsor dell’iniziativa, poteva dispensare come omaggio.

Quella notte la prima scritta la facemmo sul muro di cemento del cavalcavia (allora nuovo) della Statale 263 “Val di Foro”, tra il ponte del fiume e le Quattro Strade. Nicola aveva con sé falce e attrezzi adatti a ripulire la “tela” dalle erbacce e dalle canne. Quindi, prima si fece pulizia poi si passò all’opera d’arte. Quindi andammo a tinteggiare, coi due toni di viola che avevamo a bordo, il muro dell’azienda agricola Masci, ora Golf Club, davanti al Bar di “Paciocco”. E risalimmo infine la Val di Foro per una o due scritte. Forse andammo anche lungo la Fondo Valle Alento, ma non son certo che avvenne quella prima notte di quel primo anno di speciale attività propagandistica.

Prima dell’alba l’operazione era compiuta.

Era nata così quella particolarissima forma di pubblicità della “Miglianico Tour”. Un gesto romantico, nel senso classico, di chi è disperato e innamorato.

Infatti, le scritte con la tempera appartenevano a propagande politiche nate nell’antica Roma e usate per secoli ma ormai desuete, cancellate da altre forme di propaganda, con la sola eccezione di quelle bianche che, periodicamente, comparivano per ogni dove con la scritta “W l’ON. CETRULLO” (allora esponente di punta del PSDI abruzzese).

Quel primo anno, o forse l’anno successivo, ci fu un evento divertente “fuori programma”, forse figlio di un calcolo sbagliato nella quantità di vernici preparate per le scritte, più probabilmente per uno spirito goliardico di genuina amicizia che legava quel gruppo già allora e che alcuni possono rinvenire, in cifra artistica, nei film “Amici Miei”. La domenica mattina il “Maggiolino” blu dell’Amico Emidio Biasone, detto “Pasternak”, attivissimo nell’organizzazione della corsa, attrasse l’attenzione dei passanti perché si mostrò verniciato, accuratamente, coi gli stessi colori delle scritte murali della “Miglianico Tour” di quell’anno, un glicine e un fucsia molto poco automobilistici. Modello e marca di auto dell’Amico Biasone erano gli stessi della macchina dell’indimenticato Walter Salllustio, grande dirigente del “G.S. ADES”, ed ambedue le auto, penso non casualmente, conoscendo gli autori della trovata, erano parcheggiate in pazza nella “notte degli artisti”. Non ho mai creduto a un casuale errore nella scelta del Maggiolino da decorare.

 Tornando alle scritte e ai colori “ufficiali”, negli anni successivi mettemmo maggior impegno nel selezionare, lungo le strade di maggior traffico i muri più visibili. Usammo non più l’Ape Piaggio del Papà di Nicola Mincone ma la “Renault 4” bianca a tre marce dell’Amico Amerigo Timperio e poi la “Renault 5” azzurra dell’Amico Luciano D’Adamio, oltre che la sua perizia grafica per scritte sempre più grandi ma sempre dai colori indescrivibili e dall’abbinamento fortuito. Negli spostamenti fatti ad “andatura Luciano” i bidoni precauzionalmente, li dovemmo chiudere, beh, quasi sempre. Tra gli insospettabili delle pennellate notturne imbarcammo poi anche altri, come l’indimenticabile Renato De Luca, Giustino Volpe, Mario Della Rupa e chiunque, tra gli Amici, fosse disposto a far l’alba così, inconsapevole antesignano degli oggi più fortunati e celebri “writers”.

L’immagine che ho così appassionatamente ritrovato è quella che racconta forse il nostro miglior risultato, sia in termini estetici sia per la dimensione della scritta, realizzata lungo il muro della strada che da Chieti Scalo sale alla “Pietragrossa”. Luciano fece la scritta e io la contro-scritta. Era l’ultima della serie, quella notte. Terminammo che era già giorno, andammo a fare il giro di controllo sulla carreggiata opposta, quella che scende, e mi fu possibile fotografarla, ma occorsero due foto (che l’ottimo Luca Di Clerico ha ora attaccato tra loro) per contenerla tutta,

È stata effettivamente l’ultima puntata di quell’avventura. 

Il progresso ha reso poi inutili queste opere murali, eliminando anche il rischio per i loro autori (non si possono verniciare i muri pubblici senza autorizzazioni… come ci spiegò, in una notte stellata, una pattuglia della Stradale incrociata per la stessa voglia di caffè fuori del bar all’incrocio sotto Torrevecchia Teatina). 

La “Miglianico Tour” era cresciuta d’importanza e aveva anche qualche soldo in più per propagandarsi a dovere. 

Altre scritte continuai a farle, da solo ed in ore più canoniche, come corrispondente del “Il Tempo d’Abruzzo”, dal 1986 fino alla fine del secolo scorso, mettendo su anche un primo abbozzo di ufficio stampa (niente rispetto a quello che c’è ora) che, con comunicati prima e poi anche con conferenze stampa di un certo successo, affiancò in qualche modo l’instancabile attività di Nicola Mincone, tra televisioni private e incontri vari, nel promuovere la corsa d’agosto. 

Eh, si, pennelli e penne, nastri inchiostrati di macchine da scrivere, rulli di fax e di tipografie, anche loro hanno fatto molti chilometri in questi quarantaquattro anni di “Miglianico Tour”.

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