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Acta nocturna - 4

Stanotte la mia breve veglia la devo dedicare al dr. Dino De Marco. Non posso approfittare oltre della speranza di vivere sempre un giorno in più quando so che il tempo futuro non mi è dovuto. Anche perché non tutti - è un eufemismo - pregano per la mia permanenza in vita qui tra Voi. Ma questo mi fa star sempre meglio, cresce la salute.

Il dr. Dino De Marco ha iniziato questa campagna elettorale, in anticipo la sera del 27 aprile, tornando a vestire i panni della vittima.

Alla presentazione di “Progetto Miglianico” non ho potuto partecipare perché immerso in una bella riunione di famiglia dovuta al fatto che il 27 aprile è il compleanno di mio Fratello Guglielmo, che, da solo, conta per me più di tutto “Progetto Miglianico”, Dino compreso. Ma non è passata quella notte senza che una voce amica m’abbia voluto far sapere qualcosa. M’ha raccontato che Dino De Marco ha fatto la sua parte preferita, indossando la, per lui, fortunata maschera della vittima. Infatti, ha ricominciato a lamentarsi pubblicamente.

“Mi hanno dato del vigliacco”, avrebbe detto. La mattina precedente questa espressione gli è stata effettivamente e francamente rivolta da chi gliel’ha ampiamente “motivata” a gran voce. È una bollatura forte, certo poco elegante, avrebbe forse richiesto sinonimi meno duri, ma racchiude ed esprime un concetto esatto.

Dino De Marco infatti s’è squagliato, non s’è candidato quando doveva farlo, cioè ora. S’è messo a fare, com’ha detto lui stesso, “quello che sta dietro Progetto Miglianico” (cosa? il burattinaio? l’uomo del potere forte?). Doveva invece solo candidarsi in lista per dar aperto e concreto sostegno ai suoi e anche per misurare il gradimento degli elettori dopo questi cinque anni contando le preferenze che avrebbe potuto racimolare. Ma non l’ha fatto. Avrà trovato (gli hanno ancora una volta suggerito) una bella scusa, ben presentata.

Ma la verità è che non s’è candidato perché non ha avuto coraggio, forse non è neanche tranquillo.

Chi gli ha fatto quel duro attacco in pubblica piazza gli ha ricordato, cosa che lui non ha certo spiegato domenica sera, che, sul finire del 2008, quando era deciso (ed era almeno la seconda volta), che sarebbe stato sfiduciato come sindaco dalla stessa maggioranza, chiamò Nicola Mincone e piagnucolò, come sa fare benissimo, chiedendo di poter concludere il mandato perché poi si sarebbe ritirato. Disse che la moglie stava molto male. Con un motivo così serio il lamento fu accolto pur conoscendo l’inaffidabilità dei suoi impegni. Dino De Marco non fu sfiduciato. Lui cosa fece? Mantenne l’impegno? Mantenne fede alla parola data? NO! Si mise a fare la lista contro la sua maggioranza. E si candidò nel maggio del 2009, dimenticando le gravi condizioni di salute della carissima signora Amalia. Aveva detto che non poteva candidarsi perché aveva un dramma in casa e invece si candidò. Oggi mette ancora avanti problemi familiari? O no? Ma stavolta non si candida. Ora che potrebbe allegramente candidarsi in lista come consigliere e come leale sostegno dei suoi, scappa. S’è messo in fuga.

Gli è stato rimproverato questo in piazza?

È la verità.

Lui non racconta e non spiega. Non spiega mai quando non gli conviene. Le discussioni in pre-consiglio nel quinquennio 2004/2009, quando il suo parere era in minoranza (cioè spesso), lui le troncava rimettendo le carte nel cassetto e rinviando, rinviando, rinviando (vedi PRG).

E poi si lamentava. Gli ha portato sempre bene. Ci prova di nuovo.

Ma non s’è fermato qua. Stavolta s’è superato, evidentemente era più in difficoltà e più nervoso del solito, chissà perché?! Pare abbia detto che non ha potuto fare il nuovo Piano Regolatore (si fa per dire “nuovo”, va avanti dal 2004!) perché c’è stato il terremoto nel 2009. A parte il fatto che il drammatico terremoto de L’Aquila è avvenuto quando ancora non si votava (era il 6 aprile e si votò a giugno) ma in cinque anni questa scusa davvero non l’aveva tirata mai fuori dal suo cilindro. Del resto, qualunque scusa metterà in campo ora, sarà sempre e solo una scusa.

A sbugiardarlo, ancora oggi, c’è la lettera di dimissioni dell’assessore all’urbanistica, dott.ssa arch. Antonia Nardella (clicca qui per rileggerla) che parla di ritardi e rinvii politici per il PRG, parla di indecisioni interne, non parla mai di terremoto. Infatti l’arch. Nardella non poteva scriverlo, sarebbe stata un menzogna.

Un’altra smentita è nei fatti. Se ci fosse stata la scusa del terremoto, Lorenzo Antonelli avrebbe potuto ricandidarsi con la sua vecchia squadra, benché “sinistrata”, dicendo agli elettori che non aveva potuto mantenere la promessa di fare il nuovo PRG nei nove mesi fissati perché, prima che lui lo promettesse, c’era stato un terremoto della cui tragica esistenza dentro “Progetto Miglianico” evidentemente non sapevano ancora nulla a sessanta giorni dall’evento. Non scherziamo, che non è il caso!

Quella di domenica sera era una platea schierata e inquadrata, e nessuno gli ha urlato “ma che c… dici!”, quando tra le sue lamentazioni ha tirato fuori questo primo pezzo del suo campionario da campagna elettorale.

Comunque avrebbe anche dovuto spiegare quanti incarichi sono stati dati e quanti soldi ci ha fatto spendere per arricchire di documenti “post-terremoto” un PRG già vecchio prima di nascere, e già pagato, ma mai visto dai Cittadini contribuenti. Dirà certamente qualcosa su questo. Lo farà, lamentandosi, appena trova il modo di dar la colpa a qualcun altro, qualcuno che avrà prima individuato come nemico in questa campagna elettorale.

Poi avrebbe detto anche altro su quello che non ha potuto fare e che immagino sia stato sempre per colpa di altri.

Ma come può un sindaco, anche il più scalcinato del terzo mondo, dire che non ha potuto fare le cose che voleva fare se è lui il sindaco è se la maggioranza dei consiglieri è la sua? Ci vuol una bella faccia tosta!

Comunque ci sarà tempo per ripercorrere questo triste quinquennio.

Ora è importante sottolineare questo.

Il dr. Dino De Marco non ha detto l’unica cosa che deve ancora dire.

Deve dire a tutti i Cittadini, con grande chiarezza, chi ha incendiato la sua auto nel cortile di casa sua. E deve, quindi, dire chi ha incendiato l’auto del Comune sotto il portico del Municipio un paio di notti prima. Furono due incendi dolosi quelli del 2010. Ma ci ricordiamo tutti che, nel mattino, subito dopo il primo attentato, quello sotto il Municipio, Dino De Marco e alcuni dei suoi provarono a confondere le acque parlando di “autocombustione” dell’auto. Speravano che ci credessimo e che ci credessero anche gli investigatori…

Lui sapeva, accidenti se sapeva! Forse era l’unico che aveva capito subito, sapeva. E ha provato a svicolare anche allora. L’attentatore/gli attentatori o il mandante/i mandanti non l’hanno presa bene. E hanno inviato un altro “avviso”.

Poi, dopo il secondo attentato e le prove filmate del primo attentato delle quali si seppe quasi in contemporanea, ammise l’azione dolosa di uno o più persone. Ma Dino De Marco, allora e da allora, non ha mai detto nulla per spiegare cosa davvero successe, non in quanto alla dinamica degli attentati ma quanto alle motivazioni e ai possibili autori. Ha sperato che il tempo facesse dimenticare tutto. Ma certe cose sono troppo gravi e ancor più gravi perché non sono mai state chiarite. Non possono e non devono essere dimenticate.

Il dr. Dino De Marco deve ancora dire a tutti perché ci sono stati quegli incendi dolosi. E deve dire perché al giornalista del TGR Abruzzo che, dopo alcune ore dal secondo, vile gesto, gli chiedeva: “Ha avuto paura?” ha risposto sibillinamente: “Io ho paura”. Era un messaggio per qualcuno? Era un segnale che il vero messaggio diretto a lui era stato recepito? O cosa? Ci vuol far credere che era semplice cacarella?

Lorenzo Antonelli, pubblicamente, in sede di Consiglio Comunale pochi mesi fa, ha dichiarato che, dopo le notti degli incendi dolosi, il “macchinista” (Dino De Marco, ndr.) cambiò improvvisamente rotta. Lui, Dino De Marco, dice di no, ma insiste a non chiarire.

C’entra forse il centro commerciale che non è stato fatto fare a chi aveva impegnato fidejussioni e caparre per molte migliaia di euro? C’entra la promessa non mantenuta al gruppo senza capitale sociale (beh, 3.000 euro) che non si sa ancora a chi doveva fare da prestanome per certe operazioni commerciali? C’entrano precise scelte urbanistiche sempre garantite e mai fatte? C’entrano provvedimenti adottati senza tener conto di particolari situazioni personali? O che cosa? Alla doppia autocombustione non ci crede nessuno, o no?

Ecco la domanda. La sua fuga dalla lista dipende dal fatto che “ha” ancora paura per l’attentato subito? Insomma, non è che non vuole, è che non può candidarsi? Attendiamo un silenzio-assenso?

No, il dr. Dino De Marco non si può squagliare senza dare queste risposte. Non ci interessa l’esito penale delle indagini che sono di competenza degli Organi dello Stato nei quali abbiamo piena fiducia. Ci interessa questo. E questo deve dire. Perché lui non è un cittadino qualunque che può decidere se entrare o no in lista per motivi personali. Lui è il sindaco al quale hanno provato a bruciare più della macchina per motivi che non sono mai stati declassati nella categoria di quelli personali.

Comunque, qualunque sia il suo vero pensiero - se a se stesso dice la verità - dalla lista s’è squagliato. Questo è un fatto. Speriamo che ora non si vada lamentando che l’hanno fatto fuori!? Perché di questo sarebbe anche capace.

Dunque ha mandato avanti i suoi senza entrare in squadra.

La cosa interessante, però, è che pare che in squadra ci fosse e che ci sia restato quasi fino all’ultimo. E solo allora, abilmente, s’è squagliato.

Dirà che non è vero? E che deve dire?

La verità vive in una terra che spesso si trova agli antipodi di certe rotte politico-amministrative.

Del resto alcuni, non proprio estranei a quella parte, hanno spiegato così il suo defilarsi sul traguardo della presentazione della lista: se i suoi perdono potrà dire che senza di lui non si vince, se i suoi vincono dirà che è merito di quel che ha fatto come sindaco. S’è messo comodo il signorino! Intanto non rischia di contare le preferenze sul suo nome.

Ha forse la promessa che sarà assessore esterno? Bell’inganno!

Aspira ad altro incarico? Lo annunci, lo dica. Faremo il tifo per lui se occorre.

Ma non si lamenti.

Di che si lamenta?

Ha avuto tutto dalla politica, soprattutto quando non lo meritava essendogli stata regalata la candidatura a sindaco nella più facile tornata elettorale della nostra storia comunale, quella del 2004. E non ha mai avuto atteggiamenti di sincera gratitudine per il regalo ricevuto.

Allora, di che si lamenta?!

E chi, come dice l’Amico Rocco Palldinetti, detto “Taccone”, ha “sempre carijate l’acqua nghe la cesta sfunnate” senza avere mai nulla, che dovrebbe fare?

Di che si lamenta?

In questi cinque anni la sua attività di sindaco ci è costata 2.500,00 euro al mese, cioè 30.000,00 euro l’anno, cioè 150.000,00 euro in cinque anni.

Di che si lamenta?

Dirà che ha dovuto pagare da solo 400,00 euro al mese per l’affitto di Palazzetto Martinelli, che ha dovuto comprare regali di Natale per assessore e consiglieri pagando anche la cena degli auguri, che ha viaggiato all’estero senza chiedere rimborsi. Frottole. Nessuno lo ha obbligato. Poteva rinunciare all’indennità e chiedere rimborsi. Chi glieli avrebbe riconosciuti 150.000,00 euro di rimborsi per viaggi e per affitti politici? Poteva provarci con la Corte dei Conti ma sarebbe arrivata prima la Procura.

Non basta.

Ora, squagliandosi, al termine del mandato prenderà anche la buonuscita, che chi lavora forse neanche prenderà più. Lui si metterà in tasca 2.500,00 euro per ogni anno di mandato, cioè circa 13.000 euro (26.000, se contiamo anche il primo quinquennio). È quanto guadagna un onesto lavoratore in un anno di vero lavoro. Mentre lui il sindaco lo ha fatto male ma è stato ben pagato.

E si lamenta!

La sua è una beffarda presa in giro ai pensionati, ai disoccupati, ai licenziati ai quali ora andrà anche a chiedere il voto per la sua assistente di studio.

Il dr. Dino De Marco accetti ora una sfida. Se “Progetto Miglianico” perderà le elezioni restituisca i suoi compensi alle casse comunali. Trattenga pure i rimborsi che può dimostrare ma restituisca il resto. Se perdono vorrà dire che loro non hanno lavorato bene e, quindi, non devono essere compensati, almeno lui, che è il capo e il responsabile del “Progetto” non deve essere pagato. Pensate che accetterà? Dirà che avrebbe accettato se si fosse ricandidato lui. Ma ora che non è candidato non può tutelare i suoi 263.000,00 euro di soldi avuti da noi contribuenti.

Lui ha una fabbrica di scuse sempre pronte e di lamenti lucidati a lacrime finte.

Ma lasciamo l’arida materialità del vile denaro. Tanto quello pubblico non lo restituisce mai nessuno.

Torniamo a una lettura della vicenda illuminata da criteri umani e politici: la coerenza per esempio.

Non candidandosi Dino De Marco, probabilmente, ha scelto la coerenza più profonda, il gran bene che si vuole.

Lui non s’è mai speso veramente per gli altri, anche quando doveva, se non altro per il ruolo che rivestiva. Ne sa qualcosa Mario Amicone che è arrivato a soli ottocento voti nel 2008, quando Dino De Marco era sindaco da quattro anni perché era stato imposto proprio da Amicone. Dino De Marco è uno di quelli che chiede voti solo per sé, non ci riesce proprio a chiederli per nessun altro. Non è un difetto, è che ognuno sa fare certe cose e non tutti sano farle allo stesso modo. Quando lui non è candidato resta formalmente in gruppo, si fa vedere, ma fa tirare gli altri.

Stavolta deve anche barcamenarsi. È uomo di centro-destra (oh, non è che ha cambiato schieramento nottetempo?!) e, restando tale, deve, o dovrebbe, appoggiare la lista “Progetto Miglianico”, che invece è a marchio PD. È titolare dello studio dove lavora la dr.ssa Catia Giovina Mattioli Stella, che è candidato sindaco in quota PD di “Progetto Miglianico”. Ma ha anche il vecchio Amico Nicola Mincone candidato alle regionali con il centro-destra. E si vota lo stesso giorno! Non essendo candidato forse il dr. Dino De Marc può zigzagare con più agio. Proverà ad avere due meriti con mezzo impegno.

Ricordiamo che lui, il dr. Dino De Marco, votò (lo doveva…) Nicola Mincone candidato Pdl alle provinciale del 2009 e fece anche la foto al suo voto. Ma allora poteva ancora far credere che “Progetto Miglianico” era una lista civica, verniciata di scadente ecumenismo. Ora la cosa s’è complicata e dovrà mettere ancor più disinvoltura in questo equilibrismo politico locale.

Spero, anzi gli chiedo pubblicamente di mettere molto più impegno nel votare Nicola Mincone, che è l’unico candidato di Miglianico alle Regonali, che nell’appoggiare “Progetto Miglianico” che lui stesso ha abbandonato al suo destino.

Ma questo ora non conta.

L’importante non è neanche che finisca al più presto la sua sindacatura, la peggiore del dopoguerra. Che gli abbiamo pagato più di 300.000,00 euro.

Conta un valore che è più grande della coerenza: la verità.

È importante che dica oggi quel che deve dire. A ogni riunione che “Progetto Miglianico” farà, se prenderà la parola, occorrerà che ci sia chi gli faccia questa domanda: “Perché hanno incendiato la macchina del Comune sotto il Municipio e la tua macchina dentro il cortile di casa tua?”

Risponda… se può. E senza lamentarsi.

(4 – continua)

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