Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Appunti per una piccola storia locale. Sesta puntata. Mario Amicone dalla sconfitta all’inatteso rilancio. Mincone finalmente sindaco,“Tanto è per un anno...”

Categoria: Il dimenticatoio
Pubblicato Sabato, 28 Settembre 2013 12:20
Visite: 3356

Mario Amicone alle elezioni politiche del 1992 non fu eletto alla Camera dei Deputati. Ma vanno anche segnalate due cose. Una è che la DC a Miglianico ottenne un successo epocale con 2194 voti pari al 71,05%. Amicone prese 1815 preferenze un risultato senza precedenti e mai più ripetuto da alcun candidato fino ai giorni nostri. Forse avrebbe potuto avere anche più voti, se la domenica delle elezioni, a metà pomeriggio, non ci fosse stata nel centro dell’affollatissima piazza, una discussione alquanto irrituale tra lui e Giovanni Peroni, allora strettissimo collaboratore dell’on. Romeo Ricciuti, con coinvolgimento dei rispettivi supporter locali. Se questo evento inatteso tolse qualche voto alla DC e a Amicone nessuno può dirlo.

Il risultato locale, dunque, fu eccellente e richiedeva, a mio avviso, un forte segno di gratitudine verso i Miglianichesi, che fosse anche di rassicurazione politica di fronte ai tanti che s’aspettavano una clamorosa elezione a deputato del loro sindaco, di Mario Amicone. Consigliai di farlo con un manifesto o ancor meglio con una festicciola. Insistetti. Prevalse l’amarezza. Nessun grazie fu detto a chi aveva segnato un così consistente risultato locale. Dopo sette anni lo registrai come il primo errore storico dell’era Amicone.

 

L’altra cosa che va segnalata è che il risultato complessivo di Amicone fu di 6736 voti di preferenza, coi quali superò l’on. Ugo Crescenzi che era deputato uscente e che aveva a disposizione i voti di Pescara. Con quella cifra elettorale Mario Amicone si piazzò, sorprendentemente per chi lo considerava una nullità, secondo dei non eletti. Quella cifra, inoltre, andava misurata considerando che quelle elezioni furono le prime con la preferenza unica introdotta dal referendum proposto da Mariotto Segni nel 1991. Per la prima volta sulla scheda elettorale la preferenza per il candidato andava scritta, almeno il cognome, mentre prima si potevano dare anche tre preferenze scrivendo semplicemente solo il numero di posizione in lista del candidato; le famose terne 1/3/5, o 1/2/4. Usammo normografi appositamente prodotti per far scrivere Amicone sulle schede. Fu un lavoro incredibile, che fecero  anche tutti gli altri quella volta. Comunque, questo dato elettorale, così ponderato, sembrò non  interessare quasi nessuno di noi in quelle notti rabbuiate dalla prima sconfitta dopo le vittorie iniziate nel maggio 1985.

Con questo buio nell’animo Mario mi chiese di andare con lui a Roma a “fare i  conti” con Gaspari.

Il colloquio, in avvio, fu inevitabilmente vivace. Il ministro Gaspari, dopo un poco, cioè dopo aver ascoltato lo sfogo iniziale di Mario Amicone, lo interrupe con decisione e passò senza preamboli al classico “bastone e carota”. Lo rimproverò duramente dicendogli chiaro-chiaro “Amico mio mi deludi! Non ti conoscevo così. Non sei un buon politico - guardò me come per dire, spiegaglielo, diglielo anche tu (che dovevo fare? tacqui!) - Non sai fare nemmeno i conti. Mi deludi veramente. Hai avuto la candidatura e sai che tanti hanno protestato con me perché si son sentiti sorpassati da te che sei nuovo rispetto a loro. Hai avuto un successo grande e che nessuno si aspettava. Hai superato un deputato uscente. Cosa vuoi da me?” E, subito, la carota. Gaspari, infatti, aggiunse: ”Aspetta. Devi attendere i frutti di questo tuo exploit”. Poi divagò raccontando qualcosa delle sue prime campagne elettorali. Finì lì. Mario non mostrò d’esser convinto, forse si fidò più delle parole di conforto che nel successivo incontro gli furono dette dall’amico Franco Tilli.

Poco tempo dopo, Mario Amicone tornò ancora protagonista, ancora vincitore, quando nessuno se l’aspettava e qualche furbo d’occasione l’aveva già mollato, spostandosi altrove, cominciando a criticarlo o irriderlo.

Il presidente della Provincia, prof. Arduino Roccioletti, nell’autunno del 1993, si spense lontano dalla sua Chieti, dopo un improvviso aggravarsi della sua salute. Roccioletti aveva subito un fortissimo colpo non solo alla sua carriera politica, essendosi appositamente dimesso da sindaco di Chieti, ma alla sua stessa fibra fisica a causa della delusione (è un eufemismo) procuratagli da Gaspari che, alla vigilia delle elezioni politiche del 1976, in una notte, l’ultima notte utile, cancellò il suo nome ormai certo e accettò di far candidare al Senato, nel collegio sicurissimo di Chieti-Ortona, il prof. Adriano Bompiani, noto ginecologo, docente alla Università Cattolica, che poi fu effettivamente eletto senatore. Bompiani fu poi ricandidato e rieletto anche nelle successive politiche del 1979. Roccioletti rientrò poi in politica come consigliere e assessore provinciale.

Morto Roccioletti, il Consiglio Provinciale doveva eleggere il suo nuovo presidente che avrebbe guidato giunta e consiglio. Allora c’era la vecchia legge che non prevedeva l’elezione diretta del sindaco del comune o del presidente della provincia. Erano i rispettivi consigli a eleggerli con votazioni a scrutinio segreto.

Avrebbe deciso Gaspari, ovviamente. La DC aveva la maggioranza di 15 su 30 consiglieri. Gaspari però controllava e, in un qualche modo, decideva almeno anche per  PRI e PSDI, i cui consiglieri riconoscevano a “zio Remo” l’autorità di certe decisioni.  Il Psi, l’altro alleato della coalizione di governo in Provincia, si sarebbe tranquillamente accodato al volere del minisro allora al’apice del suo prestigioso percorso politico-istituzionale. La situazione inizialmente non facile, visti i non pochi pretendenti (il prof. Antonio Calabrese ed Enrico Di Giuseppantonio tra i primi) entrò in stallo perché. il problema era che, se si fosse proceduto a promuovere uno qualunque degli assessori DC in carica, gli altri, tutti gli altri, avrebbero serissimamente rischiato il posto, in conseguenza della inevitabile rotazione che avrebbe investito tutta la giunta provinciale: un inevitabile effetto domino. Allora fu trovata la soluzione, cioè descritta così la motivazione con la quale Gaspari comunicò la sua decisione: promuovere il capogruppo della DC a Presidente della Provincia per trascorrere l’ultimo anno e mezzo di legislatura con la stessa giunta. La soluzione accontentò tutti e “i frutti” annunciati da Gaspari l’anno prima vennero. Il capogruppo era il dott. Mario Amicone, sindaco di Miglianico.

Amicone fu eletto, senza sorprese, presidente dell’Amministrazione Provinciale. Quella sera, era il 4 novembre 1993, festeggiammo allegramente presso il ristorante “Il Casolare” a Montupoli. Insieme a dirigenti e sostenitori della Dc locale, c’erano, tra gli altri,  il vice-presidente della Provincia, Domenico Bernabeo (PSI) e il nuovo capogruppo DC, Manfredi Pulsinelli, che, nelle successive elezioni, venne eletto Presidente della Provincia con il centro-sinistra, in quota PPI. (nella foto che apre questo pezzo il primo è a sinistra e il secondo a destra, accanto al neo presidente Amicone c’è l’indimenticato Amico, avv. Carlo Pier Maria De Cata) .

Finalmente, convinti anche i residui oppositori, Nicola Mincone poté diventare sindaco di Miglianico, la mattina di una delle domeniche successive di quello stesso mese di novembre 1993. Quella stessa mattina, dal balcone di casa Zannolli facemmo un comizio per annunciare le due importanti novità.


Parlando da Segretario di Sezione della Dc potei finalmente ringraziare i Miglianichesi per i tanti voti dati a Mario Amicone un anno prima, dicendo che “ancora una volta non sono stati voti inutili quelli che vi abbiamo chiesto e che ci avete dato”. All'ora di pranzo festeggiammo il nuovo sindaco in allegria presso il Ristorante Azzurra dell’amico Giovanni Solimes, a Torre Foro di Francavilla al Mare. Ricordo che fui invitato al festoso banchetto quando la comitiva era già in movimento. Ma forse ricordo male.

Erano trascorsi poco più di tredici anni dal primo tentativo di Nicola Mincone di diventare sindaco di Miglianico, fatto, come raccontato nella prima puntata, nel lontano giugno 1980. Nel frattempo aveva già maturato, dopo i primi cinque, altri cinque anni come consigliere di “opposizione alla Mincone” e aveva aggiunto otto anni e mezzo da vice-sindaco.

Tanto è solo per un anno - disse Amicone ai tenaci contrari e ai non pochi dubbiosi, per tranquillizzarli sulla incoronazione di Nicola Mincone - Poi vedremo”.

Questa è la motivazione in assoluto più perniciosa e la meno veritiera quando si decidono le candidature e gli incarichi politici.

Mincone Nicola, nato il 18 aprile 1948, consigliere comunale di opposizione dal 1975 al 1985, vice sindaco dal 1985 a quel novembre 1993, restò sindaco fino al giugno 2004; dal 2004 al 2009 fu primo presidente del Consiglio Comunale di Miglianico e, in contemporanea, consigliere provinciale prima con l’UDC, poi fino all’agosto 2013 col Pdl. Dal luglio 2013 è consigliere regionale. Quando il 18 aprile del 2014 compirà i suoi splendidi 66 anni, potrà contare di averne trascorso quasi 40 (39 e qualcosa) seduto su una sedia di amministratore pubblico. Quando si dice “tanto è per un anno, poi vedremo”.

Remo Gaspari, che è vissuto 90 anni, è stato seduto su una sedia da amministratore, in modo ben diverso, per poco più di 40 anni, meno di metà della sua vita terrena, tanto per fare un paragone di durata con chi fu secondo per incarichi ministeriali solo a Giulio Andreotti.

Mario Amicone, per restar in casa, che è di tre anni più anziano di Nicola Mincone, è stato sindaco, consigliere provinciale e poi consigliere regionale e assessore, dal 1985 al 2008: in tutto 23 anni. (6 – continua)