Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Appunti per una piccola storia locale. Dodicesima puntata. Il transito al Pdl e UDC in congelatore. Mincone sfiora l’elezione alla Regione. All’alba del 2009: dalla “fave e pecorino” alla trinità

In tutta questa tragicommedia, come se ce ne fosse bisogno, ci si mise anche la vicenda partitica. Alla fine di ottobre del 2008, sempre da Federico in via Roma, ci furono due sere drammatiche.

Mario Amicone ci comunicò ufficialmente quel che si sapeva già dall’estate, cioè che era passato al Pdl e che aveva ottenuto la candidatura alla Regione per Nicola Mincone. Amicone aveva fatto fare una scelta allo stesso Nicola Mincone tra quella candidatura subito o quella a sindaco nelle comunali del 2009. Mincone scelse la Regione.

 

Mario Amicone, mentre andavamo a Atri, per render omaggio alla salma di Peppino Mancinelli (Mapone), mi mise a parte della cosa. Gli dissi che per il Pdl non potevo dir nulla perché non era il mio partito. Ma per Miglianico Nicola Mincone poteva scordarsi il ritorno sulla poltrona di sindaco perché ormai toccava a qualcuno nuovo e giovane. Il sindaco, dr. Dino De Marco, dal canto suo, sposò subito la causa della nuova collocazione politica del gruppo. L’UDC non gli era mai stato simpatico e Mario Amicone aveva forse alimentato un tantinello questa antipatia non facendo mai entrare il dr. Dino De Marco nell’organigramma che contava in quel partito né facendolo parlare agli eventi anche locali dell’UDC, benché più d’una volta l’avessi consigliato di dar spazio alla sua naturale ambizione politica, collocandolo in qualche comitato provinciale o regionale o anche nazionale, così da tenerlo sempre motivato politicamente e legato alla squadra.

Nicola Mincone, ovviamente, era pronto alla elezione in Regione, sicuro (e chi non lo sarebbe stato al posto suo?!) che i 7.000 voti di Amicone del 2005 avrebbero lastricato il viale del suo immediato viaggio trionfale verso Palazzo dell’Emiciclo. Alcuni di noi, pur soddisfatti della promozione finalmente arrivata per Mincone, erano tra lo sconcertato e il freddo. Non tutti fan presto a dire addio a una cosa solo perché Nicola Mincone ha l’occasione di diventare consigliere regionale o perché Mario Amicone ha rotto definitivamente con Rodolfo De Laurentiis e con Pier Ferdinando Casini o per una improvvisa folgorazione sulla via di Arcore.

Amicone “ordinò” di comunicare a Roma che l’UDC l’avevamo chiuso. Risposi che non l’avrei fatto, che potevo fermarmi, potevo e avrei fermato l’attività propagandistica della sezione, per non creare confusione con la campagna elettorale imminente (si doveva votare a novembre poi slittò a dicembre) che vedeva Nicola Mincone, uno del gruppo, protagonista con grande probabilità di riuscita. Pensavo che andavano fatti passi meno frettolosi, perché bisognava aspettare quelli che, come sempre in certe occasioni, son più lenti a traslocare o comunque a esser immessi in un nuovo teatro operativo e con una nuova divisa. E che c’erano sicuramente tra di noi quelli che avrebbero fatto una certa difficoltà a cambiare opinione così nettamente da considerare di colpo amici quelli che fino alla sera erano nemici, e viceversa. A ogni strappo si perde sempre qualcuno. Del resto, un’esperienza l’avevamo già fatta dopo la chiusura della DC. Non tutti erano andati al CCD, anche se il gruppo, a livello locale, non s’era mai diviso nei momenti importanti, come dimostrava la votazione con voto disgiunto per Falconio e Amicone alle regionali del 1995, decisiva per la prima elezione di Mario Amicone alla Regione.

Fui inascoltato. Il protagonismo di facciata del dr. Dino De Marco in quella campagna elettorale apparve a molti non solo dimostrazione di leale sostegno e di “riconoscenza” verso Nicola Mincone ma anche un segnale quantomeno in contraddizione con il suo struggente annuncio di ritiro a vita privata e a esperienze tutte dedicate a lontani lidi vacanzieri.

Le elezioni regionali del dicembre 2008 non andarono benissimo per Nicola Mincone. Non fu eletto ma si piazzò, con 3910 voti, secondo dei non eletti dietro a Pasquale Di Nardo. A Miglianico ottenne 1091 voti. Pochi? Molti? Comunque non decisivi all’atto della proclamazione degli eletti in Consiglio Regonale. Torneranno utili nel luglio del 2013, consentendo a Nicola Mincone di diventare consigliere regionale, riportando così un Miglianichese a Palazzo dell’Emiciclo.

Il bicchiere, in quel dicembre 2008, fu giudicato mezzo vuoto. Lo stato d’animo di tutti non era proprio alle stelle. Ma bisognava muoversi perché eravamo già in vista della prossima sfida.

Iniziò, infatti, subito dopo il percorso per le imminenti elezioni comunali, quelle del 2009, e anche per le concomitanti elezioni provinciali. Lo uno scenario era pieno di difficoltà. Miglianico, diversamente dalla stagione dell’UDC, non contava molto all’interno del Pdl, benché Mario Amicone avesse stretto ottimi rapporti con alcuni maggiorenti a livello regionale e nazionale del partito berlusconiano. Non c’era più una sezione di partito che potesse esser, se non catalizzatore di partecipazione e di consenso, quanto meno elemento di base organizzativa.

A differenza delle altre volte non occorreva fare la lista, poiché il validissimo gruppo consiliare uscente era già pronto a continuare l’esperienza amministrativa per un secondo mandato. Ma bisognava scegliere il candidato sindaco. Cosa che di solito vien fatta prima di comporre la squadra, o comunque, contestualmente. Facemmo molte riflessioni nei giorni in cui si decidevano le sorti della Giunta regionale, espressione della maggioranza appena insediata, e si verificavano, giorno dopo giorno, le progressive e ben studiate chiusure a ogni ricompensa politica e a ogni ruolo visibile per Amicone, che pure aveva mantenuto l’impegno di far traslocare migliaia di voti dall’UDC al Pdl. Ricordo di aver segnalato a Mario Amicone il pericolo che andava assolutamente evitato: “Siamo un gruppo che ha sempre vinto. Ma veniamo da due sconfitte, la tua al Senato come capolista dell’UDC, che sapevamo probabilissima perché era una battaglia di principio ma sempre sconfitta era stata, e quella di Nicola alle Regionali, inattesa perché era stata presentata invece come un’elezione molto probabile. Non possiamo perdere per la terza volta consecutiva. Ai nostri non piace perdere”.

Su questo fummo tutti d’accordo, ovviamente.

La strategia era chiara: portare tutto il gruppo consiliare a ricandidarsi così da valorizzare a pieno le potenzialità di Amiche e Amici di indubbio valore, ma anche per evitare che un eventuale avversario (io e altri pensavamo sarebbe stato sicuramente lo stesso dr. Dino De Marco) non avrebbe potuto dividere un gruppo così compatto. Era una garanzia.  

Mario Amicone, come “senior” del gruppo, ci convocò all’agriturismo “Il Torchio” di Giugliano Nanni appena dopo le festività natalizie. Illustrò il problema che avevamo di fronte e chiese al sindaco ancora in carica, il dr. Dino De Marco, di confermare quel che aveva promesso nella “cena delle fave e del pecorino”. Il dr. Dino De Marco confermò e non confermò. Il che non sorprese nessuno. Già si sapeva di certi suoi movimenti. Confermò che si sarebbe ritirato ma aggiunse una condizione nuova di zecca “neanche gli altri devono ricandidarsi e comunque nessuno della squadra deve fare il sindaco”. Da quel giorno e per tutti quelli che seguirono, il dr. Dino De Marco non fece mai il nome di un candidato sindaco di suo gradimento.

La deduzione del più ottuso non poteva che esser quella del più furbo: così facendo puntava su un solo candidato, sé stesso. I soliti, quelli che non ritennero necessaria l’assemblea pubblica per ufficializzare la rinuncia di del dr. Dino De Marco dopo la cena “fave e pecorino” non vollero capire che si trattava di una dichiarazione di guerra, comunque di una incomunicabilità non foriera di compattezza a prova di bomba. La discussione fu non troppo animata. Ma discutere non serviva se non a far tardi quella sera. Occorreva trovare una soluzione. L’unica proposta che restò in campo fu quella che avanzai io: costituire un comitato elettorale autorevolissimo, il più autorevole possibile e snello. Ne avrebbero fatto parte i nostri tre Amici che avevano già fatto il sindaco: Mario Amicone, Nicola Mincone e il già auto-dichiarato prossimo ex-sindaco dr. Dino De Marco. Era la scelta più efficace, oltre che la più semplice. Tutelava il dr. Dino De Marco, che, in tal modo, avrebbe potuto tranquillamente designare con tanta blindatura il suo successore. Garantiva che non ci sarebbero state sorprese estemporanee ma si sarebbe trattata di una indicazione in linea con la storia del gruppo. E comunque nessuno di noi l’avrebbe contestata. Questa proposta venne accettata. (12 – continua)

Joomla templates by a4joomla