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Acta nocturna - 10

(poesia di Cesidio D'Amato)

“Nella città di Genova c’è una ragazza bella, il re che l’ha saputo la vuole andà a vedere e si vestì da povero col manticello rosso, quando bussò alla porta tutti saltan in piedi. Evviva la regina che sposa il nostro re se fossi una regina sarei incoronata ma sono contadina mi tocca lavorà, do-re-mi-fa-fa do-re-mi-fa-fa sol-la-si-do”.

Questa tiritera, o almeno quel che di essa mi sovviene ora, o altre che son più distanti nella memoria, il loro girotondo davanti alla grotta della Madonnina di Lourdes sul “Piano della Chiesa”, il sapore dolcissimo dei fiori “de le cagge” e il loro avvolgente profumo che si spandeva dal biancheggiare di quei grappoli nel verde della primavera appena esplosa, la ruvida presa sulle corde delle campane controllata da Trentino, la inascoltata litania del rosario con le suore (tra loro SorAnna Domitilla e SorAnna Raffaella che mi son poi rimaste nel cuore) schierate tutte avanti e noi che ci mettevamo un po’ dietro ma non tanto così da poter esser visti da suore e catechiste. Sono i ricordi che ogni anno m’avvolgono a maggio, quelli che mi fanno rivivere quei giorni spensierati della mia fanciullezza.

 

L’emozione della scelta della “regina” o l’esser scelto a fine d’un altro girotondo, quando, più che nella vita adulta, l’aspetto fisico era discriminante e faceva prevalere “statisticamente” le più belle e i più belli, per i ragazzi di oggi forse sono sensazioni impossibili. Se uno le racconta loro vede che chi ascolta pensa siano cose ridicole.

Ma erano i pomeriggi del mese di maggio, che era il mese della Madonna.

Quel vedersi, giocare, andare alla Messa pomeridiana insieme, maschi e femmine, cosa assolutamente non frequente allora nel post-scuola, era l’occasione di vivere bei momenti in spensierata compagnia, cogliendo il poco tempo disponibile per divertirsi, per coltivare timidissimamemte quelle prime emozioni che facevano accelerare il battito cardiaco e in alcuni generavano un irrefrenabile rossore sulle gote.

Tra suoni di campane, la corsa a chi andava a servir Messa e le strategie per sedersi vicino o meno lontano da questo o quella, la preghiera era relegata in fondo, era il cantilenare di formule che nessuno ci aveva spiegato e che segnavano una distanza anche fisica tra le donne anziane, infervorate da misteri, Ave Maria e lodi lauretane, e noi che pappagallavamo le parole con la mente quasi sempre altrove. Eppure c’eravamo e la Madonna, che è Madre buona, deve aver accettato col Suo sorriso dolcissimo quei nostri fioretti discoli, tant’è che ci ha coperto di tante benedizioni e mai ci ha abbandonato.

Non ci ha abbandonato, la Madonna, neanche nel tenere connessi, anche quando sono meno stretti per distanze e traversie, i legami di un’amicizia tra tanti della nostra generazione, se non nata, certamente coltivata con la cadenza quotidiana di quei luminosi giorni di maggio di tanto…beh, un po’ di tempo fa.

(10 - continua)

 

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