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Appunti per una piccola storia locale. Quinta puntata. Mario Amicone cresce ma incontra il primo stop verso Roma

Mario Amicone, fresco vincitore al Comune e sorprendentemente eletto anche alla Provincia, divenne in poche settimane un personaggio noto a livello non solo locale, tanto che fu co-protagonista di una intervista di un’emittente televisiva locale in casa dell’avv. Paolo Ciammaichella, che era già un big regionale del partito.

Ma, per la terza volta, non riuscì nel suo intento, il suo “esame di riparazione”.

Si trattava di chiedere per Miglianico il posto di componente del Comitato di Gestione della ULSS di Chieti-Ortona. Era un’impresa non facile. Ma la DC di Miglianico aveva il vento in poppa e c’era consapevolezza di poter chiedere spazi e posizioni che, fino a pochi mesi prima, erano toccati a amici di altri centri anche più piccoli del nostro. Mario Amicone, per la terza volta, non poté sistemare Nicola Mincone. Toccò ancora a lui rappresentare Miglianico.

 

A quel punto, in pochi mesi, il dott. Mario Amicone, a 40 anni, si trovò a essere segretario di sezione della DC, sindaco di Miglianico, consigliere provinciale e componente del COGES della ULSS.

Ora, più d’uno, scorrendo questo breve racconto, avrà già pensato che Mario Amicone in realtà diceva di volere Nicola Mincone ma, ogni volta, lavorava solo per sé e faceva, come si suol dire dalle nostre parti “la parta fatijate”. Anche i nemici di Amicone, allora, non arrivarono mai a pensarlo o a dirlo. Oggi gli elementi del  ricordo son questi. Non è un romanzo.

Comunque, nonostante qualche non lieve perplessità che s’accendeva nelle chiacchierate pomeridiane in farmacia, Mario Amicone era riuscito a imporre Nicola Mincone come vice-sindaco. La cosa non poteva accadere solo per sua volontà o per entusiastica obbedienza al fresco vincitore, al nuovo capo. Va ricordato, infatti, che allora il Consiglio comunale votava a scrutinio segreto per eleggere i singoli componenti della giunta e il più votato diventava assessore anziano, nominato ordinariamente vice-sindaco. Non era il sindaco a designare gli assessori. Senza l’accordo di tutti i consiglieri di maggioranza ci sarebbero state brutte sorprese e un non bell’avvio di consiliatura.

Devo segnalare  che, nel marzo del 1987, fui eletto Segretario di Sezione della DC di Miglianico. L’elezione avvenne per acclamazione. Questo fu un errore, fatto in buona fede da Mario Amicone. Fu infatti lui a proporre quella modalità di elezione di stampo un poco sovietico, comunque poco democristiano. Fu un mio errore accettare d’esser eletto senza che si contassero i favorevoli e i contrari con una votazione fatta a scrutinio segreto in piena libertà di coscienza. Ma i due errori erano frutto del clima che s’era instaurato con la raffica d vittorie e di soddisfazioni accumulate negli ultimi 20 mesi.

Ero ben consapevole di non esser il candidato ideale di alcuni: chi? Beh non è difficile immaginarlo. Conscio di questa avversione non espressa, tracciai la linea politica di quella che sarebbe stata la mia gestione della sezione, aperta alla collaborazione e non incentrata sul leaderismo interno, utilizzando una frase letta qualche giorno prima che - la cito a memoria - diceva: ”Non seguirmi, potrei non saper essere tua guida. Non camminare davanti a me, potrei non saperti seguire. Cammina al mio fianco e sii solo mio amico”.

Terminai così. Ricordo le mani indimenticabili del mio Papà che applaudiva sedendo, stranamente, in prima fila, e vidi i suoi occhi un poco ludici dietro gli occhiali appena mossi da quella leggera smorfia che faceva quando era commosso. Avere l’applauso di mio Padre era una gioia che nessun falso amico avrebbe potuto guastarmi.

Il giorno dopo, involontariamente, approssimandomi alla porta dell’ufficio del sindaco, in Municipio, rimasi interdetto dall’entrare perché s’udiva fin troppo chiaramente un parlare non proprio sommesso che ruotava tutto attorno alla riunione sezionale della sera precedente. Ascoltai così le vibranti proteste di chi, importante componente del mio direttivo ignaro di quanto fuori si sentisse, stava rimproverando duramente Mario Amicone: “Ma come t’è venuto in mente di far fare il segretario a quello lì”. In verità non era “quello lì” che disse quella voce, ma ben altro che ho preferito dimenticare. Quell’amico uscì quasi subito e, incrociatomi, mi abbracciò calorosamente, rinnovandomi gli auguri per la fresca elezione a segretario di sezione. Mario mi raccontò anche gli altri particolari di quel colloquio.

Divenni così ufficialmente un piccolo personaggio della vita politica locale. Per mia fortuna rimasi piccolo.  

Ma avevo partecipato e continuai a partecipare con immutata, totale dedizione alla fantastica stagione inaugurata dalla Dc nell’85 e preparata negli anni precedenti, un impegno che per me era cominciato la sera del 3 novembre 1975. Ma di questo narrerò eventualmente in futuro.

Il primo quinquennio dell’era Amicone, dunque, fu pieno di impegno amministrativo e politico, di grande progettualità, di buone realizzazioni e di indiscussi successi amministrativi, tanto cospicui che di quel quinquennio s’è vissuto i rendita per almeno quindici anni ancora. Altri hanno lucrato i frutti di quella stagione.

Di conseguenza, le elezioni amministrative del 1990 furono un grande successo su tutti e tre i fronti, Regione, Provincia e Comune con Mario Amicone ancora sindaco e consigliere provinciale. La DC staccò di oltre settecento voti una scombinata Sinistra Unita, un risultato d’altri tempi. La vittoria così schiacciante fu determinata sicuramente dall’eccellente quinquennio amministrativo della DC. Ma la squadra scudocrociata fu aiutata anche dalle difficoltà della Sinistra che unita non era.

Infatti, fino all’ultimo, come mi confermò di buon mattino la “riservatissima” telefonata di un dirigente socialista, la sinistra locale si sarebbe dovuta presentare con due liste diverse, visto che il PSI locale non voleva accettare certe posizioni del PCI e puntava anche a contarsi sulla scia della pomposa stagione craxiana. Ne fece le spese il prof. Erminio Di Michele, uomo colto e i vasta esperienza amministrativa di livello ministeriale, che fu costretto ad arrivare trafelatissimo da Roma, proprio la mattina della presentazione delle liste, per portare il suo certificato elettorale e apporre la sua firma come candidato capolista di quella che non era più la lista del solo PSI ma la ricomposta lista sella sinistra unita, cioè riappiccicata alla bell’e meglio all’ultimo istante.

Mario Amicone, sempre in crescita nel partito, a quel punto avrebbe potuto tranquillamente aspirare a fare l’assessore provinciale, salendo un bel gradino di quello che allora era l’indispensabile cursus honorum della DC. Ma, come sindaco, sarebbe stato incompatibile e allora non c’erano assessori esterni. Divenne così capogruppo della DC nel Consiglio Provinciale presieduto dall’indimenticato prof. Arduino Roccioletti.

In Italia, a quel tempo, non era frequente andare a elezioni anticipate per le amministrative. Non così per le politiche. La stagione del CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) era al termine e stava per aprirsi quella drammatica di “tangentopoli”, la fine ben costruita fine della Prima Repubblica. Le Camere furono sciolte e si andò a votare anticipatamente nella primavera del 1992. In Abruzzo lo scontro elettorale tra Gaspari e Ricciuti, che aveva ereditato larga parte della squadra di Lorenzo Natali e che, schierato con Arnaldo Forlani, era in fortissima crescita. Remo Gaspari pensò di rinnovare in un qualche modo le liste, in particolare quella della Camera. Il Senato prevedeva collegi uninominali e quello di Chieti-Ortona toccò ancora al senatore uscente, l’amico notaio Germano De Cinque. Tra le novità studiate e, ovviamente, imposte da Remo Gaspari ci fu la sorpresa Mario Amicone, che venne effettivamente designato, con un rilevante consenso, nella votazione del Comitato Provinciale della DC di Chieti. Fu poi confermato, senza intoppi e sorprese, sia dal Comitato Regionale sia dalla Direzione Nazionale. Amicone scoprì d’avere nuovi amici e i primi nemici veri all’interno del Partito.

In quelle settimane di enorme passione ci illudemmo tutti, compresi gli avversari locali pur se con sentimenti opposti, che Mario Amicone avrebbe potuto farcela. Credevamo sinceramente che avremmo avuto un Miglianichese deputato, anche perché alcuni segnali, intermittenti ma non bugiardi, alimentarono non poco questa speranza. Eravamo, però, ignari di quella che ci fu poi presentata come la vera motivazione che aveva sostenuto la scelta di Mario Amicone come candidato alla Camera e dell’aurea di possibile eleggibilità che venne allora sparsa tutt’intorno a noi. In parole semplici Gaspari utilizzò il forte radicamento e il consenso locale di Amicone per non far sfondare Romeo Ricciuti in Val di Foro.

Comunque, lo capimmo giorno dopo giorno, non eravamo attrezzati alla bisogna. Era ovvio che una singola, piccola seppur attiva sezione di partito non potesse competere con macchine poderose e collaudate come quelle del più volte ministro Remo Gaspari, di Romeo Ricciuti (che portò addirittura Pippo Baudo a una sua convention a Montesilvano), della Nenna D’Antonio e degli altri potenti candidati DC.

Noi avevamo la generosità dell’impegno e del tempo, messa in campo spontaneamente da parte di tanti Miglianichesi. Ma anche tra i Concittadini, naturalmente, non c’erano proprio tutti, neanche tra i democristiani. Infatti anche da noi c’erano i seguaci di Ricciuti, agguerritissimi e irriducibili, com’era e come sarebbe ancora logico, se ci fosse, in un grande partito democratico.

Avevamo, ad esempio, la voce mai stanca di Remo Coletta (“Padre Remo”) che macinò migliaia di chilometri con la Fiat 131 SW di “Vanduccio”. Avevamo tanti bei manifesti e un mare di fac-simile che mi richiesero notti intere in tipografia. Avevamo i “santini” con scritto “Mario Amicone - un grande amico al Parlamento”. Avevamo i normografi, collaudati con le matite ministeriali per far scrivere, anche a chi non sapeva farlo, “Amicone” sulla scheda elettorale. Avevamo e mettemmo all’opera un’organizzazione superba, capace di allestire una festa grandiosa, gioiosa e animatissima di persone nei grandi spazi dell’allora Cooperativa Ortofrutticola “Val di Foro”, per radunare la gente di tutto il territorio circostante.

Avevamo entusiasmo e speranza, sconfinati.

Ma i soldi per pagare ben altre manifestazioni, le squadre di attacchini su furgoni nuovi di zecca, i collettori di voti sparsi coi loro tentacoli clientelari, la collaudata organizzazione capillare in associazioni e sodalizi, la possibilità reale di “ottenere” migliaia di voti nei soli venti giorni di campagna elettorale, quelle armi poderose le avevano gli altri.

Certe cose non si fanno in dieci giorni. Succede solo nei film.

Mario Amicone ottenne un risultato che in quel momento ci sconfortò: non fu eletto. (5 – fine)

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