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Il 9 maggio del 1978 a Miglianico

Categoria: Il dimenticatoio
Pubblicato Giovedì, 09 Maggio 2013 09:56
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Quel nove maggio di trentacinque anni fa me lo ricordo ancora.

Molte cose di quel 1978 sono impresse nella mente per la forza dell’emozione che ce le ha scolpite. Ma quel nove maggio fu un giorno speciale, purtroppo. Sembrava dove essere un altro di quei giorni scanditi dalle notizie che si inseguivano dal 16 marzo, quando in via Fani, a Roma, le BR (Brigate Rosse) rapirono l’on. Aldo Moro, che era presidente della DC, dopo aver trucidato con ferocia la sua scorta guidata dal maresciallo Oreste Leonardi, che di Moro era uno dei migliori amici personali.

Anni prima li avevo visti passeggiare, Moro (che era allora ministro degli Esteri) e Leonardi, lungo l’anello dello stadio dei Marmi. Noi eravamo lì in occasione di una gita che facemmo con l’Azione Cattolica. Il passo lento e il parlare con evidente tratto di amicizia confidente di quei due signori molto più alti di quello che s’immaginava vedendo i TG in bianco e nero mi colpì e mi tornò alla mente proprio il 16 marzo del ’78 rivedendo il volto del maresciallo Leonardi.

Ma il nove maggio fu sconvolgente. Stava terminando il TG1 delle 13,30 quando Bruno Vespa diede la notizia della “Renault 4” rossa parcheggiata in va Caetani con dentro “forse” il cadavere di Aldo Moro.

 

La prima cosa che mi venne in mente fu di andare ad aprire la sezione della DC, che si trovava in via Dante Alighieri, dove ora c’è il “Wolf Bar”. Accesi la televisione e mi misi a seguire la ininterrotta diretta del TG1, forse la più drammatica della storia della RAI.

In poco tempo la notizia fu confermata: il cadavere era quello di Aldo Moro.

Fui sorpreso da un improvviso afflusso di persone che, senza esser state avvisate da alcuno, venivano a vedere cosa stava accadendo lì dove c’era la sede del partito che era stato direttamente colpito dalle BR. Passarono anche avversati politici e venivano a farci le condoglianze. Va ricordato che da 55 giorni c’era il governo della “non sfiducia”, punto d’arrivo della solidarietà nazionale costruita proprio dalla strategia politica raffinatissima (e ancora incompresa, forse) di Moro, che vedeva il PCI sostenere il governo monocolore guidato da Giulio Andreotti.

Ma a Miglianico lo scontro politico era duro, durissimo: da meno di tre anni era insediata la prima maggioranza social-comunista al Comune che la DC aveva perso dopo quasi trent’anni di assoluto predominio. Veder entrare nella sezione della DC dei comunisti non era certo un fatto normale. Anzi era assolutamente impensabile, come varcare il muro di Berlino. Del resto già a sera del 16 marzo il vocio dei militanti comunisti era “è stato Fanfani a far rapire Moro, è stato Andreotti a farlo rapire”. Nulla di strano, la politica allora era anche questo.

La DC di Miglianico onorò Moro nel modo più appropriato. Uno o due giorni dopo fece celebrare da don Vincenzo una Santa Messa, alle 21,00. Nessun manifesto, nulla se non un giro di frettolose telefonate diede la notizia di questa iniziativa. Ma la chiesa, benché si trattasse di un giorno feriale, si riempì di gente. E non erano solo famiglie democristiane.

Ci fu anche una seduta straordinaria di Consiglio comunale. Per la prima volta, credo, ci fu un documento unanime, che fu preparato in piena concordia da quelli che erano allora i capi delle diverse e opposte fazioni politiche: per il PCI c’erano il sindaco Renato Ricci e l’assessore Pierino Di Febbo insieme al vice-sindaco Antonio Palombaro (Psdi) e forse qualcun altro dirigente sezionale, per la DC il segretario di sezione Delmo Adezio e il capogruppo Nicola Mincone e qualche dirigente sezionale. Nell’ufficio del segretario comunale, il carissimo e mai dimenticato Sabatino Marinucci, il dolcissimo e bravissimo Tinuccio, venne steso un documento cui ebbi l’onore di poter portare il mio personale contributo in quanto venni chiamato a scriverlo per conto della DC locale.

Miglianico era tappezzata di manifesti a lutto della DC nazionale e noi esponemmo fuori dalla sezione la nostra bandiera listata a lutto. Non ricordo esattamente quel manifesto, ma fu su quello o su un successivo manifesto e l’anno dopo anche sulla tessera della DC, fu stampata una frase di Moro che non ha bisogno di commenti ma solo d’esser meditata e - ancora - attuata: ”Questo Paese non si salverà e la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”.

Quel che accadde in Italia è ormai scritto dalla storia. Mancano alcune pagine che forse non leggerò mai. Noi che in quel 1978 c’eravamo con quel che di protagonismo potemmo proporre anche a Miglianico, come ho scritto sopra, noi che abbiamo sofferto per Moro politico ma anche per l’uomo “buono, mite, saggio, innocente ed amico” (come lo presentò nella sua struggente invocazione a Dio, Papa Paolo VI, in occasione dei funerali di stato “non presente cadavere” a San Giovanni in Laterano), noi che abbiamo trepidato per le sorti stesse dello Stato democratico nel trentennale della Costituzione Repubblicana, noi forse non sapremo mai tutta la verità su come sono andate le cose in quei 55 giorni del 1978. Certo, ognuno s’è fatta un’idea, ognuno scopre ogni giorno collegamenti e riferimenti che, vivendo la quotidianità di quei giorni, sembravano non esserci. Ma la verità storica è altra cosa dalla sensazione di ciascuno di noi. Quella ancora è incompleta.

Resta una certezza: Miglianico, i Miglianichesi hanno dato testimonianza di una civiltà anche politica oltre che personale che va segnalata come una pagina importante della nostra piccola storia locale.

Un bell’esempio, buono, sempre buono, per tutti.