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Appunti per una piccola storia locale. Diciottesima puntata. Gli ultimi sobbalzi. Poi il “si” definitivo.

Categoria: Il dimenticatoio
Pubblicato Venerdì, 11 Ottobre 2013 08:31
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La maestra Emilia Baldassarre aveva già deciso. Aveva accolto la proposta e lo aveva comunicato subito a Mario Amicone.

Due giorni dopo Mario Amicone organizzò una pizza da “Roya” per il primo incontro della maestra Emilia Baldassarre, prossima candidata sindaco, al nostro Comitato elettorale. Seppi dopo, a cose fatte, che più d’uno aveva nel frattempo espresso perplessità sulla scelta operata da tutti in sede di Comitato nella nostra ultima riunione. Ma Mario Amicone, evidentemente, tenne duro. Anche perché forse non aveva altre soluzioni a portata di mano. O non voleva ritrovarsi nella tela di ragno di quel detto-e-non-detto che annientava le proposte, non ne faceva emergere di nuove ma faceva trascorrere giorni e settimane inutilmente.

 

Quella sera l’incontro non fu scoppiettante e noi non ne uscimmo con l’entusiasmo necessario, benché fossimo convinti che la forza oggettiva della lista, cioè della sua ossatura principale composta dai consiglieri e assessori uscenti, dava da sé stessa buone garanzie di successo. Avvertii direttamente, dopo qualche giorno, le perplessità che alcuni avevano ma che non mi vennero certo espresse esplicitamente. I segnali di non approvazione o di scetticismo erano più in quel non accogliere con entusiasmo la novità che s’andava annunciando piuttosto che in dichiarazioni di contrarietà. Nessuno mi disse allora che tra i motivi di non entusiasmo c’era addirittura una versione della conclusione delle vicenda candidatura a sindaco strampalata e male inventata. Secondo quella ipotesi la scelta della maestra Emilia era un artificio, un paravento politico destinato a garantire non un gruppo ma il potere di uno solo. Chi? Il potente Mario Amicone? Nicola Mincone? Tutti e due loro insieme? Loro più altri della fantomatica cupola locale? No, Il segretario storico, Maurizio Adezio, solo lui. Incredibile? Ma era così. 

Seppi molti mesi dopo, cioè solo nell’estate del 2011, che anche Amici di viva intelligenza e di grande esperienza, come il dr. prof. Lucio Zannolli, che tanto mi manca, pensarono che la maestra Emilia Baldassarre fosse stata scelta per impersonare il ruolo del burattino e che fosse stata imposta proprio da me che ne sarei stato l’occulto e furbo “burattinaio”. Lucio Zannolli, che poteva permettersi di rimproverarmi a suo piacere, seraficamente mi spiegò che questa colpa era tutta mia e che, anche per questo, lui (avverso, avverso, avverso al dr. Dino De Marco fino all’alba del 2009) aveva deciso di non votare per noi ma proprio per il dr. Dino De Marco e per il suo progetto multicolor, di cui si diceva però già deluso. I motivi del suo voto erano altri, probabilmente, ma questo mi disse allora. Per farlo scelse una dei frizzanti pomeriggi estivi davanti al bar “Wishing Well”, alla presenza anche del dr. Luigi D’Adamio (avverso, avverso, avverso al dr. Dino De Marco, fino al giugno del 2009, ma che poi lo aveva votato) e di altri divertiti Concittadini. Senza accettare di sedere in quel consesso, mi rivolsi ai due Amici professionisti solamente con quell’esplicito invito che indica una certa direzione metaforica a chi merita di andarvi. Lucio Zannolli e Giggino D’Adamio contavano quasi oltre 160 anni in due. Ma fui motivatamente brusco e diretto con chi pensava di divertirsi a far polemici e irridenti passi indietro dopo aver determinato la vittoria di un così scombinato e dannoso schieramento amministrativo. Non potevo accettare né dall’uno né tantomeno dall’altro l’accusa di esser stato ispiratore e organizzatore di questa macchinazione che avrebbe visto me (chissà mai perché solo io?!) come burattinaio e la maestra Emilia Baldassarre come inanimato, incosciente e stupido burattino in mani tanto turpi come le mie.

Lo stupore in politica non esiste. Evidentemente non son un buon politico perché son rimasto stupito, per non dire sinceramente amareggiato e allibito dall’apprendere poi, in giorni più vicini, che anche chi sa personalmente che questo non era vero lo mena ora in giro come scusa per il suo rispettabile e già rispettato riposizionamento, che, invece, sarà stato forse determinato da ben altre ragioni.

Qualche giorno dopo, evitando di perder altro tempo con il “grillo salterino”, feci volentieri due lunghe chiacchierate con il dott. prof. Lucio Zannolli. Ci defilammo dalla scena di quel pomeriggio e andammo ad appoggiarci allo stipite della porta d’ingresso del retro-farmacia, quella accanto al Bar “Kadò”. Ascoltai i suoi argomenti e le sue valutazioni su quella che era l’attualità politico-amministrativa locale. Replicai puntualmente e con tranquillità alle sue accuse e alle ricostruzioni alquanto fantasiose e malamente ispirate relative alla primavera del 2009. Il mio dire venne ovviamente accolto da Lucio Zannolli come sempre aveva fatto con me, cioè con un affetto fatto di schiettezza e senza alcuna carineria, che era anche eredità di anni di consuetudine, iniziata, a livello familiare, al tempo dei giochi di mia Madre e dei miei Zii materni con Lucio e Nando Zannolli. Gli raccontai quel che è sostanzialmente scritto qui e che ho scritto anche su sorta di sua amichevole provocazione. Gli spiegai nel dettaglio quel che lui, evidentemente, non sapeva e che nella sua abituale foga di contraddittore non aveva perso tempo a chiedermi nell’occasione precedente. Infatti verificammo in poche battute che non lo sapeva.

Avevo stilato la ipotesi di lista per il 2009 durante la mia speciale vacanza estiva del 2004. Avevo ancora sul telefonino (l’unico mezzo di scrittura e di archiviazione di quella estate) quelle note. Mostrai a al dott. Lucio Zannolli quell’appunto conservato nell’archivio del mio portatile, snocciolandogli i nomi che avevo selezionato allora e che ritenevo ancor ottimi nel 2009. E gli dissi quindi qual era la mia idea di lista rimasta poi sostanzialmente irrealizzata. Il dott. Lucio Zannolli rimase sorpreso. Esclamò un “ci ho pensato anch’io” a più d’una rivelazione. Scoprimmo così che avevamo avuto idee sostanzialmente uguali, sia sulla impostazione della lista sia, soprattutto, su non pochi nomi (alcuni rimasti non candidati).

Parlando e chiarendo quella artefatta bugia su burattina e burattinaio, Lui capì, senza dirlo, come feci io, che non potevamo pensarla in modo diverso dopo tanti anni passati insieme a discutere sulle cose da fare per Miglianico. E riprendemmo a parlare delle cose e delle persone guardando al futuro, la nostra passione comune.

Torniamo con il dire alla narrazione degli eventi della primavera 2009.

Dunque, consapevole e informato delle perplessità  di cui qualche capoverso sopra, prima di una delle riunioni per comporre la lista, ritenni opportuno arrivare a un definitivo chiarimento. Ne avrebbero giovato tutti.

Con la maestra Emilia Baldassarre, candidata unica, e con alcuni altri Amici uscivamo da una manifestazione organizzata dalla CRI nell’auditorium “don Vincenzo Pizzica” per organizzare opere di solidarietà alle vittime del terremoto di L’Aquila. Eravamo tutti attesi alla riunione del Comitato elettorale, che avremmo tenuto, per motivi di riservatezza, negli uffici dell’ENAP Puglia alle Quattro Strade. Dissi con estrema franchezza alla maestra Emilia Baldassare: ”Emilia, c’è chi non ti vuole. Ma non ha il coraggio di parlare avanti. Ora, quando, andiamo giù dove sono già riuniti tutti gli altri, non aspettare che Mario (Amicone) inizi. Prendi la parola e dì subito che sai con certezza che ci son voci di dissenso sulla tua persona. Allora annuncia che te ne vai, cosicché la cosa si possa chiarire in tua assenza una volta per tutte. Alzati e esci fuori. Vediamo se qualcuno parla”.

La maestra Emilia Baldassarre, che si fidava di me come amico, non commentò la notizia di questo dissenso sopito e inespresso. Non fece domande per sapere chi erano i restii o da chi l’avessi saputo. Concordò su questa strategia e sul da farsi. Sembrò la soluzione migliore anche agli altri Amici presenti. Appena iniziata la riunione, la candidata sindaco disse seccamente quel che ritenne di dire con il suo stile efficace, usando un tono pacato e senza dar segno di agitazione né di emozione. Si alzò e fece per andarsene con tranquillità.

Mario la stoppò. Emilia rimase.

E nessuno, ovviamente, colse il momento per obiettare nulla sulla sua candidatura, proprio nessuno. Si parlò degli ultimi giovani da mettere in lista.

La maestra Emilia Baldassarre sbagliò ad ascoltare il mio suggerimento?

Sbagliò ad ascoltare il suggerimento di Mario Amicone e a rimanere lì quella notte?

Facile dirlo dopo. Facilissimo dirlo ora. È inutile dirlo. 

Invece sbagliarono, sicuramente sbagliarono quelli che, quella sera e nelle sere successive, cominciarono a rallentare e a frenare.

Ci fu chi lo fece con la scusa della capolista “non all’altezza”. Ci fu chi lo fece col pretesto di non aver avuto soddisfazione su questo o quel nome da candidare. Ci fu chi lo fece perché aveva altro da pensare in termini di interesse elettorale. Ci fu chi lo fece per avere un paracadute, utile nel caso avesse vinto il dr. Dino De Marco. E ci fu chi, semplicemente, lo fece perché, anche mettendo il massimo dell’impegno, non riesce a dare il massimo per nessun altro che non sia sé stesso.

Ammettendo, per pura ipotesi, che uno solo o anche più d’uno tra i diversi scenari che si son presentati negli episodi precedenti di questa brave narrazione, si fosse avverato, potremmo dire che il risultato del 2009 avrebbe potuto comunque essere diverso? È un esercizio in cui si son cimentati molti “dotti medici e sapienti” come li chiamava Bennato. È un esercizio buono solo per tener in forma doti dialettiche, e basta.

Ma non conta, perché quel conto, la somma progressiva marcata delle schede scrutinate, non si può ripetere. È la democrazia, che chiede passione e che riserva, a chi ha passione, le gioie delle vittorie e le amarezze delle sconfitte. È come un grande amore. A me la democrazia piace.  

Raccontata la vicenda della candidatura, potrebbe essere utile anche ripercorrere le cause che portarono a quello sfortunato e/o meritato risultato elettorale, cioè raccontare e analizzare lo svolgersi della campagna elettorale del 2009.

La vicenda meriterebbe – e chissà, forse l’avrà - una paginetta o due per narrare non tutta la sua storia, ma solo qualche aspetto e alcune vicende particolari di quella campagna elettorale, piena di equivoci, malintesi, diffidenze, recriminazioni, personalismi e indecisioni che si andarono sviluppando sotto lo sguardo delle sfingi e del loro enigmatico sorriso. (fine)